Il ruolo dell’uomo nell’estinzione del piccione migratore
Analisi genetiche effettuate su alcuni esemplari di piccioni migratori conservati nei musei, hanno cercato di far luce sul mistero della loro rapida estinzione: l’uomo e la selezione naturale ebbero probabilmente un ruolo fondamentale
Il piccione migratore (Ectopistes migratorius) si sarebbe estinto soprattutto a causa delle enormi dimensioni delle comunità nelle quali viveva, ed anche il ruolo dell’uomo fu determinante. E’ questa la conclusione alla quale sono arrivati Beth Shaphiro, professore di ecologia e di biologia evoluzionistica all’Università della California Santa Cruz, ed altri colleghi, che hanno pubblicato il loro studio su Science.
Si stima che prima della fine del XIX secolo il piccione migratore contasse circa 4 miliardi di individui, arrivando a costituire una tra le specie di vertebrati più numerose al mondo. In breve tempo però, la specie si estinse, e l’ultimo esemplare di Ectopistes migratorius, Martha, morì nel 1914 presso lo zoo di Cincinnati. Per lungo tempo i ricercatori si sono chiesti come sia stato possibile che una specie tanto numerosa, perfettamente adattata a vivere in gruppi molto cospicui, scomparve quasi improvvisamente.
La deforestazione e la caccia indiscriminata da parte dell’uomo (come passatempo ma anche e soprattutto come fonte di cibo) sono state a lungo additate come le principali cause dell’estinzione dell’animale, ma ancora non erano chiari i motivi del così rapido declino di questa specie. Già nel 2014, alcuni ricercatori della National Taiwan Normal University, tra i quali il biologo evoluzionista Wen- San Huang, avevano provato a dare risposta a tali perplessità studiando il DNA di quattro individui provenienti da collezioni museali.
Le analisi avevano sottolineato la presenza di una bassa variabilità genetica. Gli scienziati avevano concluso che i piccioni migratori erano sempre stati soggetti a fluttuazioni, ovvero continui alti e bassi nel numero degli individui della specie. La deforestazione e la caccia sarebbero sopraggiunti in un momento in cui la specie era già in declino, ed avrebbero pertanto avuto un ruolo marginale nell’estinzione della stessa.
Il team di Shaphiro ha sequenziato l’intero genoma di quattro esemplari conservati nei musei, e parallelamente ha analizzato anche il DNA mitocondriale di 41 animali. I ricercatori hanno poi preso in considerazione e confrontato anche il materiale genetico proveniente da due esemplari di colomba fasciata (Patagioenas fasciata), tra i parenti più stretti del piccione migratore.
I ricercatori hanno così potuto constatare, confermando quanto già osservato nel 2014, che il DNA dei piccioni migratori è caratterizzato da una bassa variabilità genetica. Nelle colombe fasciate, la variabilità genetica non risulta essere altrettanto bassa. Contrariamente da quanto affermato da Huang però, la bassa variabilità genetica di Ectopistes migratorius non sarebbe dovuta a fluttuazioni nelle dimensioni delle popolazioni, bensì alla selezione naturale, che avrebbe causato la rapida diffusione di mutazioni vantaggiose all’interno della popolazione e alla rapida eliminazione di mutazioni svantaggiose.
Se la bassa variabilità genetica fosse stata dovuta al numero degli individui, gli scienziati avrebbero dovuto osservare gli stessi (bassi) livelli di variabilità in tutto il DNA; al contrario invece, vi sono zone del genoma in cui la variabilità è più alta e altre in cui è molto bassa. Le regioni in cui il DNA è più conservato sono quelle centrali dei cromosomi, laddove i processi di crossing-over, necessari durante la meiosi per la ricombinazione del materiale genetico, avvengono meno frequentemente, il che risulta ancora più marcato negli uccelli.
Le analisi effettuate sul genoma mitocondriale, hanno inoltre suggerito che la specie fosse demograficamente stabile da almeno 20.000 anni, rendendo ancora più improbabile l’idea secondo la quale la specie fosse in declino quando l’uomo iniziò a cacciarla indiscriminatamente.
Tra i geni maggiormente sottoposti ad evoluzione adattativa (i ricercatori ne hanno individuati 32) e quindi maggiormente conservati, ve ne sono alcuni correlati alle preferenze alimentari, altri associati al sistema immunitario, altri ancora alla riduzione dello stress in determinate circostanze, come il sovraffollamento. Tali adattamenti, che si erano rivelati estremamente vantaggiosi fin quando le comunità erano numerose, divennero svantaggiosi quando, soprattutto a causa della caccia, le popolazioni e il numero di individui presenti in ogni popolazione si ridussero drasticamente. I piccioni migratori non riuscirono ad adattarsi alle nuove condizioni e, nel giro di breve tempo, si estinsero.
Lo studio ha notevoli risvolti per quanto riguarda lo studio della genetica di popolazioni. In teoria, una specie con popolazioni formate da un grande numero di individui dovrebbe avere maggiore variabilità genetica rispetto a specie con popolazioni ridotte. Tale assunto però, presume che l’intero genoma evolva in maniera neutrale, ed il caso del piccione migratore dimostra in maniera chiara quanto ciò possa essere lontano dalla realtà.
