Il “dilemma del Sivapithecus”

Il fossile di un ominide vissuto nel Miocene pone nuovi interrogativi sulla storia evolutiva delle scimmie antropomorfe

Un nuovo ritrovamento fossile riaccende il dibattito attorno al complicato albero evolutivo degli Ominidi. Protagonista è Sivapithecus, vissuto nel Miocene, tra i 12 e i 7,5 milioni di anni fa. I fossili di Sivapithecus, scoperti sulle montagne del Sivalik (da cui il nome del genere), la catena più meridionale dell’Himalaya, sono stati assegnati finora ad almeno tre specie distinte (indicus, parvada e sivalensis), alle quali si aggiunge una quarta, ritenuta possibile (simonsis). Al genere Sivapithecus vengono oggi ricondotti anche i fossili classificati, fino agli anni ’80, come Ramapithecus. In passato Sivapithecus veniva collocato da alcuni all’inizio della divergenza alla base del ramo evolutivo delle Homininae, quindi dello stesso uomo. Ad un’analisi più attenta, tuttavia, molti studiosi hanno iniziato a intravedere in questo ominide un antenato degli attuali oranghi e a porlo, quindi, sul lato opposto della divergenza che ha separato queste scimmie dai gorilla, dagli scimpanzé e dall’uomo.

Ma alcune domande rimangono ancora senza risposta. Tanto da far  parlare gli autori di una nuova scoperta, pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences, di “dilemma del Sivapithecus”. In questo studio viene descritto un nuovo fossile, portato alla luce in Pakistan in una località sulle montagne del Sivalik. Dalla morfologia del fossile, un osso iliaco incompleto, probabilmente di una femmina di S. indicus, datato a 12,3 milioni di anni fa, gli autori hanno dedotto diverse informazioni sull’anatomia dello scheletro postcraniale e sulla posizione assunta da questo primate durante la locomozione.

Il dilemma emerge proprio dalla ricostruzione dell’anatomia e dei movimenti di Sivapithecus e dal confronto sia con le attuali scimmie del Vecchio Mondo che con altre specie di ominidi fossili del Miocene. Tra le scimmie del Vecchio Mondo si possono individuare due gruppi, distinti per l’anatomia dello scheletro postcraniale, in particolare per la morfologia del tronco. Le scimmie non antropomorfe, come i babbuini e i macachi, possiedono un tronco relativamente stretto rispetto a quello, più largo, delle grandi scimmie antropomorfe, come gorilla, oranghi e scimpanzé.  Alla differenza nell’anatomia del tronco si associa quella nella postura assunta durante i movimenti. Nel caso delle scimmie non antropomorfe questa è pronograda, ovvero l’asse del corpo si mantiene parallelo al piano su cui l’animale si sposta. Le grandi scimmie esibiscono, invece, una posizione più simile a quella ortograda, completamente eretta, tipica dell’uomo. Per esempio, la posizione assunta dai gorilla durante la loro tipica camminata sulle nocche, pur non essendo eretta, si distingue da quella pronograda. 

L’analisi dell’osso iliaco di Sivapithecus dimostra che esso appartiene a un primate dal tronco stretto e dalla postura pronograda, dunque più vicino alle scimmie non antropomorfe. Anche l’anatomia dello scheletro postcraniale, nel complesso, non sembra avvicinare Sivapithecus a nessuna delle grandi scimmie esistenti. Eppure, diverse caratteristiche dello scheletro facciale e palatale, così come si evincono da altri ritrovamenti fossili, sono più compatibili con quelle dell’odierno orango.

La difficoltà nello stabilire le esatte relazioni evolutive di Sivapithecus con gli attuali Hominoidea (la superfamiglia che comprende l’uomo, le grandi scimmie e i gibboni) riguarda anche altre specie di ominidi del Miocene, che mostrano di avere caratteristiche anatomiche simili a quelle dei loro possibili discendenti attuali. In conclusione gli autori scrivono che per accertare la posizione filogenetica di Sivapithecus saranno necessari contributi provenienti da più campi di ricerca. Oltre a cercare di portare alla luce nuovi fossili in Africa e in Asia, si dovranno definire meglio i tempi con cui si è svolta la radiazione evolutiva degli Hominoidea, a partire dal Miocene.  La ricerca nel campo della genomica, attraverso lo studio dello sviluppo del cranio e delle ossa del tronco, aiuterà a stabilire se le diverse somiglianze morfologiche siano frutto di convergenze evolutive o se costituiscono vere omologie, ovvero espressione di caratteri condivisi insieme a un antenato comune.

Riferimenti:
Morgan, Lewton, Kelley et al. A partial hominoid innominate from the Miocene of Pakistan: Description and preliminary analyses. PNAS. doi: 10.1073/pnas.1420275111

Credit image: Morgan et al. PNAS. doi: 10.1073/pnas.1420275111