Il grande ‘occhio’ dei ricci di mare
Napoli, 2 maggio 2011 Verrà pubblicata nella settimana dal 2 al 9 maggio nell’ EARLY EDITION di PNAS, l’edizione on line della prestigiosa rivista scientifica americana (Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America), la ricerca condotta con la partecipazione della dott.ssa Maria Ina Arnone del Laboratorio di Biologia Cellulare e dello Sviluppo della Stazione […]
Napoli, 2 maggio 2011
Verrà pubblicata nella settimana dal 2 al 9 maggio nell’ EARLY EDITION di PNAS, l’edizione on line della prestigiosa rivista scientifica americana (Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America), la ricerca condotta con la partecipazione della dott.ssa Maria Ina Arnone del Laboratorio di Biologia Cellulare e dello Sviluppo della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, sul peculiare meccanismo di percezione della luce dei ricci marini.
Uno studio che ha portato a nuove e sorprendenti scoperte sulla struttura e sul funzionamento del sistema fotoricettivo in questi echinoidi, laddove decine di migliaia di cellule fotorecettore, solo ora identificate, distribuite nei pedicelli ambulacrali del riccio di mare, fungerebbero nel loro insieme da enorme “occhio” dell’animale marino.
Nonostante fosse infatti evidente la sensibilità dei ricci di mare alla luce e alle variazioni d’intensità della stessa, la questione della fotosensibilità in questi animali, che non posseggono un sistema nervoso centrale né alcuna struttura che assomigli ad un occhio, è sempre stata un enigma e le ipotesi formulate in passato si sono presto rivelate errate o mai sufficientemente dimostrate.
Studiando a livello genico e proteico le opsine, molecole responsabili della percezione della luce nella cellula – grazie al sequenziamento del genoma del riccio di mare – si è arrivati a stabilire la presenza in questi animali di un vastissimo repertorio di opsine che potrebbero svolgere diverse funzioni come recettori della luce. Più recentemente, mediante un anticorpo specificamente generato contro una di queste opsine, la Sp-Opsin4, è stato identificato un nuovo tipo di cellula fotorecettore (PRCs) localizzata appunto all’estremità dei pedicelli ambulacrali del riccio: gli stessi che, come dice il nome, permettono all’animale marino di spostarsi e di “tastare” l’ambiente esterno.
Maria Ina Arnone e un gruppo di morfologi tedeschi (la Dott.ssa Esther Ullrich-Luter e il Prof. Harald Hausen, dell’ Università di Bonn) hanno caratterizzato strutturalmente questi putativi fotorecettori, che risultano essere molto numerosi nell’adulto di riccio di mare (circa 100 cellule fotorecettore per pedicello che, moltiplicate per i circa 2000 pedicelli di un animale adulto, corrispondono a un totale di circa 200.000 cellule fotorecettore per riccio adulto).
Dalla loro ultra-struttura al microscopio elettronico è risultato, sorprendentemente, che tali cellule – che presentano una chiara connessione nervosa – non posseggono cellule pigmentate associate ad esse, il che pone una domanda molto interessante sul loro funzionamento in particolare riguardo alla capacità dell’animale di distinguere la direzione della luce: i ricci di mare infatti – come evidenziano gli esperimenti comportamentali condotti – mostrano una chiara reazione fotofobica, spostandosi, se sottoposti a una stimolazione luminosa, in direzione opposta alla sorgente di luce.
I dati raccolti attraverso questo studio consentono ora di formulare un’ipotesi sui meccanismi di percezione della luce negli echinoidi assolutamente nuova, in base alla quale l’insieme di questi fotorecettori costituisce un grande “occhio composito” in grado di percepire il segnale luminoso, mentre lo scheletro dell’animale, opaco alla luce, funge da schermo permettendo al riccio di mare di stabilire la direzione della stessa.
Un notevole passo in avanti nella comprensione dunque del sistema di fotorecezione negli echinodermi che è anche un’importante elemento per superare il forte gap nelle nostre attuali conoscenze sull’evoluzione della funzione fotorecettiva tra animali protostomi (quali insetti e molluschi) e vertebrati (incluso l’uomo)
Riferimenti:
Esther M Ullrich-Lütera, Sam Dupontb, Enrique Arboledac, Harald Hausend, Maria Ina Arnone, Unique system of photoreceptors in sea urchin tube feet, PNAS doi: 10.1073/pnas.1018495108. Link