Il menù dell’uomo di Neanderthal
L’analisi isotopica del collagene di ominidi e animali dal sito di Goyet (Belgio) rivela la composizione della dieta tipica dell’uomo di Neanderthal, andando a mettere in discussione alcune convinzioni sulla sua alimentazione. E non solo
Negli ultimi anni, il termine paleodieta è stato sempre più riferito a regimi alimentari basati su una dieta quanto più simile a quella degli esseri umani prima della rivoluzione agricola. In realtà, di cosa si cibassero i nostri antenati è un argomento ancora molto incerto e lo studio della dieta, meglio delle diete, dei vari gruppi di ominidi è di fondamentale importanza nel comprendere come gli esseri umani primitivi si siano adattati ai territori in cui abitavano e nell’andare ad individuare le possibili cause che hanno portato Homo sapiens a prevalere sulle altre specie. Si è a lungo supposto, per esempio, che una delle ragioni dell’estinzione di Homo neanderthalensis fosse stata la sua dieta rigorosamente carnivora: durante le glaciazioni, la riduzione delle prede e la competizione con gli altri predatori avrebbe portato le popolazioni di questa specie ad un faticoso approvvigionamento del cibo e ad una conseguente posizione di debolezza nella competizione territoriale con H. sapiens.
Recentemente, la tesi che la dieta degli uomini di Neanderthal fosse esclusivamente basata sul consumo di carne è stata più volte confutata da diversi ritrovamenti e da analisi sempre più approfondite dei fossili (Pikaia ne ha parlato, per esempio, qui). Tuttavia, pur avendo dato dimostrazione del fatto che i Neanderthal si cibassero anche di vegetali, questi studi non hanno potuto indicare se questa alimentazione fosse abituale o saltuaria, né quanto incidesse nella dieta globale. Ora, un recente studio di un gruppo di paleontologi del Senckenberg Center for Human Evolution and Palaeoenvironment (HEP) di Tubinga è riuscito a quantificare l’apporto medio di alimenti di origine vegetale nella dieta di Homo neanderthalensis.
Il professor Bocherens e i suoi collaboratori, in realtà, avevano come scopo primario quello di determinare, con la maggior precisione possibile, gli animali di cui gli uomini di Neanderthal – o, quantomeno, quelli da loro studiati – si nutrivano. Per poterlo stabilire, hanno analizzato i ritrovamenti del sito noto come “Troisième caverne” a Goyet, in Belgio. Qui si trova uno dei più grandi giacimenti di fossili databili attorno ai 45-40.000 anni fa, comprendente i resti di ominidi e di numerosi animali, tra cui mammut, rinoceronti lanosi, cavalli selvatici, renne, bisonti europei, iene delle grotte, orsi, leoni e lupi. Analizzando il collagene – una componente organica essenziale del tessuto connettivo, presente nelle ossa, nei denti, nella cartilagine, nei tendini, nei legamenti e nella pelle – di tutte le specie rinvenute, i ricercatori hanno potuto stabilire, con un margine d’errore molto limitato, quali prede, e in che misura, facessero abitualmente parte della dieta di un determinato predatore.
L’analisi si basa sul fatto che la composizione isotopica del collagene, in particolare per quanto riguarda gli isotopi più stabili di azoto e carbonio, varia a seconda della dieta seguita nel lungo periodo. Misurando la concentrazione di isotopi di azoto e carbonio nel collagene si può quindi determinare se l’individuo in questione si nutriva di piante o di animali. Non solo, è possibile anche stabilire quali piante mangiasse un determinato erbivoro e di quali precise prede si nutrisse un determinato carnivoro.
Si è scoperto così che, mentre i predatori occupavano una nicchia ben precisa, preferendo di norma prede relativamente piccole, come renne, cavalli selvaggi o bisonti della steppa, gli uomini di Neanderthal si sono nutriti principalmente di grandi erbivori, quali mammut e rinoceronti lanosi. Questa evidenza sembra sconfessare la convinzione che fossero in competizione con altri predatori nell’approvvigionamento del cibo. I dati ricavati dalle analisi fanno inoltre pensare che una parte consistente della loro dieta, circa il 20%, si basasse probabilmente su alimenti di origine vegetale. Dal momento che la composizione del collagene è influenzata dall’alimentazione relativa ad un periodo di tempo di alcuni anni, questi risultati escluderebbero che piante e altri alimenti di origine vegetale fossero nutrimenti saltuari.
L’implicazione più importante, tuttavia, sarebbe quella che deriva dal fatto che Homo neanderthalensis risulta essere il principale consumatore di carne di mammut, ad un livello che rende inconciliabile la teoria che recuperasse i resti avanzati da altri cacciatori. Ne conseguirebbe che, al contrario di quanto si pensasse fino ad ora, quest’uomo delle caverne dovesse essere a tutti gli effetti un cacciatore attivo di questi enormi mammiferi. Questa rivelazione, come anche le precedenti, vanno a mettere in dubbio la teoria che la dieta dei nostri parenti sia stata effettivamente così determinante nel condurre questa specie all’estinzione: la disponibilità a seguire diversi regimi alimentari e la competenza nella caccia ai mammut e ad altri grandi erbivori avrebbero permesso, in teoria, agli uomini di Neanderthal di adattarsi a situazioni e condizioni climatiche mutevoli.
Riferimenti:
Riferimento:
Isotopic evidence for dietary ecology of late Neandertals in North-Western Europe. Quaternary International, 2015; DOI:10.1016/j.quaint.2015.09.091
Immagine: Joseph Smit [Public domain], attraverso Wikimedia Commons