Eugenia Segre Naldini, paleontologa e studiosa instancabile
Eugenia Segre Naldini, persona di profonda cultura, ci ha lasciato lo scorso gennaio. Paleontologa di prim’ordine, come ci racconta il prof. Giorgio Manzi. La rubrica di Pikaia “l’evoluzione non ha genere” vi accompagna alla scoperta di una studiosa che è stata essenza dell’Istituto Italiano di Paleontologia umana.
Per un breve periodo ricoprì il ruolo di assistente universitaria, per poi insegnare Geografia e Scienze nelle scuole superiori di Roma per quarant’anni. Negli ultimi anni si era ritirata a vita privata, trasferendosi nella casa di Pisa assieme al marito Aldo Giacomo Segre (geologo e studioso di Paleontologia Umana e Preistoria), scomparso all’età di 100 anni nel 2018. Fu una collaboratrice presente e preziosa del marito Aldo, il quale pubblicò molto anche grazie a lei: le loro approfondite conoscenze dei rispettivi campi di studio erano ampie e complementari, consentendo loro di muoversi in un ambito cronologico molto esteso e lavorare con materiali di età diverse.
L’Istituto italiano di paleontologia umana
Nel 1971, a seguito della morte del paleontologo Luigi Cardini (1898-1971), Eugenia Segre Naldini divenne Segretaria Generale dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana (Is.I.P.U.) e, a seguire, ricoprì il ruolo di Amministratrice fino al 2002. La dottoressa Segre Naldini aveva a cuore l’Istituto e si occupò in prima persona, quotidianamente, e per diversi decenni delle attività istituzionali, come parte del consiglio direttivo. Organizzò e partecipò a campagne di scavo, gestendo gli aspetti scientifici della ricerca paleontologica e archeologica, scrivendo articoli, curando la rivista Quaternaria Nova, di cui fu direttrice, fino agli anni 2000. Anche dopo il ritiro a vita privata, Eugenia e Aldo continuarono ad interessarsi con partecipazione alle vicende istituzionali dell’Is.I.P.U.: essi rappresentavano l’essenza stessa dell’Istituto.Dove trovare insediamenti umani preistorici?
La campagna di scavo è un’attività di ricerca dedicata al ritrovamento di fossili presenti nei diversi strati geologici per avere indicazioni sia sulla loro distribuzione sia sui dati relativi alla roccia che li contiene. Tra gli anni Settanta e Ottanta del XX secolo, dov’era possibile trovare resti di un antico insediamento preistorico? Nell’area di Selva dei Muli, nella Valle del Sacco, nel cuore del Lazio meridionale, in una zona di origine vulcanica. Qui, furono recuperati frammenti ceramici, manufatti di industria litica e resti di fauna. Il primo lavoro di Eugenia Segre Naldini e Italo Biddittu (archeologo preistorico, 1935) che citiamo riguardò Selva dei Muli: nell’articolo del 1981 (Quaderni del centro di studio per l’archeologia etrusco-italica, 5, 1981, «Archeologia Laziale IV – Quarto incontro di studio del Comitato per l’archeologia laziale »), i due studiosi, prudentemente, non si lanciarono in conclusioni affrettate: per esempio, evidenziarono, oltre alla presenza di tracce archeologiche, anche la presenza di aree umide; fornirono prove della presenza di nuclei umani che erano in attività nelle vicinanze; avanzarono l’ipotesi di una forte componente boschiva passata nei dintorni.Dopo l’articolo di Biddittu e Segre Naldini, nell’area di Selva dei Muli sono stati effettuati importanti ritrovamenti riferibili all’Eneolitico, cioè l’Età del primo Bronzo e della Pietra, da parte di due diversi gruppi di ricerca in differenti momenti. Il sito di Selva dei Muli è stato oggetto di approfondite ricerche e successive pubblicazioni. Infatti, due estesi lavori (Biddittu et al. 2013; Cerqua 2011) hanno affrontato l’analisi dei rinvenimenti relativi al sito, avvenuti in seguito a ricerche sul campo effettuate in due differenti punti, a circa 25 anni di distanza.
