Gli oceani di Avatar sarebbero davvero così in un mondo alieno?

Avatar 2 la via dell'acqua

Avatar – La via dell’acqua è “solo” un film, ma ci permette di ragionare sulla biologia e la fantabiologia. Abbiamo chiesto di commentarlo a Marco Ferrari, giornalista scientifico e autore di “Come costruire un alieno”

L’ultima prodezza cinematografica di James Cameron ha incassato più di 2 miliardi di dollari, eppure sono ancora in molti a sottostimare il film. Durante le scorse settimane, inoltre, un grande dibattito ha accompagnato l’uscita del film nelle sale: la fantabiologia immaginata dall’artista canadese per le creature di Pandora sarebbe davvero credibile in natura? Ne abbiamo parlato con Marco Ferrari, noto divulgatore scientifico italiano con la passione dell’esobiologia ed autore del libro “Come costruire un alieno: ipotesi di biologia extraterrestre”, edito da Codice edizioni. Ferrari era stato anche ospite di Pikaia e dell’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta (OAVDA) durante lo scorso Darwin Day, per parlare dell’uscita del suo saggio.

Di seguito vi lasciamo la nostra intervista. Vi avvisiamo solo che non sono presenti spoiler rilevanti sulla trama del film. Facciamo solo riferimento a qualche informazione che era già presente nel trailer.

Salve. Per cominciare, a confronto delle creature mostrate da Cameron nel primo film, come le sono sembrate le specie marine presentate in questo seguito?

Buongiorno. Rispetto alla visione delle creature del film del 2009, gli animali che il regista ha deciso di mostrare in questo film non mi sono sembrate particolarmente fantasiose. In Avatar la via dell’acqua infatti ho notato maggiori riferimenti a creature terrestri, rispetto al capitolo precedente. Possiamo incontrare in particolar modo specie che ricordano le balenottere azzurre, pesci e molluschi viventi sopra la barriera corallina. E non a caso tutte le creature principali di questo seguito mostrano degli equivalenti ai vertebrati marini del pianeta Terra. Da questo punto di vista mi aspettavo molto più fantasia da parte degli artisti, ma ritengo che abbiano voluto sfruttare l’iconografia terrestre delle creature marine per enfatizzare il messaggio ecologista insito nel film.

Ritiene dunque che le creature del primo film debbano essere considerati migliori?

Dal punto di vista fantascientifico sì, perché avevano delle caratteristiche che li rendevano completamente aliene rispetto agli animali del pianeta Terra. Per esempio, alcune erano dotati di sei zampe. Qui invece le creature sono palesemente delle copie carbone delle specie che è possibile vedere negli oceani del nostro mondo. Non è però un difetto del film. Anche perché di per sé le specie marine terrestri sono più “fantasiose ed aliene” rispetto agli animali, in quanto presentano molte più morfologie e colorazioni rispetto alle specie della terraferma. Se dunque non volevano distaccarsi di molto dalla morfologia classica di meduse, pesci e cetacei, hanno fatto bene. Il film è godibilissimo così e bisogna anche ricordare che gli animali terrestri sono de facto solo un sottoinsieme specializzato delle specie marine. Tendiamo a dimenticarlo, ma è così.

Quali riferimenti naturali ha trovato nelle creature? E ritiene che sia possibile, in un oceano alieno, incontrare delle specie così simili a quella della Terra?

Come detto, gran parte delle creature incontrate in questo film sembrano fuoruscire dai nostri mari, a differenza delle specie che abitano nella foresta di Pandora in cui i riferimenti sono molto meno facili da interpretare, essendo per gran parte rielaborazioni artistiche di creature preistoriche o mitologiche. Negli oceani di Pandora invece abbiamo in pratica balene, molti avannotti, creature simili a pesci volanti, a pesci luna, meduse, coralli… e persino un mollusco che viene utilizzato per respirare sott’acqua come se fosse una maschera da sub! Ecco, forse quest’ultima specie è quella più fantasiosa, per quanto sia bello metterla in scena. Poi per quanto riguarda la possibilità di incontrare davvero creature marine simili a queste, dovremmo ragionare molto sul tipo di evoluzione che ha voluto ricreare Cameron.

In che senso?

