Il tuo gatto ti fa impazzire?

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Il titolo di questa notizia è la storpiatura di un titolo di The Atlantic (McAuliffe, 2012) nel quale si fa il punto su ciò che si sa della relazione fra Toxoplasma e comportamento umano. Toxoplasma gondii è un protista (eucariote unicellulare) appartenente al phylum degli Apicomplexa (come il plasmodio della malaria), che parassita l’intestino dei gatti e dei felidi in generale. […]


Il titolo di questa notizia è la storpiatura di un titolo di The Atlantic (McAuliffe, 2012) nel quale si fa il punto su ciò che si sa della relazione fra Toxoplasma e comportamento umano. Toxoplasma gondii è un protista (eucariote unicellulare) appartenente al phylum degli Apicomplexa (come il plasmodio della malaria), che parassita l’intestino dei gatti e dei felidi in generale. I gatti si infettano di solito da giovani, mangiando prede (topi, uccelli) o carne di animali infetti. Nell’intestino dei gatti, Toxoplasma va incontro a una riproduzione sessuale molto intensa, con produzione di decine di milioni di nuovi individui che vengono rilasciati con le feci per una decina di giorni. In questo modo i parassiti infettano gli ospiti intermedi (topi, ecc…) nei quali formano cisti di 15-200 µm circondate da una parete, che si insediano prevalentemente nel sistema nervoso centrale e persistono per tutta la vita dell’ospite. Dal punto di vista del parassita, ahimé, anche noi siamo “ospiti intermedi”, perché l’ospite finale per il quale è destinato e dove andrà a riprodursi è il felino (quindi anche il gatto). Gli umani si infettano o per contaminazione con le feci dei gatti infetti o con il consumo di carne contenente cisti cruda o poco cotta, o di verdura fresca non ben lavata. Nell’intestino le cisti si lisano, e una forma di Toxoplasma passa nel sangue, va in circolo per un paio di settimane riproducendosi per via asessuale prima di incistarsi, appunto, nel cervello e restar lì, di solito dormiente, e senza effetti visibili, per tutta la vita. Nel breve periodo di attività, il parassita, se si trova in una donna incinta può trasmettersi al feto, causandogli gravi danni. Nelle persone immunodepresse le cisti cerebrali possono riattivarsi causando meningoencefaliti. 

Che c’entra tutto ciò con l’evoluzione? Semplice: il punto debole della vita di un parassita è la sua diffusione, dunque il passaggio dall’uno all’altro degli ospiti finali. Per far ciò Toxoplasma “usa” gli ospiti intermedi. E per massimizzare la possibilità che un ospite intermedio “incontri” un ospite finale, ne modifica il comportamento. Esperimenti iniziati una trentina d’anni fa (riassunti in Webster, 2001) hanno mostrato che i topi infettati diventano più mobili (e naturalmente i gatti sono interessati a prede che si muovono di più), e hanno una piccola, ma consistente, preferenza per aree più esposte o nuove. Fu poi indagata la “paura del nuovo” nei ratti, una specie tipicamente neofobica (per questo son difficili da catturare!), e i ratti infetti si dimostrarono più propensi a farsi catturare dalla trappole! Una serie di esperimenti in condizioni estremamente controllate dimostrò poi che i ratti, che hanno un’innata avversione per l’odore dei gatti anche se non ne hanno mai visto uno, in un test a scelta multipla fra: lettiera, lettiera bagnata con acqua, lettiera bagnata con gocce di urina di coniglio (un mammifero non predatore) e lettiera bagnata con urina di gatto, senza esitare si dirigono verso l’odore di gatto se infetti da Toxoplasma, ma lo fuggono se non contaminati. Ricerche successive mostrarono che i roditori infestati avevano tempi di reazione più lunghi, aumentata (ratti) o diminuita (topi) preferenza per stimoli nuovi, diminuita capacità di apprendimento, aumentata attività (compresa quella sulle ruote). L’effetto spariva con un trattamento specifico contro il Toxoplasma (Flegr et al., 2011). 