Una collaborazione proficua
Le sorprese del Lazio continuarono nel comune di Poggio Nativo (provincia di Rieti, Lazio), dove si trova il Costone di Battifratta, che si estende lungo un affluente del fiume Farfa. Le valli presenti sono costituite da travertini (rocce sedimentarie formatasi per precipitazione del carbonato di calcio) del Pleistocene (epoca geologica che rappresenta la prima parte dell’era quaternaria) e, lungo il costone, si aprono una serie di cavità e piccole grotte, tra le quali la Grotta di Battifratta. Le prime ricerche furono condotte dal Circolo Speleologico Romano.Nel 1984 venne eseguito un piccolo scavo all’interno della grotta dall’Is.I.P.U. sotto la direzione di Eugenia Segre Naldini e Italo Biddittu. Gli scavi, compreso quello del 1987, hanno restituito numerosi reperti riferibili a due momenti dell’età del Bronzo, una fase più antica e una media. Scodelle, un boccale e una ciotola con ansa, un dolio (un vaso di grandi dimensioni di terracotta), parti scheletriche umane di uno stesso individuo maschile adulto di costituzione robusta. Tutto ciò metteva in evidenza la frequentazione antropica, forse stagionale, in epoca antica, probabilmente per motivi di caccia (“Ceramica dell’età del Bronzo dal Costone di Battifratta”, Eugenia Segre Naldini e Italo Biddittu, Archeologia laziale VII – Settimo incontro di studio del comitato per l’archeologia laziale, CNR 1985).
L’uomo di Ceprano
“Voi un giorno troverete i resti fossili di un uomo davvero antico, molto più antico di questa mandibola neandertaliana” (Dalla prefazione al libro di J.L. Arsuaga: “I primi pensatori e il mondo perduto di Neandertal”, pag. 264-265, Feltrinelli 2001).
Così Sergio Sergi, uno tra i più conosciuti paleoantropologi della prima metà del XX secolo, a Roma alla fine del 1970, nella sede dell’Is.I.P.U., ’profetizzò’ ad Aldo ed Eugenia il ritrovamento di un reperto di notevole interesse culturale (più importante del resto fossile che cita, appartenuto a un bambino neandertaliano di appena 3 anni rinvenuto in Calabria ad Archi). L’uomo di Ceprano è stata una scoperta solo in parte casuale. Probabilmente, alcuni parlerebbero di serendipità, ma in realtà è stato il frutto del lavoro di decenni di ricerche nell’area. L’archeologo preistorico Italo Biddittu, una domenica mattina del marzo 1994, perlustrava il tracciato di una strada ancora in costruzione poco fuori Ceprano (provincia di Frosinone, Lazio), quando si trovò davanti un frammento di osso piatto. E poi l’arcata orbitaria di un cranio umano fossile. E ancora altri frammenti. Alla fine, ne saranno pazientemente ritrovati una cinquantina. Si trattava dei resti di un cranio (o calvario, per usare un termine antropologico: al reperto manca del tutto la faccia) arcaico, come non si era probabilmente mai visto prima in Europa.
Argil Recuperare i frammenti ossei non fu semplice perché erano altamente mineralizzati, ricoperti di argilla e di colore grigiastro. Inizio così il lavoro di setacciatura del terreno e di analisi stratigrafica da parte di una équipe dell’Is.I.P.U., coordinata, ancora una volta, dal geologo Aldo Segre e dalla paleontologa Eugenia Segre Naldini. Il posizionamento dell’osso frontale in modo corretto richiese particolare attenzione, perché non aveva alcun collegamento diretto con il resto del calvario, a causa dell’incompletezza delle ossa parietali. A seguire, ogni frammento fu collocato nella più corretta posizione anatomica possibile. Il fossile fu chiamato Argil (perché i frammenti erano compresi in uno strato di argilla), l’uomo di Ceprano, un fossile di 400.000 anni. Ciò diede il via a ulteriori scavi e ricerche geologiche, paleontologiche e archeologiche in tutta l’area. Argil ha un’età di circa 400 mila anni, che non è certo poco, anche se non è l’uomo più antico d’Europa come si era ipotizzato inizialmente. Nel frattempo, nuovi reperti hanno poi portato indietro nel tempo la prima presenza dell’uomo in Europa, togliendo ad Argil quella sorta di primato. Il sapere è fatto così: non è statico. Le scoperte possono confermare o smentire le ipotesi formulate precedentemente. Ed è questo che stimola continuamente l’uomo a ‘seguir virtute e canoscenza’.“Correva l’anno 2000 e ricordo ancora bene quando decisi, da nuovo Segretario Generale dell’Is.I.P.U., di iniziare a scavare a Campogrande, nell’area vicino Ceprano dove, alcuni anni prima, Italo Biddittu aveva scoperto i frammenti del cranio umano fossile. E ricordo anche bene una telefonata, la prima che facevo dal nuovo cantiere di scavo, con Eugenia Segre Naldini – o Nené come la chiamava affettuosamente il professor Segre – per aggiornarla sui primi risultati che stavamo ottenendo nel tentativo di ricucire una stratigrafia fluvio-lacustre complessa. Il dato principale di quelle ricerche di terreno è divenuto, anni dopo, la riconsiderazione della cronologia del fossile umano, insieme a un’altra serie di risultati che abbiamo pubblicato e pubblicheremo ancora sulle principali riviste scientifiche internazionali” (Giorgio Manzi, 6 Giugno 2023).