Riferimento:
Gemma G. R. Murray et al. Natural selection shaped the rise and fall of passenger pigeon genomic diversity. Science, 2017 DOI: 10.1126/science.aao0960
Immagine a sinistra: By J. G. Hubbard, Internet Archive Book Images [Public domain], via Wikimedia Commons
Immagine a destra: By K. Hayashi (Orthogenetic Evolution in the Pigeons) [Public domain], via Wikimedia Commons
Si stima che prima della fine del XIX secolo il piccione migratore contasse circa 4 miliardi di individui, arrivando a costituire una tra le specie di vertebrati più numerose al mondo. In breve tempo però, la specie si estinse, e l’ultimo esemplare di Ectopistes migratorius, Martha, morì nel 1914 presso lo zoo di Cincinnati. Per lungo tempo i ricercatori si sono chiesti come sia stato possibile che una specie tanto numerosa, perfettamente adattata a vivere in gruppi molto cospicui, scomparve quasi improvvisamente.
La deforestazione e la caccia indiscriminata da parte dell’uomo (come passatempo ma anche e soprattutto come fonte di cibo) sono state a lungo additate come le principali cause dell’estinzione dell’animale, ma ancora non erano chiari i motivi del così rapido declino di questa specie. Già nel 2014, alcuni ricercatori della National Taiwan Normal University, tra i quali il biologo evoluzionista Wen- San Huang, avevano provato a dare risposta a tali perplessità studiando il DNA di quattro individui provenienti da collezioni museali.
Le analisi avevano sottolineato la presenza di una bassa variabilità genetica. Gli scienziati avevano concluso che i piccioni migratori erano sempre stati soggetti a fluttuazioni, ovvero continui alti e bassi nel numero degli individui della specie. La deforestazione e la caccia sarebbero sopraggiunti in un momento in cui la specie era già in declino, ed avrebbero pertanto avuto un ruolo marginale nell’estinzione della stessa.
Il team di Shaphiro ha sequenziato l’intero genoma di quattro esemplari conservati nei musei, e parallelamente ha analizzato anche il DNA mitocondriale di 41 animali. I ricercatori hanno poi preso in considerazione e confrontato anche il materiale genetico proveniente da due esemplari di colomba fasciata (Patagioenas fasciata), tra i parenti più stretti del piccione migratore.
I ricercatori hanno così potuto constatare, confermando quanto già osservato nel 2014, che il DNA dei piccioni migratori è caratterizzato da una bassa variabilità genetica. Nelle colombe fasciate, la variabilità genetica non risulta essere altrettanto bassa. Contrariamente da quanto affermato da Huang però, la bassa variabilità genetica di Ectopistes migratorius non sarebbe dovuta a fluttuazioni nelle dimensioni delle popolazioni, bensì alla selezione naturale, che avrebbe causato la rapida diffusione di mutazioni vantaggiose all’interno della popolazione e alla rapida eliminazione di mutazioni svantaggiose.
Se la bassa variabilità genetica fosse stata dovuta al numero degli individui, gli scienziati avrebbero dovuto osservare gli stessi (bassi) livelli di variabilità in tutto il DNA; al contrario invece, vi sono zone del genoma in cui la variabilità è più alta e altre in cui è molto bassa. Le regioni in cui il DNA è più conservato sono quelle centrali dei cromosomi, laddove i processi di crossing-over, necessari durante la meiosi per la ricombinazione del materiale genetico, avvengono meno frequentemente, il che risulta ancora più marcato negli uccelli.
Le analisi effettuate sul genoma mitocondriale, hanno inoltre suggerito che la specie fosse demograficamente stabile da almeno 20.000 anni, rendendo ancora più improbabile l’idea secondo la quale la specie fosse in declino quando l’uomo iniziò a cacciarla indiscriminatamente.
Tra i geni maggiormente sottoposti ad evoluzione adattativa (i ricercatori ne hanno individuati 32) e quindi maggiormente conservati, ve ne sono alcuni correlati alle preferenze alimentari, altri associati al sistema immunitario, altri ancora alla riduzione dello stress in determinate circostanze, come il sovraffollamento. Tali adattamenti, che si erano rivelati estremamente vantaggiosi fin quando le comunità erano numerose, divennero svantaggiosi quando, soprattutto a causa della caccia, le popolazioni e il numero di individui presenti in ogni popolazione si ridussero drasticamente. I piccioni migratori non riuscirono ad adattarsi alle nuove condizioni e, nel giro di breve tempo, si estinsero.
Lo studio ha notevoli risvolti per quanto riguarda lo studio della genetica di popolazioni. In teoria, una specie con popolazioni formate da un grande numero di individui dovrebbe avere maggiore variabilità genetica rispetto a specie con popolazioni ridotte. Tale assunto però, presume che l’intero genoma evolva in maniera neutrale, ed il caso del piccione migratore dimostra in maniera chiara quanto ciò possa essere lontano dalla realtà.
Riferimento:
Gemma G. R. Murray et al. Natural selection shaped the rise and fall of passenger pigeon genomic diversity. Science, 2017 DOI: 10.1126/science.aao0960
Immagine a sinistra: By J. G. Hubbard, Internet Archive Book Images [Public domain], via Wikimedia Commons
Immagine a destra: By K. Hayashi (Orthogenetic Evolution in the Pigeons) [Public domain], via Wikimedia Commons