Il più piccolo dei più grandi: quanto pesava l’elefante nano?
Rivelato il peso dell’elefante nano Palaeoloxodon falconeri, vissuto in Sicilia durante il Pleistocene medio e inferiore
Durante il Pleistocene medio e inferiore (da 700 a 300 mila anni fa circa) la Sicilia era un luogo profondamente diverso da quello al quale oggi siamo abituati. Un braccio di mare la attraversava, separandola in due isole: una a Nord formata dalle catene montuose Madonie, Nebrodi e Peloritani e una a Sud costituita dal Plateau Ibleo. Un ambiente ricco di acque dolci e costellato da boschi, probabilmente querceti, abitato da animali insoliti come il ghiro gigante Leithia melitensis (dalle sorprendenti dimensioni di un coniglio) e Tyto mourerchauvireae, un barbagianni di notevoli dimensioni e indiscusso predatore al vertice di questo ecosistema.
Muovendoci in questo ambiente così diverso da quello attuale, saremmo rimasti colpiti da una specie in particolare: un elefante nano di appena un metro di altezza al garrese. Questo elefante, Palaeoloxodon falconeri, è, molto probabilmente, il più estremo delle decine di specie nane insulari di proboscidati estinte finora note alla scienza. Più volte, nel corso della storia, gli elefanti sono andati incontro ad una riduzione di taglia, una volta raggiunte le isole, diventando un classico di studio per la biologia evoluzionistica interessata a fare luce sui peculiari meccanismi che concorrono al fenomeno dei nanismi e gigantismi insulari.
P. falconeri è sicuramente una delle più spettacolari testimonianze di questo processo: il suo antenato di terraferma, Palaeoloxodon antiquus, era un elefante di ben 4 metri di altezza al garrese e circa 10-13 tonnellate di peso. Ma se, grazie ai ricchi giacimenti fossiliferi siciliani, conosciamo le dimensioni corporee con un alto grado di accuratezza, la stessa cosa non si può dire per la massa corporea e quindi per il peso.
Per calcolare queste due informazioni nelle specie estinte, infatti, vengono utilizzate numerose formule di regressione basate sulla comparazione di specifiche ossa di questi animali (come ad esempio lunghezza e diametro delle ossa lunghe) con le omologhe degli animali viventi più prossimi a loro. Ma quando si verificano drastici fenomeni evolutivi, come nel caso di P. falconeri, le marcate differenze anatomiche che intercorrono tra la specie estinta e quella più prossima vivente possono portare a considerevoli errori di stima della massa corporea, fondamentale per trarre conclusioni sulla postura, l’andatura, il metabolismo, la capacità di mantenere il calore corporeo e molti altri aspetti biologici ed ecologici dell’animale.
In uno studio pubblicato sulla rivista Historical Biology, un team di ricercatori italiani ha deciso di indagare la massa corporea di questa specie con tecniche più moderne di quelle utilizzate in precedenza in altri studi. Nulla sarebbe stato possibile senza i 4 scheletri ricostruiti e conservati presso il Museo Universitario di Scienze della Terra (MUST) dell’Università di Roma. Questi scheletri, rispettivamente di un cucciolo, di un sub-adulto e di due adulti di sesso differente, sono stati ricostruiti utilizzando le ossa rinvenute all’interno dei depositi fossiliferi siciliani.
I ricercatori, per prima cosa, hanno scattato centinaia di foto agli scheletri di elefante nano in modo da costruire dei modelli 3D fotogrammetrici in digitale accurati al millimetro. Questi modelli digitali sono stati accuratamente studiati in modo da individuare e correggere alcuni errori anatomici commessi in precedenza durante la costruzione degli scheletri fisici. Alcune parti risultavano infatti scorrette dal punto di vista biologico e biomeccanico, come l’orientamento della pelvi o la posizione dello sterno.
Una volta ottenuti dei modelli 3D anatomicamente corretti, le parti molli sono state modellate e scolpite sopra gli scheletri, ottenendo, al contempo, il volume dell’animale completo di muscoli e organi, e le prime immagini digitali di come sarebbe apparso P. falconeri in vita circa 500 mila anni fa.
Dando al volume la densità standard di 1000 kg/m3 (utilizzata già in precedenti studi) è stato possibile ricavare la massa corporea dei quattro animali. L’esemplare di maschio adulto è risultato avere un peso di quasi 250 kg, di molto superiore a quello della femmina adulta, di soli 150 kg. L’individuo sub-adulto è stato stimato pesare circa 40 kg mentre il cucciolo doveva sfiorare gli 8 kg.
Questi risultati sono differenti da quelli ottenuti con i metodi di comparazione con specie viventi e sicuramente più accurati dal punto di vista biologico, poiché calcolati grazie alla ricostruzione digitale “in-vivo” di questo straordinario animale. I risultati svelano pertanto un’ulteriore caratteristica di una specie così estrema e unica, una nuova tessera del puzzle da aggiungere a quelle già in possesso degli scienziati, sperando un giorno di ottenere un quadro completo, o quasi, che ci mostri come realmente viveva l’elefante nano P. falconeri e di comprendere maggiormente le ragioni della peculiare evoluzione di questo piccolo elefante con un gigantesco valore per la biologia evoluzionistica.
Riferimenti:
Marco Romano, Fabio Manucci & Maria Rita Palombo (2019) The smallest of the largest: new volumetric body mass estimate and in-vivo restoration of the dwarf elephant Palaeoloxodon ex gr. P. falconeri from Spinagallo Cave (Sicily), Historical Biology, DOI: https://doi.org/10.1080/08912963.2019.1617289
Immagine: Ghedoghedo / CC BY-SA, via Wikimedia Commons
Mi sono laureato in Biologia Evoluzionistica all’Università degli Studi di Padova. Ho scritto per OggiScienza e sono attivo nel campo della divulgazione scientifica. Ho creato e dirigo il progetto di divulgazione scientifica multipiattaforma “Just a Story”