Il sito di Tanis: la morte nelle prime ore dell’Era Cenozoica
Ritrovato un giacimento fossilifero contenente i resti di animali che morirono poche ore dopo la caduta del meteorite, che causò l’estinzione dei dinosauri
Il geologo ed il paleontologo sono come dei soldati addestrati per anni a perdere una parte della sensibilità che caratterizza i cittadini comuni. La loro pelle si indurisce e si fa coriacea, a furia di fronteggiare il gelido vento dei milioni di anni. Se nel soldato è una questione di sopravvivenza, per i paleontologi è un’esigenza per raffinare l’efficienza. Porsi domande troppo raffinate su ciò che accadde nel passato profondo è difatti controproducente per la maggioranza delle situazioni in cui si imbatte lo studioso delle scienze della Terra. Il senso del tempo che scorre viene progressivamente indurito, per adattarlo alle scale dei tempi geologici: come effetto collaterale, esso si fa grossolano, a scapito della “normale” sensibilità per ciò che avviene nelle vite di tutti i giorni, scandite dalle ore e dai giorni. Abituati a disilludersi verso il “tempo comune”, addestrati a fronteggiare l’inevitabile grossolanità del “tempo geologico”, i paleontologi restano comunque inebriati ed affascinati da qualsiasi testimonianza fossile che, per quanto rara, possa essere descritta “anche” con la scala cronologica del tempo comune.
Il Tempo Geologico si misura generalmente in milioni di anni. Sottigliezze come i secoli, o peggio ancora, gli anni ed i giorni, sono troppo raffinate ed indefinibili per chi abbia a che fare con rocce e fossili. Pur consapevoli che ogni fossile è la testimonianza di una creatura che visse, come noi, alla scala dei giorni e dei secondi, i paleontologi tendono a rimuovere l’idea che ci sia una modo di discernere eventi alla scala “normale” dei tempi. Non ha senso puntualizzare su scale così brevi.
Nessun paleontologo si pone la domanda “in che mese è iniziato il periodo Giurassico”, perché è ben consapevole che il Giurassico non iniziò in una giornata particolare, né in un anno particolare, che il passaggio da un periodo al successivo fu una sommatoria di innumerevoli eventi di durata pluri-millenaria, e che la scala stratigrafica è una convenzione arbitraria che noi applichiamo quando parliamo di scale temporali di più ampia portata rispetto a giorni e anni.
Ma c’è almeno una eccezione, che oltre ad essere eccezionale è anche drammaticamente suggestiva. Mentre la grandissima maggioranza dei limiti stratigrafici è definita in base a fenomeni che richiedono centinaia di migliaia di anni per svilupparsi, il passaggio dal piano Maastrichtiano a quello Daniano è ormai universalmente riconosciuto come definito da un evento praticamente istantaneo, un impatto tra un corpo celeste con la Terra. Impatto di tale potenza da aver avuto effetti globali duraturi che riconosciamo nelle rocce, effetti talmente importanti a livello biologico da costituire la fine dell’Era Mesozoica e l’inizio della Cenozoica.
Almeno una volta, la Storia della Terra fu decisa in un istante. Indipendentemente dalla effettiva dinamica e tempistica della grande estinzione di massa della fine del Cretacico, l’impatto di Chicxulub è quindi un rarissimo caso nella Geologia, in cui un evento chiave per la Grande Storia planetaria fu anche un evento “percepibile” alla scala della vita umana individuale. Non possiamo “osservare” una glaciazione in atto, ma possiamo avere esperienza di una stella cadente.
Fuori dalla suggestione romantica, analizziamo la questione. Almeno in teoria, sarebbe possibile osservare nel record paleontologico degli eventi alla scala della vita tradizionale (che si svolgono in ore o giorni) legati a quell’impatto, ma che al tempo stesso siano collocabili con precisione straordinaria dentro le scale del tempo geologico. Per chiunque abbia dimestichezza con le logiche della stratigrafia, l’impatto di Chicxulub è quindi qualcosa di straordinariamente affascinante, anche a prescindere dal suo ruolo nella fine del mondo dei dinosauri.
