Il pianeta sostenibile: Gaia 2.0 è possibile?

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Una nuova ricerca mette in luce come l’Ipotesi Gaia possa rappresentare un esempio per raggiungere un uso sostenibile delle risorse e per ristabilire l’equilibrio dei cicli biologici alterati


Per quasi mezzo secolo l’Ipotesi Gaia ha fornito un punto di vista per comprendere come la vita si sia evoluta sulla Terra. Secondo la teoria formulata negli anni ’70 da Lovelock e Margulis, le componenti organica ed inorganica del pianeta si sarebbero evolute insieme, in un unico sistema autoregolato in grado di controllare la temperatura globale e la composizione dell’atmosfera mantenendo il pianeta stesso abitabile.

Secondo una ricerca svolta dal professor Lenton dell’Università di Exeter e dal sociologo della scienza Latour e pubblicata su Science, gli esseri umani avrebbero oggi le potenzialità per effettuare un “upgrade” del sistema Gaia e raggiungere un nuovo stato, chiamato “Gaia 2.0”.

La Terra attraversa un’epoca – il cosiddetto Antropocene – in cui le persone stanno iniziando ad acquisire consapevolezza delle conseguenze che le proprie azioni comportano a livello globale, inclusi i cambiamenti climatici. È così che una nuova forma, intenzionale, di autoregolazione diventa possibile, nella misura in cui l’uomo opera in modo da limitare il proprio impatto sul pianeta, creando un’economia circolare che, come la biosfera, si basa sul riciclo dei materiali alimentato da energia sostenibile. Per creare Gaia 2.0 è necessario comprendere le peculiarità di Gaia e da esse imparare.

I cicli di energia e nutrienti che avvengono sulla superficie terrestre, per esempio, dipendono tutti da un continuo riciclo dei materiali alimentato dall’energia solare, che “entra in circolo” grazie alla fotosintesi svolta dagli organismi autotrofi. Il riciclo è costruito a partire dai prodotti del metabolismo: lo scarto di un organismo diventa cibo per un altro. I partecipanti ad un ciclo simile non basano la loro sopravvivenza su ciò che può giungere dall’esterno, bensì sulla propria efficienza nel riutilizzare le risorse.

A questo sistema virtuoso si contrappone lo stato della cosiddetta tecnosfera: attualmente l’uomo utilizza innovazioni e tecnologie per estrarre energia fossile ed altri materiali naturali più rapidamente di quanto essi impiegherebbero a giungere in superficie, per poi gettare i rifiuti nel territorio, in atmosfera e nell’oceano. Prendere esempio da Gaia significherebbe progettare ed incentivare il passaggio ad un’economia circolare, in cui i rifiuti diventino risorse utili per creare nuovi prodotti e in cui si utilizzino più risorse rinnovabili.

All’interno di Gaia entrano in gioco diversi meccanismi: nella regolazione del clima, per esempio, possono essere fisici, chimici e biologici ed essere molto differenti a seconda che si consideri una scala temporale più o meno ampia. Ciò che risulta evidente è che si tratta di meccanismi di regolazione più “grezzi” rispetto a quelli estremamente efficienti che guidano il riciclo dei materiali. Le recenti fasi glaciali e interglaciali indicano che il sistema climatico può essere piuttosto instabile e sensibile all’interferenza umana, come dimostrato dall’incremento della CO2 in atmosfera. La sfida di Gaia 2.0 dev’essere quella di ristabilire da un lato un equilibrio climatico, dall’altro il ciclo dei nutrienti che l’essere umano sta alterando quasi più del ciclo del carbonio.

Intervenire secondo le modalità suggerite dagli autori della ricerca permetterebbe al sistema Gaia di recuperare ed acquisire proprietà che lo aiutino a stabilizzarsi e mantenersi “sano” nel tempo: ideare soluzioni che trasformino i cambiamenti globali che l’uomo sta provocando è uno degli obiettivi chiave del Global System Institute dell’Università di Exeter.


Riferimenti:
Timothy M. Lenton, Bruno Latour. Gaia 2.0. Science, 2018; 361 (6407): 1066-1068. DOI: 10.1126/science.aau0427