Il genoma dei primi Sapiens europei, tra antenati neandertaliani e discendenti asiatici
I più antichi uomini moderni che hanno abitato l’Europa, vissuti circa 45.000 anni fa, hanno contribuito a formare il patrimonio genetico degli umani attuali, in particolare delle popolazioni dell’Asia orientale. E nei loro genomi sono emersi ampi tratti di DNA dell’Uomo di Neandertal
I primi Sapiens europei hanno contribuito alla formazione del patrimonio genetico delle popolazioni umane successive, in particolare – sorprendentemente – degli attuali abitanti dell’Asia orientale. Lo ha scoperto un team di ricerca internazionale sequenziando i genomi dei più antichi uomini moderni che hanno abitato l’Europa, i cui resti – datati con altissima precisione – risalgono a circa 45.000 anni fa e sono stati rinvenuti nella grotta di Bacho Kiro, in Bulgaria. Nei genomi sequenziati, inoltre, gli studiosi hanno identificato ampi tratti di DNA dell’Uomo di Neandertal, da cui emerge che questi Sapiens avevano avuto antenati Neandertaliani nel loro albero genealogico, tra 5 e 7 generazioni precedenti.
Gli incroci tra Sapiens e Neandertal erano quindi probabilmente molto frequenti quando i primi esseri umani moderni arrivarono in Europa. Questi importanti risultati – appena pubblicati su Nature – nascono da un ampio lavoro di ricerca, coordinato da studiosi del National Archaeological Institute with Museum – Bulgarian Academy of Sciences (Bulgaria) e del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology (Germania), a cui ha collaborato anche l’Università di Bologna con la professoressa Sahra Talamo, direttrice del nuovo laboratorio di radiocarbonio BRAVHO (Bologna Radiocarbon laboratory devoted to Human Evolution).
I PRIMI SAPIENS EUROPEI
I resti umani studiati sono stati rinvenuti lo scorso anno in Bulgaria, nella grotta di Bacho Kiro. Gli individui più antichi trovati nella grotta sono stati datati direttamente al radiocarbonio, con una precisione altissima, tra 43.000 e 46.000 anni fa, e rappresentano quindi la prima dispersione conosciuta degli esseri umani moderni nelle medie latitudini dell’Eurasia. In particolare, il gruppo di ricerca ha sequenziato i genomi di cinque individui tra quelli rinvenuti a Bacho Kiro. Di questi, quattro risalgono al periodo più antico – tra 43.000 e 46.000 anni fa – e sono stati trovati insieme a strumenti litici appartenenti alla fase iniziale del Paleolitico superiore, la prima cultura associata agli esseri umani moderni in Eurasia. Il quinto individuo risale invece a circa 35.000 anni fa ed è stato trovato insieme a strumenti litici di un periodo successivo.
DALL’EUROPA ALL’ASIA E OLTRE
Fino ad oggi, gli studiosi ritenevano che i primi Sapiens arrivati in Europa nella fase iniziale del Paleolitico superiore si fossero estinti senza contribuire geneticamente agli esseri umani moderni arrivati in seguito. Dal confronto tra i genomi sequenziati e quelli di individui vissuti più tardi in Europa e in Asia, è però emerso che i più antichi individui che abitarono la grotta di Bacho Kiro, o gruppi strettamente legati a loro, hanno in effetti contribuito a formare il nostro patrimonio genetico. Un contributo che, sorprendentemente, si trova in particolare nelle popolazioni americane e dell’Asia orientale, piuttosto che in Europa. Questi legami con l’Asia, del resto, si possono ritrovare anche negli strumenti litici e negli ornamenti della fase iniziale del Paleolitico superiore trovati nella grotta di Bacho Kiro, che mostrano somiglianze con strumenti e gioielli risalenti allo stesso periodo rinvenuti in una vasta area che dall’Eurasia arriva fino all’attuale Mongolia.
UNA STORIA COMPLESSA
Un altro elemento significativo è emerso poi dal genoma del quinto individuo analizzato, quello risalente a circa 35.000 anni fa. L’analisi genetica ha infatti mostrato che questo Sapiens apparteneva a un gruppo geneticamente distinto dagli altri quattro, che avevano abitato la grotta di Bacho Kiro diecimila anni prima. Un risultato che indica come la storia dell’arrivo degli esseri umani moderni in Europa potrebbe essere stata particolarmente complessa, con diversi gruppi distinti che si sono succeduti sostituendosi uno all’altro. “Questi risultati sorprendenti sono stati ottenuti anche grazie ai significativi miglioramenti dell’accuratezza della datazione al radiocarbonio e della risoluzione genetica dei resti umani, che hanno portato ad una ricostruzione cronologica più accurata e di conseguenza ad una migliore comprensione delle vicende di queste antiche popolazioni”, spiega la professoressa Sahra Talamo. “Questo lavoro dimostra ancora una volta l’importanza di ottenere una datazione diretta sui resti umani, che ci permette di migliorare in modo significativo la ricostruzione cronologica delle origini della nostra storia”.