Fino ad alcuni giorni fa, tutto questo discorso era puramente teorico. Ma ora, dopo che per alcuni giorni è circolata la notizia sotto varie forme, uno studio appena pubblicato su PNAS (DePalma et al. 2019) descrive un eccezionale sito fossilifero dal North Dakota, Tanis, databile senza alcun dubbio esattamente al momento dell’impatto di Chicxulub. E quando dico “esattamente al momento dell’impatto di Chicxulub” mi riferisco letteralmente al giorno in cui avvenne quell’impatto. Nessuno, prima di oggi, aveva potuto documentare la vita (e la morte) di organismi fossili e collocarla esattamente in un istante del tempo geologico così importante nella storia del nostro pianeta.
Per apprezzare questo studio, occorre quindi descrivere alcuni elementi del sito di Tanis. Tanis documenta una successione stratigrafica continentale nella Formazione Hell Creek. La parte bassa del sito contiene una successione fluviale “tipica” di questa formazione. In particolare è possibile identificare la direzione principale del corso fluviale, che ha scavato il sottostante deposito della formazione, diretta verso est. Immediatamente sopra questi depositi fluviali, giace un evento di deposizione il cui flusso è rivolto in direzione opposta a quello del deposito sottostante, e che contiene elementi sia terrestri (pesci d’acqua dolce, resti di vegetazione terrestre) che marini (frammenti di ammoniti, denti di squali e mosasauri). Questo evento di deposizione è chiaramente rapido ed improvviso, data la mescolanza di elementi sia marini che fluviali, e per l’orientazione preferenziale dei resti animali e vegetali lungo la direzione della corrente, che implica una rapida inondazione dell’entroterra da parte di acque marine. La preservazione dei pesci e dei resti vegetali è eccezionale, e indica una ridotta azione dei decompositori.
L’elemento più notevole di questo evento di deposizione è la presenza nel sedimento (e persino all’interno dei corpi dei pesci) di numerosi indicatori di un impatto con un corpo extraterrestre: in particolare, microsferule vetrose (nell’immagine in alto) prodotte dalla fusione e rapida ri-solidificazione in forma vetrosa della roccia. Questo evento di deposizione è poi ricoperto dal noto livello del limite K-Pg, caratterizzato dalla deposizione del detrito pulviscolare ricco in metalli pesanti della famiglia del platino, tra cui l’iridio. Sopra questo livello, abbiamo infine un livello ricco in spore di felce, ma relativamente povero in termini di biodiversità. Se la base del sito contiene quindi associazioni fossili tipicamente tardo-Maastrichtiane, nella parte alta abbiamo la primissima associazione del Daniano, l’inizio del Cenozoico.
