Gli uomini di Sima de Los Huesos: un po’ Neandertal, un po’ no
L’analisi degli scheletri post-craniali mostra nuovi legami tra gli ominidi di Sima de Los Huesos e gli uomini di Neandertal
Con i suoi 6700 fossili umani, datati circa 430.000 anni fa e appartenenti ad almeno 28 individui differenti, la grotta di Sima de los Huesos, situata in Spagna a pochi chilometri da Burgos, rappresenta uno dei siti paleoarcheologici più importanti al mondo per lo studio delle nostre origini e dell’evoluzione del genere Homo, nonché una fonte inesauribile di interrogativi. Gli ominidi ritrovati nel sito si sono dimostrati sin da subito difficili da classificare: da un lato, la datazione e la forma della teca cranica sembrano avvicinare la popolazione di Sima de los Huesos all’Homo heidelbergensis, dall’altro l’apparato masticatorio, completamente differente, è riconducibile a quello dell’uomo di Neandertal. Per di più, una recente analisi del DNA mitocondriale ritrovato nel femore di uno degli scheletri ha evidenziato alcune differenze con il lignaggio neandertaliano, rivelando invece un forte legame con l’uomo di Denisova (Pikaia ne ha parlato qui). Ciò ha reso estremamente difficile collocare questa nuova specie all’interno della storia evolutiva umana.
Gli esiti di un nuovo studio, pubblicato su PNAS, condotto dalla collaborazione internazionale guidata da Juan Luis Arsuaga dell’Università di Madrid sembrano portare qualche certezza in mezzo a questi dubbi: l’analisi di 18 scheletri postcraniali ritrovati nella grotta conferma infatti che gli ominidi di Sima de los Huesos condividevano molti tratti anatomici con gli uomini di Neandertal.
Di poco più alti (nemmeno 3 centimetri) e più snelli (di circa 6 chilogrammi) dei Neandertaliani, questi ominidi avevano un’ossatura forte e robusta, con una forma molto differente da quella degli esseri umani moderni, ma con molte similitudini con i Neandertal, in particolare per quanto riguarda il cingolo scapolare e gli arti superiori. Le clavicole erano molto lunghe e le scapole si trovavano in posizione elevata e portavano questi individui ad assumere una curvatura sul piano frontale comune negli ominidi precedenti all’Homo sapiens. Le poche ossa toraciche rinvenute fanno supporre un torace molto più grosso rispetto all’uomo moderno e più simile a quello neandertaliano, nonostante alcune differenze a livello vertebrale. Le due specie estinte erano accomunate anche da un ampio bacino ellittico e da un osso sacro molto esteso, caratteristiche divergenti rispetto a quelle di H. sapiens. Ad avvicinare ulteriormente gli ominidi di Sima agli uomini di Neandertal era la forma e la struttura degli arti inferiori, sebbene entrambe le specie mantenessero alcune caratteristiche univoche, soprattutto a livello articolare.
La più grande differenza, ulteriormente confermata da due diverse ricostruzioni, resta il grado di encefalizzazione che, nonostante fosse maggiore rispetto ad altri ominidi contemporanei quale l’Homo georgicus, resta decisamente inferiore a quello dell’uomo di Neandertal.
La presenza di numerosi tratti anatomici in comune con gli uomini di Neandertal, e così differenti da quelli degli umani moderni, fanno credere sempre più che gli ominidi di Sima de los Huesos siano un sister group dei Neandertaliani e che le due specie abbiano un progenitore comune molto recente. Allo stesso tempo, l’assenza in questo gruppo di alcune caratteristiche tipiche dell’Homo neanderthalensis supporta l’ipotesi di un’evoluzione graduale (“a mosaico”) della linea evolutiva neandertaliana, in cui alcuni tratti peculiari sono comparsi in momenti successivi e altri sono rimasti pressoché immutati per tempi più lunghi.
Come poi questi ominidi siano così strettamente legati ad una specie di Homo così lontana in termini geografici quale quella di Denisova resta ancora da spiegare, ma nel mosaico evolutivo che ha interessato il genere Homo prima del dominio della nostra specie si è aggiunto un nuovo tassello.
Riferimenti:
Juan Luis Arsuaga et al. Postcranial morphology of the middle Pleistocene humans from Sima de los Huesos, Spain, PNAS 29 july 2015. DOI: 10.1073/pnas.1514828112
Immagine da Wikimedia Commons