Tre specie, un arcipelago: l’enigma evolutivo delle iguane terrestri delle Galápagos

Un gruppo di scienziati guidati dai ricercatori del dipartimento di biologia dell’Università di Roma Tor Vergata gettano nuova luce sulla storia biogeografica e sullo stato di conservazione delle tre specie di iguane di terra delle Galápagos
Se qualche tempo fa ci eravamo occupati dell’intricata storia evolutiva delle testuggini giganti dell’isola di San Cristobal, isola della parte orientale dell’arcipelago, oggi il mistero da risolvere è quello delle iguane delle Galápagos, appartenenti a due generi, Conolophus e Amblyrhynchus, che popolano quasi tutto il resto di questo straordinario arcipelago.
Tre iguane terrestri, di cui una rosa
Nelle Galápagos, a parte l’iguana marina Amblyrhynchus cristatus, troviamo ben tre specie di iguane terrestri: C. subcristatus, la specie più diffusa; C. pallidus, che è possibile trovare solo sulla piccola isola di Santa Fe; e C. marthae, la rarissima iguana rosa, osservabile solo in una piccola porzione settentrionale dell’isola di Isabela, esclusivamente in cima a un vulcano. Esatto, avete letto bene: un’iguana rosa.
Le Galápagos, lo aveva già capito Darwin, sono isole speciali, e se proprio deve esistere un’iguana rosa, non poteva che essere qui. Chissà se però il naturalista britannico si è interrogato sulla storia biogeografica di queste specie, una storia che tuttora è fortemente permeata da dubbi. Per esempio, C. pallidus è da considerarsi una specie a sé, endemica dell’isola di Santa Fe, oppure fa parte della più diffusa C. subcristatus? E come e perché la straordinaria iguana rosa è limitata a una sola porzione a nord dell’isola di Isabela?
Un’indagine evolutiva tra geologia e genetica
A queste domande ha tentato di rispondere un team di scienziati di diversi paesi guidati da ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Molecular Phylogenetics and Evolution.
Innanzitutto vi è una difficoltà non di poco conto. Sull’isola non sono stati ancora trovati fossili utili alla calibrazione della filogenesi di questi animali. La natura vulcanica e quindi estremamente dinamica di questo arcipelago ne rende difficile la preservazione. Si potrebbe volgere lo sguardo ai fossili degli antenati delle iguane delle Galápagos, ma più ci si allontana nel tempo e più questi dati perdono di funzionalità nel delineare gli snodi del passato recente di queste specie.
Un’idea può essere quella di utilizzare i dati relativi alla nascita delle varie isole dell’arcipelago, ma solo se si dà per scontato che le varie specie di iguana si siano separate l’una dalle altre dopo l’emersione dell’isola che tuttora abitano. Una speciazione allopatrica, che però non è detto sia effettivamente avvenuta.
Davanti a queste difficoltà, il team di scienziati ha scelto di utilizzare una sorta di tecnica mista, svolgendo delle analisi filogenomiche che sfruttano la conoscenza del tasso di mutazione stimato genericamente nelle lucertole da un altro studio (Perry et al., 2018) e della storia geologica dell’arcipelago.