A parte questa eccezionale documentazione relativa dei vari passaggi a ridosso del limite K-Pg, a Tanis siamo in grado di stabilire con enorme precisione la cronologia degli eventi documentati. L’età geologica assoluta e la composizione delle microsferule coincide con quella dei materiali vetrosi eiettati dall’impatto di Chicxulub: possiamo quindi correlare il tetto del sito con il famoso livello limite conosciuto in tutto il mondo. Ma c’è un elemento in più rispetto a tutti i siti studiati in precedenza. Tanis è un deposito prodotto da una rapida inondazione di acque marine nell’entroterra, e questo restringe l’evento alla scala delle ore entro cui una simile inondazione si genera e conclude. Inoltre, la presenza delle sferule esclusivamente dentro l’evento di deposizione ma né al disotto né nel tetto ricco di iridio, riduce il tempo di formazione di quel livello a poche ore dopo l’impatto! Perché? Le sferule sono il prodotto immediato dell’impatto: la liquefazione istantanea di miliardi di tonnellate di fondale marino nel Golfo del Messico sotto le altissime temperature prodotta dalla collisione del bolide con la Terra. Scagliate oltre l’atmosfera dalla colossale esplosione seguita all’impatto, le microscopiche gocce di roccia fusa si sono rapidamente ri-solidificate, trasformandosi in sferule di vetro che sono poi ricadute sulla Terra, con una rapidità legata alla traiettoria con cui sono state eiettate, ma anche alla massa delle singole gocce. Alcune sferule preservate nel sedimento devono aver colpito il basso fondale con estrema energia, producendo delle caratteristiche tracce di penetrazione che deformarono la sedimentazione: questo dimostra che non furono trasportate della acque, ma che caddero dal cielo come proiettili. II principi della dinamica indicano che la ricaduta delle sferule segue traiettorie di tipo balistico, e deve essersi esaurita nel giro di alcune ore dall’impatto. Dato che nel sito di Tanis le sferule si trovano solamente nel livello dell’evento di inondazione, questa deve essere avvenuta durante le prime ore immediatamente successive all’impatto. Il sito di Tanis distava circa 3000 km dal cratere di Chicxulub. I modelli fisici di ricaduta del materiale eiettato dall’impatto indicano che le sferule inizierebbero a “piovere” su Tanis nel giro di un’ora, per esaurirsi in poche ore. L’eccezionale presenza di alcune sferule “intatte” dentro noduli d’ambra formati su alcuni dei rami fossili presenti a Tanis attesta che le sferule penetrarono nella resina fresca esposta all’aria, prima che i resti vegetali fossero sommersi e sedimentati. Una volta entrate in acqua, le sferule impiegherebbero pochi minuti al massimo per affondare. In quell’intervallo di tempo, una parte delle sferule cadute dal cielo è stata inghiottita dai pesci, accumulandosi nelle loro branchie. Un dettaglio inquietante dei fossili di questi pesci è che paiono essere morti per avvelenamento o per tetano, come appare dall’eccessivo grado di contrazione delle loro bocce e delle pinne. Possibile che il sedimento finissimo e le microsferule cadute dal cielo, li abbiano intossicati mortalmente?
Il deposito fine che forma il livello ricco di iridio inizierebbe a depositarsi comunque dopo qualche ora rispetto al livello ricco in sferule: la completa ricaduta del pulviscolo in atmosfera richiederebbe, a seconda dei modelli, da alcune settimane ad alcuni mesi. La presenza e abbondanza di questi prodotti nei diversi livelli stratigrafici di Tanis quindi ci fornisce una misura molto precisa delle scale di tempo documentate in questo sito.
Cosa provocò l’esondazione che mescolò sedimenti marini e terrestri e accumulò pesci e resti vegetali in direzione opposta a quella della corrente fluviale? L’idea di uno tsunami provocato dall’impatto non collima con i tempi calcolati in base alla pioggia di sferule. Uno tsunami, per quanto potente e veloce, impiegherebbe alcune ore per raggiungere Tanis partendo dal Golfo del Messico. Gli autori quindi propongono una diversa causa per l’improvvisa esondazione di acque marine nell’entroterra: le onde sismiche provocate dall’impatto. Studi sui maremoti moderni mostrano che il livello marino può essere sollevato drammaticamente anche da terremoti localizzati a grande distanza, se il mare è vincolato da strette insenature. Tanis era probabilmente prossimo al margine settentrionale dello stretto mare epicontinentale che occupava la parte centrale del Nord America, in una posizione favorevole a “ricevere” una esondazione anomala indotta dal sisma. Questa onda sismica si propagherebbe molto più velocemente di un maremoto, e raggiungerebbe Tanis entro un’ora dall’impatto: questi tempi collimano con la ricaduta delle sferule eiettate, e quindi spiegherebbero la presenza di queste ultime solamente in corrispondenza del livello prodotto dalla esondazione.