Una instancabile ricercatrice
Oltre alle ricerche citate nei paragrafi precedenti, degni di nota sono anche i suoi contributi, insieme a Marcello Piperno (archeologo del Paleolitico, 1946-2022), agli scavi alla Grotta dell’Uzzo, nel versante orientale della penisola di Capo San Vito, nella Sicilia occidentale. Questo scavo fu impostato con un approccio moderno e interdisciplinare: per inquadrare i reperti nel rispettivo ambiente e ricostruirne la storia si fece ricorso a numerose discipline: paletnologia, paleoantropologia, paleopatologia, paleontologia, paleobotanica, geologia. In seguito, si occupò, sempre insieme a Italo Biddittu, dell’analisi della ceramica neolitica della Grotta del Guardiano alla Ripagnola, presso Polignano (provincia di Bari, Puglia), e della relativa associazione faunistica. I risultati preliminari testimoniavano la frequentazione della grotta da parte di gruppi umani in possesso di una economia mista e in parte ancora di tradizione mesolitica.Conclusioni
Eugenia Segre Naldini si è spenta nella sua casa di Pisa il 31 gennaio 2023, all’età di 100 anni. Esperienza, profondissima cultura poliedrica e multidisciplinare, dedizione alla ricerca: queste sono alcune sue qualità. Eugenia Segre Naldini e il marito, Aldo Segre, hanno donato al sistema bibliotecario dell’Università di Pisa e all’Is.I.P.U. un cospicuo numero di testi di notevole valore antiquario, storico e scientifico. Ma il suo lascito non è soltanto materiale.“Il suo lascito è soprattutto un lascito alla storia delle ricerche di paleontologia e paleoantropologia in Italia così come nella storia, che poi è un po’ la stessa cosa, dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana fra l’epoca dei Blanc (Alberto Carlo Blanc, paletnologo, 1906-1960, NdA) e dei Cardini (Luigi Cardini, paleontologo, 1898-1971, NdA) e il tempo presente. Lascia inoltre un grande vuoto nel ricordo delle tante e dei tanti che l’ebbero conosciuta e l’ebbero avuta alleata o avversaria” (Giorgio Manzi, 6 Giugno 2023).
Si ringraziano l’Is.I.P.U. per aver fornito le fotografie d’archivio e il Circolo Speleologico Romano per aver fornito documenti scientifici presenti nella loro biblioteca. Infine, ringraziamo il prof. Giorgio Manzi per la preziosa testimonianza.
Per approfondire:
Science For Cultural Heritage: Technological Innovation And Case Studies In Marine And Land Archaeology In The Adriatic Region And Inland. (2010). Singapore: World Scientific Publishing Company.Ascenzi A., Biddittu I., Cassoli P. F., Segre A. G. & Segre Naldini E. (1996). A calvarium of late Homo erectus from Ceprano, Italy. Journal of Human Evolution, 31: 409–423. https://doi.org/10.1006/jhev.1996.0069
Ascenzi A., Mallegni F., Manzi G., Segre A.G., Segre Naldini E. (2000). A re-appraisal of Ceprano calvaria affinities with Homo erectus, after the new reconstruction. Journal of Human Evolution, 39(4): 443-450. https://doi.org/10.1006/jhev.2000.0425
In ricordo di Eugenia Segre Naldini – ISIPU | Istituto Italiano di Paleontologia Umana
Segre Naldini E., I. Biddittu (1985). Ceramica dell’età del bronzo dal Costone di Battifratta (Rieti), Archeologia Laziale VII (QuadAEI 11), Roma, 26-33
Segre Naldini E., I. Biddittu (1988). Ceramica neolitica dalle Grotticelle del Costone di Battifratta (Rieti), Archeologia Laziale IX (QuadAEI 16), Roma, 369-371
Ecomuseo Argil
Dopo la laurea magistrale in Neurobiologia presso l’Università La Sapienza di Roma nel 2015, ho conseguito il Dottorato di ricerca in scienze biomediche sperimentali all’Università di Padova nel 2020. Da ottobre 2019 sono un’insegnante di scuola secondaria di primo e secondo grado. Ad ottobre 2022 ho concluso il Master in Comunicazione della Scienza dell’Università di Parma, grazie al quale ho iniziato a collaborare con Pikaia.