Geositi e Geoturismo: come valorizzare il patrimonio geologico?
La geologia locale, oltre all’interesse scientifico, offre opportunità di sviluppo turistico e culturale per ciascun territorio.
Spesso la geologia di un territorio può essere una chiave per studiarne e comprenderne le dinamiche naturali e culturali. La geologia influenza la geografia, il clima, la flora, la fauna, ma anche la cultura, l’economia e la storia delle comunità che lo vivono, e le relazioni tra tutti questi fattori. Basti pensare a luoghi come il cono del Vesuvio, le cascate dell’Iguanzù o l’Ayers Rock in Australia. Studiando ciascun territorio è così possibile identificare luoghi, detti geositi, che per caratteristiche di rarità, bellezza o interesse scientifico possano sintetizzare o rappresentare interi processi geologici e tutti i fenomeni naturali o culturali ad essi collegati, rendendoli sia facilmente riconoscibili, sia più facili da raccontare. Il patrimonio geologico (Geoheritage) identificato nei geositi è così un’occasione per lo sviluppo del geoturismo, un settore specifico di turismo culturale naturalistico, mirato contemporaneamente: alla divulgazione delle scienze geologiche, all’educazione ambientale e a contribuire all’offerta turistica di un territorio.
In Geoheritage and Geotourism Resources, un numero speciale della rivista Resources a cura di Ettore Valente e Nicoletta Santangelo, ricercatori dell’Università Federico II di Napoli, sono stati raccolti quindici articoli scientifici pubblicati tra il 2019 e il 2020 sulla valorizzazione e promozione dei geositi al livello internazionale. Gli articoli sono divisi in quattro categorie: studi rivolti a geositi in aree protette, studi rivolti a geositi in aree non protette, studi sulla promozione del geoturismo a distanza, tramite mostre e contenuti virtuali, e studi e indagini sulla comunicazione rivolta ai turisti e sulla loro percezione dei geositi.
In tutti gli articoli vengono presi in considerazione i geositi come particolari risorse naturali, assimilabili, al pari di siti archeologici, storici o architettonici, al patrimonio culturale di un Paese. Il geoturismo viene, invece, analizzato come un fenomeno economico emergente, sviluppato attorno ai geositi ma non solo. Il geoturismo può essere, infatti, un concetto bifronte che coniughi aspetti geologici e di geografia umana per lo sviluppo culturale delle comunità stesse, in particolare di quelle rurali, generalmente meno interessate da flussi turistici.
Ciò che emerge dagli studi è, secondo i curatori, un generale interesse nei confronti di questa fetta del patrimonio mondiale sia da parte degli esperti, che da parte del pubblico raggiunto, ancora però relativamente contenuto. Meno sembrerebbe invece l’interesse diretto delle istituzioni, dettato probabilmente da una relativa ancora scarsa coscienza e conoscenza dei geositi da parte delle comunità e quindi anche degli amministratori.
Tutti gli articoli nelle prime tre categorie puntano a valorizzare il patrimonio geologico di un territorio progettando attività dirette sul campo o a distanza. Sul campo si parla in particolare di: geoitinerari, segnaletica e pannellistica stradale, tour virtuali e sezioni espositive dedicate in centri visite o musei locali.
Mentre, però, i primi tre casi studio cadono in aree che godono di una protezione e valorizzazione già marcata, ricadendo in geoparchi della rete Global Geoparks Unesco (Monti Alburni e Sesia Val Grande), gli altri cadono su aree e geositi ancora marginali. Diventa quindi importante innanzitutto mostrare il potenziale dei geositi in relazione al resto del patrimonio culturale e alle attività umane già presenti. Si procede quindi all’integrazione di contenuti geologici con contenuti archeologici per un itinerario misto nell’area di Sulmona, in Abruzzo, come all’analisi del ruolo che un particolare geosito può svolgere nell’attrarre flussi turistici nell’area delle Murge Tarantine, in Puglia, e in Moravia, nel sud della Repubblica Ceca. In zone dove si conta già su importanti flussi turistici, come a Malta, la creazione di un inventario dei geositi, nell’area nord dell’isola, diventa una strategia per veicolare sul territorio forme di turismo più responsabile, rispettoso dell’ambiente. In Ecuador, nelle miniere d’oro precolombiane di Zaruma “El Sexmo”, diventa, infine, obiettivo dello studio valutare come far coesistere l’interesse turistico del luogo con l’attività estrattiva, valutando lo sviluppo di nuove infrastrutture per abbattere i rischi che comporterebbe la coesistenza delle due attività. Gli studi nella terza categoria partono invece tutti dalla necessità di superare i