Il primo rapporto sessuale della storia della vita

Il fossile di un pesce corazzato di 385 milioni di anni fa suggerisce una nuova ipotesi sull’evoluzione della riproduzione sessuale nei vertebrati

Perché si sia evoluto il sesso e perché abbia avuto così tanto successo in natura è uno dei temi più affascinanti della biologia evolutiva. In The Major Transitions in Evolution (1995) John Maynard Smith e Eörs Szathmáry collocano l’avvento della riproduzione sessuale tra i passaggi più importanti dell’evoluzione, al pari dell’origine della multicellularità o della comparsa delle cellule eucariote. 
Nella storia della vita il cammino dall’acqua verso la terraferma, un altro evento chiave, ha comportato anche la necessità di selezionare nuove strategie riproduttive che si adattassero al nuovo ambiente. Tra i vertebrati, tutt’oggi, si possono individuare due modalità principali di fecondazione, cioè di fusione tra gameti maschili e femminili. Nella fecondazione esterna, tipica dei vertebrati acquatici come i pesci, ad eccezione di quelli cartilaginei, e gli anfibi, il cui ciclo vitale si svolge in buona parte ancora in acqua, l’incontro tra spermatozoi e cellule uovo avviene nell’ambiente esterno, dove diffondono dopo essere stati rilasciati. Nella fecondazione interna, presente nella gran parte dei rettili, negli uccelli e nei mammiferi (e, peraltro, anche negli invertebrati terrestri), gli spermatozoi vengono introdotti nell’apparato riproduttivo femminile, dove avviene l’incontro con la cellula uovo.
Data l’origine acquatica dei vertebrati, si è sempre ritenuto, generalmente, che quella esterna fosse la modalità di fecondazione più antica e che la fecondazione interna potesse essersi evoluta da quella esterna, non il contrario. Ma una nuova scoperta, pubblicata su Nature, sembra stravolgere le tesi sull’origine e la storia della riproduzione sessuale nei vertebrati. Il protagonista è Microbrachius dicki, un piccolo pesce vissuto circa 380 milioni di anni fa, appartenente alla classe dei Placodermi, pesci dotati di corazza ossea.
Gli autori dello studio, esaminando alcuni fossili di Microbrachius, hanno evidenziato la presenza in alcuni esemplari di appendici ossee, mentre in altri hanno rilevato, nella stessa regione anatomica, una coppia di placche simili a lame. Secondo gli autori, queste strutture dovevano costituire gli apparati genitali, rispettivamente, maschile e femminile. L’appendice del maschio poteva ospitare, all’interno di un solco sulla sua superficie, un canale spermatico che veniva inserito tra le placche della femmina, introducendovi così lo sperma. Per accoppiarsi, probabilmente, il maschio e la femmina di Microbrachius si disponevano di lato, avvicinando l’uno verso l’altra i propri organi genitali. Sebbene strutture simili siano visibili anche in fossili di altre specie di Placodermi, quanto rinvenuto in Microbrachius dicki costituisce l’evidenza più importante della presenza di apparati genitali in questa classe di pesci primitivi ed è la testimonianza più antica, fino ad ora, di riproduzione tramite copulazione nei vertebrati. 
Questa scoperta ha notevoli implicazioni per la comprensione dei passaggi successivi dell’evoluzione della riproduzione sessuale nei vertebrati. Se la fecondazione interna era già presente nei Placodermi, ciò significa che la fecondazione esterna, praticata dalla maggior parte dei pesci ossei e dagli anfibi, deve essersi evoluta da quella interna. La fecondazione interna, inoltre, dopo essere comparsa per la prima volta nei Placodermi, potrebbe essere stata perduta, per poi riemergere altre volte lungo la linea che ha portato all’evoluzione dei pesci cartilaginei, come gli squali, e dei vertebrati terrestri.
Antonio Scalari
Riferimenti: 
John A. Long, Elga Mark-Kurik, Zerina Johanson, Michael S. Y. Lee, Gavin C. Young, Zhu Min, Per E. Ahlberg, Michael Newman, Roger Jones, Jan den Blaauwen, Brian Choo, Kate Trinajstic. Copulation in antiarch placoderms and the origin of gnathostome internal fertilization. Nature, 2014; DOI: 10.1038/nature13825