Nel senso che dal poco che è possibile comprendere, tutti gli animali di Avatar presentano un’evoluzione che li ha spinti verso una forma di collaborazione multi specifica. La simbiosi sembra permeare tutti gli ecosistemi di Pandora, dalle foreste equatoriali agli oceani. E seppure molte delle creature ricordino i vertebrati e gli invertebrati terrestri, la grande differenza che è possibile osservare fra Pandora e la Terra è che sul satellite alieno immaginato da Cameron la competizione e la predazione sono dei fenomeni molto meno presenti. I pochi carnivori infatti che riusciamo ad intravedere nei due film non sembrano godere dello stesso successo delle altre specie, che interagiscono direttamente con il pianeta persino a livello cosciente. I Tulkun – le “similbalene” immaginate da Cameron per il secondo film – hanno le personalità equiparabili a quelle umane e, per quanto animali, interagiscono con l’ambiente circostante, inseguendo il benessere per l’intera barriera corallina.

Questo forse è ciò che rende fin troppo fantasioso il mondo di Pandora…

Non sono completamente d’accordo. In principio perché, se seguiamo quel che pensava Lovelock per la sua ipotesi Gaia, tutte le specie viventi possono svolgere un ruolo – cosciente o non cosciente – nel mantenimento dell’equilibrio ecologico di tutta la biosfera. Persino le meno probabili. Inoltre in un pianeta alieno ipotetico la connessione neurale fra tutte le specie tipica di Pandora potrebbe essere possibile, a patto che tale caratteristica sia comparsa nella storia evolutiva di quel mondo in maniera molto precoce e si sia mantenuta in buona parte delle specie successive. D’altronde, anche noi esseri umani condividiamo con tutti gli animali e le piante molte caratteristiche di base, come l’essere degli eucarioti o utilizzare lo stesso codice genetico. Qualora su Pandora dovesse essere comparso un progenitore comune ancestrale di tutte le forme viventi, dotato di caratteristiche che avvantaggiavano i possessori della connessione elettrochimica per comunicare, non vedo perché sarebbe irrealistico immaginare uno scenario come questo. Ovviamente però ci sono dei limiti da sottolineare. In principio, dubito fermamente che possa sussistere una trasmigrazione delle coscienze, come quella immaginata per Avatar. Anche perché non vedo nessuna utilità per le piante di ospitare i ricordi dei defunti di altre specie. Inoltre, per osservare una connessione neurale così diffusa e semplice da utilizzare, tramite un’appendice che svolge anche finalità riproduttive, gli impulsi nervosi di tutte le specie presenti in Avatar dovrebbero avere una velocità ed un’efficienza maggiori rispetto alle specie terrestri, proprio per garantire l’assenza di disconnessioni o di input lag fra le creature.

E poi? Cosa necessiterebbe l’evoluzione per garantire alle specie di sfruttare questa sorta di bio tecnologia integrata?

La vita necessiterebbe di molto più tempo e di un tasso di cambiamento evolutivo superiore delle specie rispetto a quella riscontrata sulla Terra. Alla fine comunque non riesco ad immaginare un pianeta così tanto basato sulla competizione e la predazione come il nostro, che possa produrre lo stesso livello di simbiosi come quello osservato su Pandora. Però, quando immaginiamo le potenzialità della vita in altri mondi, non dobbiamo cadere nel tranello di suppore che l’unica tipologia di esistenza disponibile sia quella presente sulla Terra. Sono ormai molti gli studi che affermano come sarebbe possibile per esempio immaginare una vita senza DNA o senza la necessità di sviluppare la predazione come motore dell’evoluzione.

Bisogna anche dire che Pandora sembra essere avvantaggiata rispetto la Terra. Essendo il satellite di un gigante gassoso, probabilmente Pandora non è stata toccata da estinzioni di massa provocati dalla caduta dei meteoriti, avendo con sé una sorte di scudo che faceva attrarre il pericolo sulla superficie del pianeta…

Non ne sono tanto sicuro. Intanto perché credo che le estinzioni di massa siano uno dei motori più potenti che permettono alla vita di compiere dei veri e propri salti evolutivi. Li ritengo dunque necessari. E per quanto riguarda la fortuna di abitare vicino ad un pianeta gassoso che ti scherma dall’avvicinarsi di asteroidi, la Terra ha sempre avuto la protezione di Giove, che secondo molti scienziati ha interferito diverse volte con l’arrivo di potenziali minacce, a nostro beneficio. Forse possiamo immaginare che la Terra sia caduta più volte vittima di questi eventi, perché risulta un pianeta a sé stante e non un satellite di un pianeta gassoso che gira attorno alla sua stella, nei pressi della zona abitabile. Pandora però avrà avuto sicuramente i suoi disastri naturali, capaci di alterare per sempre la biologia delle specie. E forse è stata proprio una di queste catastrofi ad aver permesso la comparsa delle caratteristiche condivise che vediamo nel film.