Nonostante i report giornalistici abbiano menzionato (ovviamente) i dinosauri, DePalma et al. (2019) non descrivono alcun esemplare di dinosauro (o altri vertebrati terrestri) che sia associato all’evento deposizionale, e che quindi sia incluso nell’associazione di “vittime” dell’esondazione assieme ai pesci ed ai resti vegetali. Tuttavia, gli autori descrivono un ileo di ceratopside depositato nello stesso intervallo stratigrafico del assemblaggio di pesci, sebbene leggermente sopra il maggior accumulo di “vittime”. L’ileo è disarticolato e con limitate tracce di tegumento (a differenza dei pesci che sono sostanzialmente completi ed articolari e con abbondante traccia di parti molli), ed è quindi probabile che appartenga ad un animale che era già morto prima dell’evento di esondazione (e quindi prima dell’impatto). Si tratta quindi dei resti smembrati di un corpo in avanzato stato di decomposizione, la carcassa di un dinosauro esposta all’aria da mesi, trascinata dalla corrente e depositata sopra la moria indotta dall’esondazione. Modalità di deposizione e presenza di tracce di tegumento suggeriscono che quei resti appartengano ad una carcassa disseccata: non erano “ancora” resti fossilizzati (che, in quanto roccia, sarebbero andati immediatamente a fondo qualora trascinati dalla corrente, e non potrebbero certo depositarsi al di sopra dei pesci e delle sferule, una volta che l’esondazione avesse esaurito la sua energia). Nondimeno, questo esemplare attesta la presenza di dinosauri “in carne” nell’anno dell’impatto.
Anche se quel ceratopside non fu testimone dell’ultimo giorno del Mesozoico, sicuramente visse l’ultimo decennio dell’era dei dinosauri. In quanto più recente resto noto di dinosauro non-aviano, e dato che attesta la presenza di esemplari viventi nell’immediatezza (alla scala dei tempi “normali”) dell’impatto che conclude il Mesozoico, esso costituisce la prova diretta che i dinosauri non-aviani persistettero per tutto il Cretacico. Dubitare che i dinosauri fossero ancora vivi al momento dell’impatto di Chicxulub mi pare, da oggi in poi, una negazione delle evidenze fossili.
Troveremo in futuro anche qualche dinosauro tra le vittime effettive dell’esondazione di Tanis, dinosauri che vissero proprio l’ultimo giorno del Mesozoico? Voglio essere ottimista, e auspicare che prossimamente, questo sito eccezionale ci restituirà ulteriori prove dirette della presenza e persistenza dei dinosauri fino all’ultimissimo giorno della loro era.
Il Tempo Geologico si misura generalmente in milioni di anni. Sottigliezze come i secoli, o peggio ancora, gli anni ed i giorni, sono troppo raffinate ed indefinibili per chi abbia a che fare con rocce e fossili. Pur consapevoli che ogni fossile è la testimonianza di una creatura che visse, come noi, alla scala dei giorni e dei secondi, i paleontologi tendono a rimuovere l’idea che ci sia una modo di discernere eventi alla scala “normale” dei tempi. Non ha senso puntualizzare su scale così brevi.
Nessun paleontologo si pone la domanda “in che mese è iniziato il periodo Giurassico”, perché è ben consapevole che il Giurassico non iniziò in una giornata particolare, né in un anno particolare, che il passaggio da un periodo al successivo fu una sommatoria di innumerevoli eventi di durata pluri-millenaria, e che la scala stratigrafica è una convenzione arbitraria che noi applichiamo quando parliamo di scale temporali di più ampia portata rispetto a giorni e anni.
Ma c’è almeno una eccezione, che oltre ad essere eccezionale è anche drammaticamente suggestiva. Mentre la grandissima maggioranza dei limiti stratigrafici è definita in base a fenomeni che richiedono centinaia di migliaia di anni per svilupparsi, il passaggio dal piano Maastrichtiano a quello Daniano è ormai universalmente riconosciuto come definito da un evento praticamente istantaneo, un impatto tra un corpo celeste con la Terra. Impatto di tale potenza da aver avuto effetti globali duraturi che riconosciamo nelle rocce, effetti talmente importanti a livello biologico da costituire la fine dell’Era Mesozoica e l’inizio della Cenozoica.
