Fra gioco e realtà, frontiere, migrazioni ed evoluzione
La simulazione di un contesto reale all’interno di un gioco può diventare uno strumento utile di comunicazione e apprendimento, anche in ambito scientifico
Molti giochi sono in grado di simulare situazioni reali, consentendo ai giocatori un’immedesimazione che oltre a essere divertente può anche essere istruttiva, come abbiamo già visto su Stranimondi con alcuni esempi di giochi da tavolo e videogiochi incentrati sul tema delle malattie infettive e sulla loro diffusione. La simulazione ludica della realtà è un argomento che torna ora alla ribalta in occasione dell’ottava edizione di Play – Festival del Gioco, il principale evento italiano dedicato a giochi di qualsiasi genere – da tavolo, di ruolo, di carte, di ruolo, dal vivo – che si terrà il 2 e il 3 aprile a Modena.
Tema della manifestazione sarà infatti Muri, Frontiere, Migrazioni e verrà celebrato il 70° anniversario dell’inizio della Guerra Fredda proponendo al pubblico due giochi di grande successo, le cui meccaniche riescono a ricreare il clima di tensione e incertezza di quel contesto storico. Uno è Twilight Struggle, da tempo stabile nella top three di BoardGameGeek, incentrato sullo scontro fra USA e URSS sullo scacchiere mondiale. L’altro è Wir sind das Volk!, ambientato nella Berlino spaccata dal Muro. Gli autori di entrambi i giochi saranno presenti alla manifestazione.
Il rapporto fra giochi e realtà sarà anche al centro di una “tavola esagonale” che si terrà venerdì 1 aprile, sempre a Modena, e che mira a esplorare la relazione che lega la dimensione ludica a quella reale. Simulando un determinato contesto reale, il gioco può infatti diventare uno strumento eccellente per comunicarne o enfatizzarne alcuni aspetti, per ricostruirne le caratteristiche principali e per innescare un meccanismo di apprendimento per mezzo del coinvolgimento.
Va detto che in molti giochi da tavolo, soprattutto in quelli di scuola tedesca, l’ambientazione è piuttosto slegata dalle dinamiche di gioco: i lavoratori che mandate a raccogliere legno e pietre per costruire un castello potrebbero essere anche gangster che vanno a raccogliere alcol e denaro durante il Proibizionismo o astronauti che raccolgono minerali alieni, senza che l’esperienza di gioco cambi di una virgola.
Ma ci sono casi – come i due citati sopra o quelli sulle malattie infettive di cui abbiamo parlato in passato – in cui invece le regole sono fortemente legate all’ambientazione. E, in questo gruppo di giochi, non mancano i temi scientifici. Uno dei più sfruttati è quello dell’evoluzione.Evolution: The origin of species è un gioco di carte russo del 2010, nel quale i giocatori mettono in campo diversi animali e li fanno evolvere acquisendo nuovi tratti e competendo con gli altri per le risorse disponibili. Il successo ottenuto ha portato a una nuova edizione nel 2014, più ricca e illustrata. In realtà il gioco si concentra sull’acquisizione di nuovi tratti in un ambito competitivo e trascura la componente della riproduzione differenziale, fondamentale per il processo evolutivo, ma questo non sminuisce la sua efficacia nel ricostruire i rapporti predatore-preda e nel simulare l’importanza dell’adattamento.
Molto più profondo è l’approccio di Specie Dominanti, gioco ben più massiccio – una partita può tranquillamente durare tre ore, se non di più – dove i giocatori devono far sopravvivere le loro specie in un ambiente variegato, con diversi ecosistemi e risorse disponibili, con la minaccia incombente dell’avanzare della glaciazione. Per sopravvivere dovranno fare appello a tutte le azioni possibili, dall’adattamento alla migrazione, dalla speciazione all’esplorazione di nuovi territori. Un gioco non per tutti, data la sua complessità, ma che ha ricevuto molte lodi dai giocatori appassionati.
Il tema della lotta per la sopravvivenza sembra essere il più adatto per una trasposizione ludica dell’evoluzione, ma non è certo l’unico. Ne è la prova Go Extinct, un gioco incentrato sulla ricostruzione degli alberi genealogici sviluppato da Ariel Marcy, biologa e comunicatrice scientifica, che ha raccolto più di 16 000 dollari su Kickstarter per produrlo, meritandosi ancheun articolo nel numero di marzo di Science. E il prossimo gioco su cui Marcy sta lavorando non sembra essere da meno: avrà come tema l’Evo-Devo, cioè la biologia evolutiva dello sviluppo, un campo di studio di grande impatto che dimostra come piccoli cambiamenti nel corso dello sviluppo embrionale possano portare a grandi differenze evolutive negli animali adulti. Ariel Marcy ha studiato l’argomento per un anno in Australia grazie a una borsa Fulbright e ha sviluppato un prototipo del gioco che è possibile scaricare in formato print-and-play.
Concludiamo questa nostra rassegna tornando a parlare di competizione ed evoluzione, ma in un ambito molto particolare: fra il 1877 e il 1892 negli Stati Uniti si scatenò una vera e propria gara fra paleontologi, disposti a tutto – corruzione, furto, distruzione di reperti – pur di accumulare prestigio e demolire la reputazione degli avversari. Una gara che prese il nome diBone Wars e che ha ispirato ben due giochi.
Il primo è un gioco di carte ideato da Diane Kelly (zoologa) e James Cambias (game designer), che consente ai giocatori di calarsi negli aggressivi panni dei protagonisti di quella intensa e scorretta competizione. Un gioco rapido, divertente e basato su eventi storicamente accurati. Il secondo, in fase di realizzazione dopo aver raccolto 37 000 dollari su Kickstarter, si basa sullo stesso principio ma con un maggior livello di profondità: non ci sono solo carte ma un tabellone che mostra i siti di scavo, schede dei vari dinosauri, segnalini vari e bastoncini di legno di diversi colori che rappresentano le diverse ossa, che i giocatori, al riparo da appositi schermi, dovranno usare per ricostruire lo scheletro da esporre in un museo. Contando che la ricostruzione non dovrà essere perfetta; dopotutto lo scopo finale è superare gli avversari in prestigio e notorietà, il che significa essere disposti a chiudere un occhio sulla totale correttezza scientifica.
Come a volte accade anche nella realtà.
Michele Bellone, da OggiScienza