Le scoperte principali
Circa 10 milioni di anni fa, l’antenato in comune tra le iguane delle Galápagos (sia marine che terrestri) colonizzò le isole, per poi separarsi dando vita agli antenati dei due generi, Conolophus e Amblyrhynchus.
L’iguana rosa, C. marthae, sembra essersi separata per prima dalla più comune C. subcristatus, circa 570 mila anni fa, il che corrisponde all’emergere dell’isola di Isabela, avvenimento datato tra 500 e 800 mila anni fa. Alcuni esemplari dell’antenato in comune di Conolophus si sono infatti trovati per diverse centinaia di migliaia di anni separati dagli altri, isolandosi riproduttivamente e diventando una specie a sé.
Anche oggi, pur condividendo lo stesso areale, sembra che le due specie non si incrocino; anzi, sembrano, per così dire, non andare affatto d’accordo. C. subcristatus è arrivata, pare, in un secondo momento sull’isola di Isabela, circa 100 mila anni fa, e ha impiegato migliaia di anni e molteplici generazioni per espandere il suo areale da sud verso nord. Facendolo, ipotizzano gli scienziati, sembra aver iniziato a competere per le risorse con l’iguana rosa, C. marthae. Infatti, negli ultimi 5-10 mila anni quest’ultima è calata drasticamente nel numero di individui ed ora occupa una piccola porzione settentrionale dell’isola con circa 200 individui. Nel medesimo lasso di tempo, C. subcristatus è aumentata gradualmente.
La speciazione di C. pallidus
Più recente è la separazione di C. pallidus da C. subcristatus. Per gli scienziati si aggira attorno ai 90 mila anni fa, quando l’isola di Santa Fe già esisteva da circa 3 milioni di anni. Vista la scarsa capacità di queste iguane di disperdersi nuotando (a differenza delle cugine marine che si trovano lungo le coste di tutte le isole), gli scienziati ipotizzano che un occasionale e temporaneo ponte di terra abbia permesso a una piccola popolazione di C. subcristatus di raggiungere Santa Fe per poi rimanervi “intrappolata”.
L’intensa deriva genetica su una piccola popolazione che ne è seguita ha portato alla speciazione di C. pallidus, che ora si può trovare, per l’appunto, esclusivamente su questa isola con una popolazione di circa 5000 individui.
Dimensione effettiva di popolazione e conservazione
A questo punto, gli autori dello studio hanno poi misurato la dimensione effettiva delle popolazioni, un parametro diverso dal numero reale di individui che costituiscono questi gruppi. La dimensione effettiva di una popolazione infatti misura quanto gli individui all’interno di una popolazione sono diversi geneticamente l’uno dall’altro.
Un numero basso di questo parametro significherà che gli individui sono tutti molto simili dal punto di vista genetico e che quindi la popolazione risulta più fragile ai cambiamenti del proprio ambiente, poiché è nella variabilità genetica che ogni specie trova il carburante per far fronte alle sfide che le riserva il futuro.
E queste popolazioni di iguane non se la passano troppo bene: l’iguana rosa ha una dimensione effettiva di circa 50, che unita ai soli 200 individui da cui è composta la popolazione, colloca questa specie tra quelle gravemente a rischio di estinzione, come già segnalato nella Red List della IUCN.
C. pallidus ha una bassa diversità: la sua dimensione effettiva di popolazione è infatti di circa 1500 su una popolazione praticamente tre volte più grande. Risultato della sua storia evolutiva e dell’effetto collo di bottiglia, dicono gli autori dello studio, al quale la specie è andata incontro rimanendo intrappolata sulla piccola isola di Santa Fe. Sta di fatto che questa bassa variabilità la espone maggiormente ai rischi connessi ai cambiamenti del suo habitat.
E C. subcristatus? Con 10.000 individui sparsi su più isole, sembra cavarsela meglio delle altre due specie congeneriche. Alcune popolazioni localmente soffrono, ma quella dell’isola di Isabela tutto sommato gode di una buona variabilità genetica.
Perché la diversità genetica conta
La variabilità genetica, intesa come diversità genetica all’interno di una popolazione tra un individuo e l’altro, è importante perché le sfide per queste iguane sono molteplici: la presenza dell’uomo e degli animali da lui introdotti — capre e gatti, volontariamente; topi, involontariamente — rappresentano fattori che inevitabilmente interferiscono con la sopravvivenza di queste iguane.
Grazie a studi come questo possiamo conoscere la storia e, cosa ancora più importante, la dimensione di popolazione effettiva di queste specie: due elementi decisivi per attuare programmi di conservazione mirati e di successo.
Riferimenti:
Paradiso C, Gratton P, Trucchi E, López-Delgado J, Gargano M, Garizio L, Carr IM, Colosimo G, Sevilla C, Welch ME, Firdaus-Raih M, Noor Mat-Isa M, Goodman SJ, Gentile G. Genomic insights into the biogeography and evolution of Galápagos iguanas. Mol Phylogenet Evol. 2025 Mar;204:108294. doi: 10.1016/j.ympev.2025.108294. Epub 2025 Jan 27. PMID: 39880223.
Immagine in apertura: ChatGPT

Mi sono laureato in Biologia Evoluzionistica all’Università degli Studi di Padova. Ho scritto per OggiScienza e sono attivo nel campo della divulgazione scientifica. Ho creato e dirigo il progetto di divulgazione scientifica multipiattaforma “Just a Story”