Almeno una volta, la Storia della Terra fu decisa in un istante. Indipendentemente dalla effettiva dinamica e tempistica della grande estinzione di massa della fine del Cretacico, l’impatto di Chicxulub è quindi un rarissimo caso nella Geologia, in cui un evento chiave per la Grande Storia planetaria fu anche un evento “percepibile” alla scala della vita umana individuale. Non possiamo “osservare” una glaciazione in atto, ma possiamo avere esperienza di una stella cadente.
Fuori dalla suggestione romantica, analizziamo la questione. Almeno in teoria, sarebbe possibile osservare nel record paleontologico degli eventi alla scala della vita tradizionale (che si svolgono in ore o giorni) legati a quell’impatto, ma che al tempo stesso siano collocabili con precisione straordinaria dentro le scale del tempo geologico. Per chiunque abbia dimestichezza con le logiche della stratigrafia, l’impatto di Chicxulub è quindi qualcosa di straordinariamente affascinante, anche a prescindere dal suo ruolo nella fine del mondo dei dinosauri.
Fino ad alcuni giorni fa, tutto questo discorso era puramente teorico. Ma ora, dopo che per alcuni giorni è circolata la notizia sotto varie forme, uno studio appena pubblicato su PNAS (DePalma et al. 2019) descrive un eccezionale sito fossilifero dal North Dakota, Tanis, databile senza alcun dubbio esattamente al momento dell’impatto di Chicxulub. E quando dico “esattamente al momento dell’impatto di Chicxulub” mi riferisco letteralmente al giorno in cui avvenne quell’impatto. Nessuno, prima di oggi, aveva potuto documentare la vita (e la morte) di organismi fossili e collocarla esattamente in un istante del tempo geologico così importante nella storia del nostro pianeta.
Per apprezzare questo studio, occorre quindi descrivere alcuni elementi del sito di Tanis. Tanis documenta una successione stratigrafica continentale nella Formazione Hell Creek. La parte bassa del sito contiene una successione fluviale “tipica” di questa formazione. In particolare è possibile identificare la direzione principale del corso fluviale, che ha scavato il sottostante deposito della formazione, diretta verso est. Immediatamente sopra questi depositi fluviali, giace un evento di deposizione il cui flusso è rivolto in direzione opposta a quello del deposito sottostante, e che contiene elementi sia terrestri (pesci d’acqua dolce, resti di vegetazione terrestre) che marini (frammenti di ammoniti, denti di squali e mosasauri). Questo evento di deposizione è chiaramente rapido ed improvviso, data la mescolanza di elementi sia marini che fluviali, e per l’orientazione preferenziale dei resti animali e vegetali lungo la direzione della corrente, che implica una rapida inondazione dell’entroterra da parte di acque marine. La preservazione dei pesci e dei resti vegetali è eccezionale, e indica una ridotta azione dei decompositori.
A, Accumulo di storioni completi ed articolati, tutti orientati dal flusso della corrente. In B, stessa immagine di A, con i singoli pesci indicati con colori differenti. (Da DePalma et al. 2019). |
L’elemento più notevole di questo evento di deposizione è la presenza nel sedimento (e persino all’interno dei corpi dei pesci) di numerosi indicatori di un impatto con un corpo extraterrestre: in particolare, microsferule vetrose (nell’immagine in alto) prodotte dalla fusione e rapida ri-solidificazione in forma vetrosa della roccia. Questo evento di deposizione è poi ricoperto dal noto livello del limite K-Pg, caratterizzato dalla deposizione del detrito pulviscolare ricco in metalli pesanti della famiglia del platino, tra cui l’iridio. Sopra questo livello, abbiamo infine un livello ricco in spore di felce, ma relativamente povero in termini di biodiversità. Se la base del sito contiene quindi associazioni fossili tipicamente tardo-Maastrichtiane, nella parte alta abbiamo la primissima associazione del Daniano, l’inizio del Cenozoico.