limiti della divulgazione sul campo sfruttando la tecnologia per rendere fruibili il patrimonio geologico anche a distanza. Una necessità che può nascere sia da problemi di accessibilità dei geositi stessi, magari non sicuri per i visitatori, ma anche dalla volontà di promuovere meglio il territorio e raggiungere anche più facilmente un pubblico laico, nuovo a questi argomenti. Esemplare è il caso studio condotto sulle potenzialità del patrimonio geologico della penisola di Snæfellsnes e della Northern Volcanic Zone, in Islanda, definita dagli autori “un museo geologico a cielo aperto”. I ricercatori analizzano nell’area 25 potenziali geositi in base al loro valore scientifico, alla loro bellezza estetica e alla loro accessibilità in sicurezza indagando come renderli fruibili anche a distanza, tramite l’uso di foto sul campo, immagini aeree, infografiche e sei immagini in realtà virtuale rese disponibili anche online. Una serie di immagini che diventano strumenti utilissimi data la scarsa accessibilità di ben quindici sui venticinque siti considerati. Una soluzione di uso della tecnologia per promuovere meglio il territorio viene invece studiata in Molise, con la creazione di un’applicazione mobile chiamata MoGeo e mirata a combinare attrazioni geologiche con altre attrazioni turistiche sul territorio per rispondere in maniera completa alle esigenze dei turisti. Esempio interessante per la promozione a distanza, ma al contempo sul campo, del patrimonio geologico ad un pubblico laico è inoltre il caso della mostra “Perugia Sotto Sopra”, realizzata nel centro urbano di Perugia per raccontare la geologia della città stessa, che ne ha storicamente favorito la fondazione e lo sviluppo influenzandone le attività umane. Come sottolineano i curatori la promozione necessita anche di una comunicazione efficace rivolta al pubblico laico che, generalmente predisposto, abbisogna di essere accompagnato nella scoperta di questo patrimonio, di cui spesso ignora l’esistenza. Per questo negli studi della quarta categoria, l’ultima, prevale un approccio prettamente geografico, indagano le possibilità di fruizione dei geositi e i pubblici del geoturismo. Nel primo di questi studi viene analizzata la comunicazione in ambito geoturistico degli enti nazionali del turismo di Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca, rivelando una scarsa strutturazione dell’offerta. Le informazioni risultano per tutti e tre gli enti piuttosto disperse, presentate sotto un ombrello di termini troppo vasto e impreciso, mancando di univocità e probabilmente di una reale visione strategica del settore.
Altre due indagini, condotte in Polonia nel Gorczański National Park, nel sud-ovest, e nell’area proposta per la creazione del Geoparco di Roztocze, a sud-est, evidenziano quali possano essere quindi i pubblici del geoturismo. Emergerebbe così dai dati raccolti come la maggior parte dei visitatori di queste aree rientri tra i sedici e i sessanta anni, escludendo bambini ed anziani, in cui il 56% aveva un’istruzione superiore. I dati raccolti evidenziavano anche una stretta correlazione tra livello di istruzione, giovane età ed interesse alla conservazione dell’ambiente, rendendo il pubblico più giovane un pubblico da coinvolgere attivamente nella tutela del territorio e a cui rivolgere prioritariamente attività di divulgazione scientifica e educazione ambientale. Dalla seconda indagine emerge come le leve del geoturismo per avvicinare flussi siano molto legate all’ estetica dei geositi e pochissimo, invece, al loro valore scientifico. Solo il 43% degli intervistati dichiara di conoscere il termine geoturismo e il 64% di questi, nel tentativo di darne una definizione, mostra confusione con il turismo naturalistico in senso ampio e indicando, nel 43% dei casi, come geositi anche musei e giardini botanici. Soltanto, quindi, il 30% degli intervistati può essere considerato abbastanza consapevole: un geo-turista.
Valente e Santangelo concludono che aumentare la sensibilità dei cittadini nei confronti del patrimonio geologico inneschi un naturale aumento di attenzione da parte di cittadini e istituzioni anche sui rischi ambientali. Un esempio è il geoturismo della diga del Vajont, immediatamente collegata al disastro ambientale del 1963. Si auspica così, che maggiore attenzione verso l’ambiente divenga quindi una leva per una migliore pianificazione territoriale, volta al controllo e alla mitigazione dei rischi associati alle catastrofi naturali
Riferimenti: Santangelo, Nicoletta and Ettore Valente. “Geoheritage and Geotourism Resources.” Resources, vol. 9, no. 7, 28 June 2020, p. 80, doi:10.3390/resources9070080.
