Ma la scoperta vera e propria viene dalla genetica. Certe mutazioni contraddistinguono i meridionali (qualche tradimento sembra esserci stato con delle vicine, dall’altro lato di capo Farewell) e consentono di datarne l’arrivo all’inizio dell’Ottocento. Sono stati avvistati per la prima volta nel 1830, quando erano già parecchi. E certi alleli indicano la provenienza dei due pionieri. Nei genomi interamente sequenziati delle 19 sottospecie di orsi polari, gli autori identificano:
i potenziali immigranti: uno più prossimo alle sottopopolazioni del mare meridionale di Beaufort e del mare dei Chukchi in Alaska e uno più prossino a quelle del nord-est della Groenlandia.
Non sanno quanti siano oggi, probabilmente più di un centinaio. Di sicuro sono una sottopopolazione diversa, e chiedono che l’IUCN la consideri come la ventesima degli orsi polari:
Mantenere il lignaggio distintivo del sud-est della Groenlandia è necessario per preservare la diversità genetica della specie.
Tanto più necessario che la specie deve adattarsi al riscaldamento globale. Nella perspective, oltre a suggerire nuove ricerche Elizabeth Peacock chiede che l’Accordo internazionale per la conservazione degli orsi polari protegga quelli del sud-est della Groenlandia. (Ora che gli altri paesi del Consiglio artico hanno bloccato le collaborazioni scientifiche con la Russia, sembra difficile.) In fondo scrive:
Dedico questo articolo ai biologi degli orsi polari [come lei] che hanno perso la vita nel raccogliere alcuni dei campioni globali: Malcolm Ramsay (1949–2000), Stuart Innes (1953–2000), John Bevins (1955–1990), George Menkens (1957–1990), e Markus Dyck (1966–2021).
Nella news, Jack Tamsea si concentra sull’adattamento degli orsi ai cambiamenti climatici e di Kristin Laidre e dei suoi colleghi a un ambiente ostile perfino agli elicotteri “heavy duty”:
- Per assicurarsi che rientrassero alla base di ricerca sulla costa, a 4 ore di distanza, negli habitat degli orsi gli scienziati avevano accumulato carburante in punti strategici, con anni di anticipo.
Agg. 20/6: cf. anche Bianca Nogrady, Nature
Se non siete abbonati a Science e vi restano articoli gratuiti (quelli sul covid sono tuttora in open access), su un tema affine segnalo:
- “Petrolio in mare, quanto è troppo?” di Ira Leifer. Commenta la nuova stima di Dong et al. in “Chronic oiling in global oceans” che quasi raddoppia il contributo “antropogenico” all’inquinamento tra il 2014 e il 2019, facendolo passare dal 50% al 94% di quello globale.
Riferimenti:
Laidre, K. L., Supple, M. A., Born, E. W., Regehr, E. V., Wiig, Ø., Ugarte, F., …Shapiro, B. (2022). Glacial ice supports a distinct and undocumented polar bear subpopulation persisting in late 21st-century sea-ice conditions. Science, 376(6599), 1333–1338. doi: 10.1126/science.abk2793
Immagine in apertura: di Susanne Miller, U.S. Fish and Wildlife Service
Pubblicato originariamente sul blog Ocasapiens il 18 giugno 2022