Gli aspetti ecologici e gli ecosistemi di questo secondo film le sembrano allora bene realizzati?

Sì. Per quanto mi aspettassi di più nella messa in scena di un ecosistema acquatico alieno, essere stato per circa due ore all’interno della barriera corallina di Pandora mi ha soddisfatto. Anche perché come detto, all’interno del contesto ecologico della pellicola ha senso aver scelto di immaginare un corrispettivo della grande barriera corallina australiana. Di per sé, la barriera corallina è il luogo più ricco di biodiversità del pianeta terra. Ricco di specie che, se mostrate a un pubblico generalista, sarebbero considerate alla stregua di creature fantasy. Inoltre credo che la simmetria bilaterale delle creature osservate nel film non sia un errore.

Perché?

Perché credo che la simmetria bilaterale sia il bauplan (il piano corporeo con cui gli animali mantengono la loro morfologia) più diffuso. La forma più conservata dell’intero universo. Assieme alla multicellularità degli organismi. Per ottenere alti livelli di complessità, devi disporre di un corpo formato da diversi compartimenti stagni, che noi chiamiamo apparati, quando raggiungi notevoli dimensioni. E la simmetria bilaterale può essere uno escamotage per semplificare il livello di complessità per gli organismi più grandi.

Ritornando ai Tulkun, è difficile immaginare un animale così grosso che non si cibi di gamberetti e plankton come le nostre balenottere, non crede?

Non credo. Se i Tulkun dovessero essere vegetariani, basterebbe che ogni giorno queste creature si cibassero di tonnellate di alghe. E da quello che ho compreso, l’ecosistema marino di Pandora è capace di produrre ogni giorno una quantità spropositata di nutrimenti, che risalgono dalle profondità tramite enormi bloom algali capaci di oscurare l’acqua. Perciò sì. I Tulkun potrebbero nutrirsi di quello, mantenendo senza problemi la loro stazza, sviluppando l’intelligenza al di là delle capacità umane, come visto su schermo, e scegliendo di condividere con altre specie intelligenti il loro sapere.

Per quanto riguarda la fisiologia dei Na’vi, secondo lei la biologia riproduttiva di questa specie, dal modo in cui ci viene presentata in questo secondo film, è realistica? Insomma. Siamo abituati a pensare che due specie diverse si riproducono con estrema difficoltà. E vedere Jack e Neytiri divenire genitori di due ibridi per alcuni appassionati di fantascienza è stato straniante…

No. Non mi sembra uno scenario realistico. È un altro punto che mi ha deluso di questo secondo capitolo. Già nel primo film vedere un presunto “clone umano” all’interno di un corpo di Avatar era una forzatura pseudoscientifica che era biologicamente impossibile. In quanto un clone umano deve essere, per forza di cose, umano. Se però dovessimo anche accettare l’origine di questo ibrido metà umano e metà Na’vi, per quel che sappiamo della biologia di base, con estrema difficoltà Jack Sully e Neytiri avrebbero potuto accoppiarsi, dando alla luce della prole, tra l’altro fertile. Poi è l’intera specie Na’vi ad essere alquanto particolare. Le popolazioni della foresta e quelle del mare hanno infatti struttura, fisiologia, comportamenti ed alimentazione diversa. Capisco la volontà di differenziare i popoli su Pandora, ma così si son andate a creare non popolazioni differenti, ma specie differenti.

I popoli del mare sono infatti molto più simili a tritoni e adattate alla vita acquatica.

Non è solo questo. I Na’vi non presentano le stesse differenze che è possibile riscontrare fra differenti popolazioni umane. I popoli del mare hanno una struttura muscolare differente, sanno respirare sott’acqua… Presentano troppe differenze per essere della stessa specie dei Na’vi del primo film. E questo si vede in una scena precisa di Avatar la via dell’acqua.