A parte questa eccezionale documentazione relativa dei vari passaggi a ridosso del limite K-Pg, a Tanis siamo in grado di stabilire con enorme precisione la cronologia degli eventi documentati. L’età geologica assoluta e la composizione delle microsferule coincide con quella dei materiali vetrosi eiettati dall’impatto di Chicxulub: possiamo quindi correlare il tetto del sito con il famoso livello limite conosciuto in tutto il mondo. Ma c’è un elemento in più rispetto a tutti i siti studiati in precedenza. Tanis è un deposito prodotto da una rapida inondazione di acque marine nell’entroterra, e questo restringe l’evento alla scala delle ore entro cui una simile inondazione si genera e conclude. Inoltre, la presenza delle sferule esclusivamente dentro l’evento di deposizione ma né al disotto né nel tetto ricco di iridio, riduce il tempo di formazione di quel livello a poche ore dopo l’impatto! Perché? Le sferule sono il prodotto immediato dell’impatto: la liquefazione istantanea di miliardi di tonnellate di fondale marino nel Golfo del Messico sotto le altissime temperature prodotta dalla collisione del bolide con la Terra. Scagliate oltre l’atmosfera dalla colossale esplosione seguita all’impatto, le microscopiche gocce di roccia fusa si sono rapidamente ri-solidificate, trasformandosi in sferule di vetro che sono poi ricadute sulla Terra, con una rapidità legata alla traiettoria con cui sono state eiettate, ma anche alla massa delle singole gocce. Alcune sferule preservate nel sedimento devono aver colpito il basso fondale con estrema energia, producendo delle caratteristiche tracce di penetrazione che deformarono la sedimentazione: questo dimostra che non furono trasportate della acque, ma che caddero dal cielo come proiettili. II principi della dinamica indicano che la ricaduta delle sferule segue traiettorie di tipo balistico, e deve essersi esaurita nel giro di alcune ore dall’impatto. Dato che nel sito di Tanis le sferule si trovano solamente nel livello dell’evento di inondazione, questa deve essere avvenuta durante le prime ore immediatamente successive all’impatto. Il sito di Tanis distava circa 3000 km dal cratere di Chicxulub. I modelli fisici di ricaduta del materiale eiettato dall’impatto indicano che le sferule inizierebbero a “piovere” su Tanis nel giro di un’ora, per esaurirsi in poche ore. L’eccezionale presenza di alcune sferule “intatte” dentro noduli d’ambra formati su alcuni dei rami fossili presenti a Tanis attesta che le sferule penetrarono nella resina fresca esposta all’aria, prima che i resti vegetali fossero sommersi e sedimentati. Una volta entrate in acqua, le sferule impiegherebbero pochi minuti al massimo per affondare. In quell’intervallo di tempo, una parte delle sferule cadute dal cielo è stata inghiottita dai pesci, accumulandosi nelle loro branchie. Un dettaglio inquietante dei fossili di questi pesci è che paiono essere morti per avvelenamento o per tetano, come appare dall’eccessivo grado di contrazione delle loro bocce e delle pinne. Possibile che il sedimento finissimo e le microsferule cadute dal cielo, li abbiano intossicati mortalmente?
Sferula vetrosa da impatto inclusa in un nodulo di ambra. Da DePalma et al. 2019 |
Il deposito fine che forma il livello ricco di iridio inizierebbe a depositarsi comunque dopo qualche ora rispetto al livello ricco in sferule: la completa ricaduta del pulviscolo in atmosfera richiederebbe, a seconda dei modelli, da alcune settimane ad alcuni mesi. La presenza e abbondanza di questi prodotti nei diversi livelli stratigrafici di Tanis quindi ci fornisce una misura molto precisa delle scale di tempo documentate in questo sito.