PARENTI NEANDERTALIANI
Oltre ai legami genetici tra i primi Sapiens europei e i loro discendenti lontani, gli studiosi hanno poi analizzato le relazioni con altri umani che invece erano loro contemporanei: i Neandertal. Trovando nei Sapiens di Bacho Kiro ampi tratti di DNA Neandertaliano. “Gli individui della grotta di Bacho Kiro hanno livelli di ascendenza neandertaliana più alti rispetto a quasi tutti gli altri Sapiens di epoche antiche finora studiati”, dice Mateja Hajdinjak, ricercatore al Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology e primo autore dello studio. “In particolare, la maggior parte di questo DNA Neandertaliano è presente in sequenze estremamente lunghe: un dato da cui possiamo ipotizzare che questi individui avevano antenati Neandertaliani tra 5 e 7 generazioni precedenti alla loro”. Ad oggi sono molto pochi i genomi sequenziati di esseri umani moderni vissuti in Eurasia nello stesso periodo in cui vivevano gli ultimi Neandertal. In quasi tutti quelli analizzati è però emersa la presenza di antenati Neandertaliani recenti. “Questi risultati suggeriscono che i primi esseri umani moderni arrivati in Eurasia si siano mescolati spesso con i Neandertal”, aggiunge il professor Svante Pääbo del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, che ha coordinato la ricerca genetica. “Tanto che primi gruppi di Sapiens europei potrebbero essere stati del tutto assorbiti dalle popolazioni Neandertaliane residenti, e solo l’arrivo successivo di gruppi umani moderni più numerosi potrebbe aver permesso la loro diffusione in Europa a scapito dei Neandertal”.
I PROTAGONISTI DELLO STUDIO
Lo studio è stato pubblicato su Nature con il titolo “Initial Upper Palaeolithic humans in Europe had recent Neanderthal ancestry” e realizzato da un ampio gruppo internazionale di ricerca guidato da studiosi del National Archaeological Institute with Museum – Bulgarian Academy of Sciences (Bulgaria) e del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology (Germania). Unica italiana del gruppo è Sahra Talamo, professoressa al Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician” dell’Università di Bologna e direttrice del nuovo laboratorio di radiocarbonio BRAVHO (Bologna Radiocarbon laboratory devoted to Human Evolution). Attiva anche presso il Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, la professoressa Talamo è inoltre Principal Investigator del progetto di ricerca europeo RESOLUTION (ERC Starting Grant N. 803147), pensato per sviluppare set di dati di calibrazione al radiocarbonio ad alta risoluzione che permettano di ottenere datazioni in grado di fare luce sui periodi chiave della preistoria europea.
Riferimenti: Hajdinjak, Mateja, et al. “Initial Upper Palaeolithic humans in Europe had recent Neanderthal ancestry.” Nature, vol. 592, no. 7853, Apr. 2021, pp. 253-7, doi:10.1038/s41586-021-03335-3.
Fonte: Comunicato stampa
Immagine: scavi nella grotta di Bacho Kiro, di MPI-EVA/ Nikolay Zaheriev via Eurekalert
Gli incroci tra Sapiens e Neandertal erano quindi probabilmente molto frequenti quando i primi esseri umani moderni arrivarono in Europa. Questi importanti risultati – appena pubblicati su Nature – nascono da un ampio lavoro di ricerca, coordinato da studiosi del National Archaeological Institute with Museum – Bulgarian Academy of Sciences (Bulgaria) e del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology (Germania), a cui ha collaborato anche l’Università di Bologna con la professoressa Sahra Talamo, direttrice del nuovo laboratorio di radiocarbonio BRAVHO (Bologna Radiocarbon laboratory devoted to Human Evolution).
I PRIMI SAPIENS EUROPEI
I resti umani studiati sono stati rinvenuti lo scorso anno in Bulgaria, nella grotta di Bacho Kiro. Gli individui più antichi trovati nella grotta sono stati datati direttamente al radiocarbonio, con una precisione altissima, tra 43.000 e 46.000 anni fa, e rappresentano quindi la prima dispersione conosciuta degli esseri umani moderni nelle medie latitudini dell’Eurasia. In particolare, il gruppo di ricerca ha sequenziato i genomi di cinque individui tra quelli rinvenuti a Bacho Kiro. Di questi, quattro risalgono al periodo più antico – tra 43.000 e 46.000 anni fa – e sono stati trovati insieme a strumenti litici appartenenti alla fase iniziale del Paleolitico superiore, la prima cultura associata agli esseri umani moderni in Eurasia. Il quinto individuo risale invece a circa 35.000 anni fa ed è stato trovato insieme a strumenti litici di un periodo successivo.