Quale?

Nella scena in cui il figlio di Jack Sully viene abbandonato per scherzo nel territorio di quella sorte di predatore simile ad uno squalo, la sua vita viene messa in pericolo dal fatto che il suo corpo non riesce a nuotare velocemente e non riesce ad assimilare ossigeno dall’acqua. Questo è ciò che lo condanna ad affrontare il predatore, in una scena che ricorda moltissimo tra l’altro lo scontro fra Semola e il Luccio nel cartone del 1963 “La spada della Roccia”. Se fosse appartenuto all’altra popolazione/specie di Na’vi, quello dei Metkayina, non avrebbe dovuto raggiungere la superficie per respirare e sarebbe stato capace di nuotare in maniera maggiormente efficiente. Inoltre il fatto che i figli dei protagonisti siano a loro volta ibridi complica ulteriormente la situazione. Capisco però le necessità del film di non rendere i figli di Jack sterili o di sorvolare sulle questioni biologiche specialistiche riguardanti i Na’vi. In natura però con estrema difficoltà potremmo osservare il prodotto di una tale unione, poiché solitamente gli ibridi nascono quando due specie sono strettamente imparentate e non presentano grandi differenze fra le specie.

Anche se non sappiamo se l’ereditarietà sia gestita dal DNA su Pandora?

Sì, seppur non possiamo presumere nulla su questo e sapere se la vita su Pandora si sia evoluta con altre tipologie di codice genetico o altre entità biologiche che non possiamo conoscere, Metkayina e Omaticaya – le due popolazioni differenti di Na’vi – per quel che vediamo nel film non dovrebbero appartenere alla stessa specie.

Per concludere, come ritiene Pandora all’interno dello scenario fantasy? Crede che da qualche parte là fuori possa esistere un pianeta simile a quello immaginato da Cameron?

Ritengo Pandora un Paradiso. Il pianeta perfetto in cui andare a vivere. Non solo per la natura rigogliosa, ma soprattutto per l’ospitalità delle sue popolazioni indigene. Riflettiamoci. I popoli Na’vi si sono ritrovati improvvisamente dei conquistatori provenienti dallo spazio, dotati di tecnologie apparentemente più evolute di quelle che questi disponevano. Avrebbero avuto tutte le ragioni per attaccare subito gli umani, ma per quello che ci viene descritto, prima accolgono gli scienziati, cercano di assimilare la loro lingua e cultura e poi, solo dopo, decidono di difendersi, dopo che dei militari hanno comandato loro di trasferirsi, sparando presso una scuola. Successivamente la loro stessa principessa ha deciso di unirsi in matrimonio con uno di questi visitatori, nel tentativo di concludere il conflitto. A seguito di questo, per me Pandora è un vero Eden. Il miglior pianeta mai immaginato da un prodotto audiovisivo fantasy. Ovviamente sull’esistenza o meno di un pianeta simile a Pandora nell’universo bisognerebbe considerare molteplici fattori. Di certo però un pianeta che basa buona parte dell’evoluzione della sua biosfera dovrà pur esistere, per quanto facilmente ingannabile.

In che senso?

Nel senso che l’evoluzione che si basa esclusivamente sui rapporti commensalistici o di simbiosi rischia di venire sfruttata da parte degli organismi egoistici e approfittatori. Specie che promettono di dare in cambio qualcosa, a secondo del servizio che usufruiscono, ma che in realtà parassitano il lavoro di altre specie. Ecco, un’altra critica che si può fare nei confronti dell’ecosistema di Pandora, che lo rende meno scientificamente attendibile di quanto Cameron vuole, è che organismi come questi dovrebbero esseri tenuti a bada, anche a livello del comportamento delle singole specie. Dovrebbe sussistere in pratica una sorte di polizia ecologica/evolutiva che controlli che ogni individuo di ogni specie non attui strategie eccessivamente egoiste. E forse da questo parte l’evoluzione dei predatori presenti nel film, da individui che hanno tradito la fiducia delle altre specie tramite comportamenti egoistici. A quel punto la specie dell’organismo egoista verrebbe per sempre segnata e costretta ad assumere comportamenti sempre più egoistici, come la predazione, per sopravvivere.

Immagine: una scena del film