Cosa provocò l’esondazione che mescolò sedimenti marini e terrestri e accumulò pesci e resti vegetali in direzione opposta a quella della corrente fluviale? L’idea di uno tsunami provocato dall’impatto non collima con i tempi calcolati in base alla pioggia di sferule. Uno tsunami, per quanto potente e veloce, impiegherebbe alcune ore per raggiungere Tanis partendo dal Golfo del Messico. Gli autori quindi propongono una diversa causa per l’improvvisa esondazione di acque marine nell’entroterra: le onde sismiche provocate dall’impatto. Studi sui maremoti moderni mostrano che il livello marino può essere sollevato drammaticamente anche da terremoti localizzati a grande distanza, se il mare è vincolato da strette insenature. Tanis era probabilmente prossimo al margine settentrionale dello stretto mare epicontinentale che occupava la parte centrale del Nord America, in una posizione favorevole a “ricevere” una esondazione anomala indotta dal sisma. Questa onda sismica si propagherebbe molto più velocemente di un maremoto, e raggiungerebbe Tanis entro un’ora dall’impatto: questi tempi collimano con la ricaduta delle sferule eiettate, e quindi spiegherebbero la presenza di queste ultime solamente in corrispondenza del livello prodotto dalla esondazione.
Nonostante i report giornalistici abbiano menzionato (ovviamente) i dinosauri, DePalma et al. (2019) non descrivono alcun esemplare di dinosauro (o altri vertebrati terrestri) che sia associato all’evento deposizionale, e che quindi sia incluso nell’associazione di “vittime” dell’esondazione assieme ai pesci ed ai resti vegetali. Tuttavia, gli autori descrivono un ileo di ceratopside depositato nello stesso intervallo stratigrafico del assemblaggio di pesci, sebbene leggermente sopra il maggior accumulo di “vittime”. L’ileo è disarticolato e con limitate tracce di tegumento (a differenza dei pesci che sono sostanzialmente completi ed articolari e con abbondante traccia di parti molli), ed è quindi probabile che appartenga ad un animale che era già morto prima dell’evento di esondazione (e quindi prima dell’impatto). Si tratta quindi dei resti smembrati di un corpo in avanzato stato di decomposizione, la carcassa di un dinosauro esposta all’aria da mesi, trascinata dalla corrente e depositata sopra la moria indotta dall’esondazione. Modalità di deposizione e presenza di tracce di tegumento suggeriscono che quei resti appartengano ad una carcassa disseccata: non erano “ancora” resti fossilizzati (che, in quanto roccia, sarebbero andati immediatamente a fondo qualora trascinati dalla corrente, e non potrebbero certo depositarsi al di sopra dei pesci e delle sferule, una volta che l’esondazione avesse esaurito la sua energia). Nondimeno, questo esemplare attesta la presenza di dinosauri “in carne” nell’anno dell’impatto.
Anche se quel ceratopside non fu testimone dell’ultimo giorno del Mesozoico, sicuramente visse l’ultimo decennio dell’era dei dinosauri. In quanto più recente resto noto di dinosauro non-aviano, e dato che attesta la presenza di esemplari viventi nell’immediatezza (alla scala dei tempi “normali”) dell’impatto che conclude il Mesozoico, esso costituisce la prova diretta che i dinosauri non-aviani persistettero per tutto il Cretacico. Dubitare che i dinosauri fossero ancora vivi al momento dell’impatto di Chicxulub mi pare, da oggi in poi, una negazione delle evidenze fossili.
Troveremo in futuro anche qualche dinosauro tra le vittime effettive dell’esondazione di Tanis, dinosauri che vissero proprio l’ultimo giorno del Mesozoico? Voglio essere ottimista, e auspicare che prossimamente, questo sito eccezionale ci restituirà ulteriori prove dirette della presenza e persistenza dei dinosauri fino all’ultimissimo giorno della loro era.
DaPalma RA. 2019. A seismically induced onshore surge deposit at the K-Pg boundary, North Dakota. PNAS www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.1817407116
Immagine in alto: Donald E. Davis [Public domain], da Wikimedia Commons