Immagine: Mario Andrea Francavilla
Mentre, però, i primi tre casi studio cadono in aree che godono di una protezione e valorizzazione già marcata, ricadendo in geoparchi della rete Global Geoparks Unesco (Monti Alburni e Sesia Val Grande), gli altri cadono su aree e geositi ancora marginali. Diventa quindi importante innanzitutto mostrare il potenziale dei geositi in relazione al resto del patrimonio culturale e alle attività umane già presenti. Si procede quindi all’integrazione di contenuti geologici con contenuti archeologici per un itinerario misto nell’area di Sulmona, in Abruzzo, come all’analisi del ruolo che un particolare geosito può svolgere nell’attrarre flussi turistici nell’area delle Murge Tarantine, in Puglia, e in Moravia, nel sud della Repubblica Ceca. In zone dove si conta già su importanti flussi turistici, come a Malta, la creazione di un inventario dei geositi, nell’area nord dell’isola, diventa una strategia per veicolare sul territorio forme di turismo più responsabile, rispettoso dell’ambiente. In Ecuador, nelle miniere d’oro precolombiane di Zaruma “El Sexmo”, diventa, infine, obiettivo dello studio valutare come far coesistere l’interesse turistico del luogo con l’attività estrattiva, valutando lo sviluppo di nuove infrastrutture per abbattere i rischi che comporterebbe la coesistenza delle due attività. Gli studi nella terza categoria partono invece tutti dalla necessità di superare i limiti della divulgazione sul campo sfruttando la tecnologia per rendere fruibili il patrimonio geologico anche a distanza. Una necessità che può nascere sia da problemi di accessibilità dei geositi stessi, magari non sicuri per i visitatori, ma anche dalla volontà di promuovere meglio il territorio e raggiungere anche più facilmente un pubblico laico, nuovo a questi argomenti. Esemplare è il caso studio condotto sulle potenzialità del patrimonio geologico della penisola di Snæfellsnes e della Northern Volcanic Zone, in Islanda, definita dagli autori “un museo geologico a cielo aperto”. I ricercatori analizzano nell’area 25 potenziali geositi in base al loro valore scientifico, alla loro bellezza estetica e alla loro accessibilità in sicurezza indagando come renderli fruibili anche a distanza, tramite l’uso di foto sul campo, immagini aeree, infografiche e sei immagini in realtà virtuale rese disponibili anche online. Una serie di immagini che diventano strumenti utilissimi data la scarsa accessibilità di ben quindici sui venticinque siti considerati. Una soluzione di uso della tecnologia per promuovere meglio il territorio viene invece studiata in Molise, con la creazione di un’applicazione mobile chiamata MoGeo e mirata a combinare attrazioni geologiche con altre attrazioni turistiche sul territorio per rispondere in maniera completa alle esigenze dei turisti. Esempio interessante per la promozione a distanza, ma al contempo sul campo, del patrimonio geologico ad un pubblico laico è inoltre il caso della mostra “Perugia Sotto Sopra”, realizzata nel centro urbano di Perugia per raccontare la geologia della città stessa, che ne ha storicamente favorito la fondazione e lo sviluppo influenzandone le attività umane. Come sottolineano i curatori la promozione necessita anche di una comunicazione efficace rivolta al pubblico laico che, generalmente predisposto, abbisogna di essere accompagnato nella scoperta di questo patrimonio, di cui spesso ignora l’esistenza. Per questo negli studi della quarta categoria, l’ultima, prevale un approccio prettamente geografico, indagano le possibilità di fruizione dei geositi e i pubblici del geoturismo. Nel primo di questi studi viene analizzata la comunicazione in ambito geoturistico degli enti nazionali del turismo di Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca, rivelando una scarsa strutturazione dell’offerta. Le informazioni risultano per tutti e tre gli enti piuttosto disperse, presentate sotto un ombrello di termini troppo vasto e impreciso, mancando di univocità e probabilmente di una reale visione strategica del settore.
Altre due indagini, condotte in Polonia nel Gorczański National Park, nel sud-ovest, e nell’area proposta per la creazione del Geoparco di Roztocze, a sud-est, evidenziano quali possano essere quindi i pubblici del geoturismo. Emergerebbe così dai dati raccolti come la maggior parte dei visitatori di queste aree rientri tra i sedici e i sessanta anni, escludendo bambini ed anziani, in cui il 56% aveva un’istruzione superiore. I dati raccolti evidenziavano anche una stretta correlazione tra livello di istruzione, giovane età ed interesse alla conservazione dell’ambiente, rendendo il pubblico più giovane un pubblico da coinvolgere attivamente nella tutela del territorio e a cui rivolgere prioritariamente attività di divulgazione scientifica e educazione ambientale. Dalla seconda indagine emerge come le leve del geoturismo per avvicinare flussi siano molto legate all’ estetica dei geositi e pochissimo, invece, al loro valore scientifico. Solo il 43% degli intervistati dichiara di conoscere il termine geoturismo e il 64% di questi, nel tentativo di darne una definizione, mostra confusione con il turismo naturalistico in senso ampio e indicando, nel 43% dei casi, come geositi anche musei e giardini botanici. Soltanto, quindi, il 30% degli intervistati può essere considerato abbastanza consapevole: un geo-turista.
Valente e Santangelo concludono che aumentare la sensibilità dei cittadini nei confronti del patrimonio geologico inneschi un naturale aumento di attenzione da parte di cittadini e istituzioni anche sui rischi ambientali. Un esempio è il geoturismo della diga del Vajont, immediatamente collegata al disastro ambientale del 1963. Si auspica così, che maggiore attenzione verso l’ambiente divenga quindi una leva per una migliore pianificazione territoriale, volta al controllo e alla mitigazione dei rischi associati alle catastrofi naturali
Riferimenti: Santangelo, Nicoletta and Ettore Valente. “Geoheritage and Geotourism Resources.” Resources, vol. 9, no. 7, 28 June 2020, p. 80, doi:10.3390/resources9070080.
Immagine: Mario Andrea Francavilla