DALL’EUROPA ALL’ASIA E OLTRE
Fino ad oggi, gli studiosi ritenevano che i primi Sapiens arrivati in Europa nella fase iniziale del Paleolitico superiore si fossero estinti senza contribuire geneticamente agli esseri umani moderni arrivati in seguito. Dal confronto tra i genomi sequenziati e quelli di individui vissuti più tardi in Europa e in Asia, è però emerso che i più antichi individui che abitarono la grotta di Bacho Kiro, o gruppi strettamente legati a loro, hanno in effetti contribuito a formare il nostro patrimonio genetico. Un contributo che, sorprendentemente, si trova in particolare nelle popolazioni americane e dell’Asia orientale, piuttosto che in Europa. Questi legami con l’Asia, del resto, si possono ritrovare anche negli strumenti litici e negli ornamenti della fase iniziale del Paleolitico superiore trovati nella grotta di Bacho Kiro, che mostrano somiglianze con strumenti e gioielli risalenti allo stesso periodo rinvenuti in una vasta area che dall’Eurasia arriva fino all’attuale Mongolia.
UNA STORIA COMPLESSA
Un altro elemento significativo è emerso poi dal genoma del quinto individuo analizzato, quello risalente a circa 35.000 anni fa. L’analisi genetica ha infatti mostrato che questo Sapiens apparteneva a un gruppo geneticamente distinto dagli altri quattro, che avevano abitato la grotta di Bacho Kiro diecimila anni prima. Un risultato che indica come la storia dell’arrivo degli esseri umani moderni in Europa potrebbe essere stata particolarmente complessa, con diversi gruppi distinti che si sono succeduti sostituendosi uno all’altro. “Questi risultati sorprendenti sono stati ottenuti anche grazie ai significativi miglioramenti dell’accuratezza della datazione al radiocarbonio e della risoluzione genetica dei resti umani, che hanno portato ad una ricostruzione cronologica più accurata e di conseguenza ad una migliore comprensione delle vicende di queste antiche popolazioni”, spiega la professoressa Sahra Talamo. “Questo lavoro dimostra ancora una volta l’importanza di ottenere una datazione diretta sui resti umani, che ci permette di migliorare in modo significativo la ricostruzione cronologica delle origini della nostra storia”.
PARENTI NEANDERTALIANI
Oltre ai legami genetici tra i primi Sapiens europei e i loro discendenti lontani, gli studiosi hanno poi analizzato le relazioni con altri umani che invece erano loro contemporanei: i Neandertal. Trovando nei Sapiens di Bacho Kiro ampi tratti di DNA Neandertaliano. “Gli individui della grotta di Bacho Kiro hanno livelli di ascendenza neandertaliana più alti rispetto a quasi tutti gli altri Sapiens di epoche antiche finora studiati”, dice Mateja Hajdinjak, ricercatore al Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology e primo autore dello studio. “In particolare, la maggior parte di questo DNA Neandertaliano è presente in sequenze estremamente lunghe: un dato da cui possiamo ipotizzare che questi individui avevano antenati Neandertaliani tra 5 e 7 generazioni precedenti alla loro”. Ad oggi sono molto pochi i genomi sequenziati di esseri umani moderni vissuti in Eurasia nello stesso periodo in cui vivevano gli ultimi Neandertal. In quasi tutti quelli analizzati è però emersa la presenza di antenati Neandertaliani recenti. “Questi risultati suggeriscono che i primi esseri umani moderni arrivati in Eurasia si siano mescolati spesso con i Neandertal”, aggiunge il professor Svante Pääbo del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, che ha coordinato la ricerca genetica. “Tanto che primi gruppi di Sapiens europei potrebbero essere stati del tutto assorbiti dalle popolazioni Neandertaliane residenti, e solo l’arrivo successivo di gruppi umani moderni più numerosi potrebbe aver permesso la loro diffusione in Europa a scapito dei Neandertal”.
I PROTAGONISTI DELLO STUDIO
Lo studio è stato pubblicato su Nature con il titolo “Initial Upper Palaeolithic humans in Europe had recent Neanderthal ancestry” e realizzato da un ampio gruppo internazionale di ricerca guidato da studiosi del National Archaeological Institute with Museum – Bulgarian Academy of Sciences (Bulgaria) e del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology (Germania). Unica italiana del gruppo è Sahra Talamo, professoressa al Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician” dell’Università di Bologna e direttrice del nuovo laboratorio di radiocarbonio BRAVHO (Bologna Radiocarbon laboratory devoted to Human Evolution). Attiva anche presso il Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, la professoressa Talamo è inoltre Principal Investigator del progetto di ricerca europeo RESOLUTION (ERC Starting Grant N. 803147), pensato per sviluppare set di dati di calibrazione al radiocarbonio ad alta risoluzione che permettano di ottenere datazioni in grado di fare luce sui periodi chiave della preistoria europea.
Riferimenti: Hajdinjak, Mateja, et al. “Initial Upper Palaeolithic humans in Europe had recent Neanderthal ancestry.” Nature, vol. 592, no. 7853, Apr. 2021, pp. 253-7, doi:10.1038/s41586-021-03335-3.
Fonte: Comunicato stampa
Immagine: scavi nella grotta di Bacho Kiro, di MPI-EVA/ Nikolay Zaheriev via Eurekalert