Homo migrans, la storia delle migrazioni dall’uscita dall’Africa al “Grande confinamento”

Homo migrans migrazioni

In Homo migrans (al momento inedito in Italia) l’archeologo Jean-Paul Demoule racconta la questione delle migrazioni umane con un corposo e documentato studio tematico

Titolo: Homo migrans. De la sortie d’Afrique au grand confinement Autore: Jean-Paul Demoule Editore: Payot & Rivages Parigi Anno: 2022 Pag.: 430 Pianeta (tutto raggiunto e abitato a partire dal continente africano). Da milioni di anni. Oltre all’uomo, nessun’altra scimmia migra. Né quelle della savana, né quelle delle foreste: siamo dunque una specie di scimmie migratoria o addirittura invasiva (fra le almeno 182 identificate)? Le specie umane iniziarono almeno due milioni di anni fa, al tempo dei più antichi H. erectus che riuscirono a lasciare l’Africa (attestati prima in Georgia, poi in Cina e India, forse nello stesso periodo o certamente da 800.000 anni fa, in Spagna e Francia circa 1,2 milioni di anni fa). Le scoperte archeologiche non sono ancora abbastanza numerose né i sistemi di datazione abbastanza precisi per permetterci di ripercorrere nel dettaglio modi e tempi di questi spostamenti.

Le migrazioni dei sapiens ci hanno via via condotto ancor più lontano degli antenati umani, con una svolta stanziale legata al neolitico e al relativo boom demografico (con l’avvento dei “popoli”, mai delle “razze”). Esistono molte categorie di classificazione delle migrazioni umane, rimaste più o meno le stesse nella lunga durata: di popolamento o di conquista, economiche o politiche, dovute a forze esterne o a curiosità interiori, individuali e di gruppo. Se si tenta una storia globale delle migrazioni umane si deve riflettere su alcune premesse: probabilmente non vi è mai un’esclusiva causa scatenante; partire e arrivare, veder partire o veder arrivare è sempre una questione di punti di vista; assumono pure ovvi significati diversi qualcuno che vuole espatriare rispetto a qualcuno che è costretto a rifugiarsi all’estero, pur entrambi migranti; la vita nomade era assolutamente prevalente fino al neolitico ed è rimasta praticata da minoranze anche dopo, anche ora; interrogativamente, il “Grande Confinamento” conseguente alla pandemia di Covid-19 potrebbe forse anticipare una tendenza alla fine delle migrazioni? Forse se o quando gli uomini smetteranno di migrare ci sarà da preoccuparsi. L’esperto archeologo e storico della tarda preistoria Jean-Paul Demoule (Neuilly-sur Seine, 1947), dopo innumerevoli volumi e saggi sulle teorie e sulle pratiche del neolitico, ha deciso di prendere di petto la questione delle migrazioni umane con un corposo e documentato studio tematico. Il migrare umano esiste da prima, ma da diecimila anni ci ha proprio radicalmente trasformato: eravamo poche centinaia di migliaia sparsi in tutti i continenti ma non stanziali, isolati in gruppi erranti. Ora siamo circa otto miliardi, sedentari, perlopiù con residenza unica o prevalente nelle fasi dell’esistenza (pur talora migrante). L’introduzione progressiva dell’agricoltura e dell’allevamento ci ha reso “residenti”, diffondendo anche “pratiche” che esistono ancor oggi: lavoro, guerra, religione.

L’autore ha predisposto nove meditati capitoli secondo uno schema cronologico: quando Homo erectus e sapiens si avventurarono fuori dall’Africa; quando le rivoluzioni neolitiche e le colonizzazioni agricole «rovesciarono» il pianeta; quando gli «indo-Europei» popolarono il mondo; quando nacquero gli Stati, gli imperi e i «barbari»; quando i barbari «invasero» l’Impero romano; quando uomini, merci e idee circolarono liberamente nel Medioevo; quando l’Europa partì alla conquista del resto del mondo; quando le grandi potenze costruirono gli imperi coloniali, accelerando i movimenti delle popolazioni; quando gli imperi caddero a pezzi nella violenza. Le conclusioni ragionano su chi ha inutilmente (e un poco scioccamente) paura delle migrazioni, fenomeno indissociabile dalla storia umana per cinque principali costanti: la demografia, la volontà di potenza, il meticciato costante che «agita» popoli e culture, il bisogno di capri espiatori (boucs émissaires) esterni (barbari e immigrati) per definire sé stessi, la solidarietà sociale. In fondo non mancano ricchi apparati: le brevi note, l’ampia bibliografia, grafici e carte, fonti, articolato indice di nomi di persone e popoli, indice dei tanti luoghi citati, sommario.