Dunque, Toxoplasma modifica il comportamento degli ospiti intermedi, e una serie di esperimenti successivi ha chiarito il meccanismo molecolare: le cisti dormienti nel cervello producono sostanze che interferiscono coi trasmettitori del sistema nervoso. Ma anche gli umani possono fungere da ospite intermedio e avere cisti nel cervello. Non sarà che queste ultime “si comportano” come farebbero nei topi? E’ noto che alcuni parassiti umani inducono comportamenti tesi a massimizzare la propria diffusione: il raffreddore ci fa starnutire – e trasmettere i virus; la bronchite ci fa tossire – e trasmettere i patogeni; il colera provoca diarrea – e aumenta così la diffusione del vibrione. Ma quando si passa a comportamenti più sofisticati? Ad esempio, Reiber et al. (2010) si sono chiesti se le persone esposte al virus dell’influenza modificano il proprio comportamento sociale. Ovviamente una ricerca del genere non può usare infezioni sperimentali, così hanno seguito un gruppo di persone vaccinate contro l’influenza (e dunque esposte al virus), e hanno trovato che, nelle 48 ore seguite all’inoculazione (quelle che nell’infezione influenzale precedono la manifestazione di sintomi che ce lo impedirebbero), esse interagivano con molte più persone che nelle 48 ore precedenti. Gli umani (stranamente quelli maschi, non le femmine) con cisti dormienti di Toxoplasma sono, che lo crediate o no, più attirati (o meno respinti!) dall’urina dei gatti rispetto a quelli non infetti (Flegr et al., 2011). Anche se è improbabile che un uomo venga divorato da un gatto, per quanto selvatico, il messaggio interessante è che Toxoplasma può alterare il comportamento umano. Abbiamo visto che i comportamenti alterati nei roditori sono molteplici, e dunque molti ricercatori sono andati a indagarli, e hanno trovato che gli umani infetti hanno tempi di reazione prolungati, rischio elevato di incidenti stradali (l’equivalente della facilità di predazione negli animali …). Subiscono cambiamenti dei profili di personalità: ad esempio, nelle donne infette, l’intelligenza e la forza del superIo sono maggiori (sono più consapevoli dei propri ruoli, rispettose, coscienziose, conformiste, moraliste, compassate e legate alle regole); l’affettività è superiore (sono più calorose, socievoli, attente agli altri, gentili, alla mano, empatiche e amanti delle persone). Invece gli uomini infetti hanno un livello più basso d’intelligenza, della forza del superIo e della ricerca di novità (una scarsa ricerca di novità indica personalità rigide, leali, stoiche, poco umorali); sia gli uomini sia le donne infette mostrano alti livelli di propensione alla colpa ( tendono ad essere più apprensivi, dubbiosi, preoccupati, inclini a colpevolizzarsi, insicuri , preoccupandosi e prendendosela con se stessi). Gli umani infestati differiscono negli esperimenti di comportamento, nel vestire (più corretto nelle donne, più trasandato nei maschi), differiscono nel comportamento economico nei giochi sperimentali (aumento dell’altruismo nelle donne e diminuzione negli uomini). Vi sono indicazioni indirette di aumento di dopammina nei cervelli delle persone infette, che potrebbero spiegare l’associazione della toxoplasmosi con la schizofrenia, l’autismo, il morbo di Parkinson e quello di Alzheimer. Studi recenti hanno rilevato pure un aumento di rischio di suicidio. (Flegr et al., 2011, McAuliffe, 2012). 

Molta strada resta da fare (ad esempio: perché quelle differenze fra i sessi? Perché quelle alterazioni di comportamento che non sembrano avere molto in comune con quelle dei topi? Come si riflettono queste alterazioni di comportamento a livello collettivo – dati in Webster, 2001 – in paesi come il Brasile, con il 67% di positivi, o come la Norvegia con l’8,6 %?). Direi però che ci possiamo portare a casa un bel po’ di lezioni da questa storia: non sottovalutiamo mai i parassiti, possono essere ben più forti e sottilmente “cattivi” di quanto possiamo immaginare; non sottovalutiamo l’ipotesi che certi comportamenti devianti siano dovuti a microbi; usiamo di più gli strumenti della biologia evoluzionistica nella medicina. 

Marco Ferraguti 


Riferimenti:

Jaroslav Flegr et al. (2011) Fatal Attraction Phenomenon in Humans – Cat Odour Attractiveness Increased for Toxoplasma- Infected Men While Decreased for Infected Women. PLoS Negl. Trop. Dis., 5(11): e1389 

Kathleen McAuliffe How your cat is making you crazy. The Atlantic, March 2012, http://www.theatlantic.com/magazine/archive/2012/03/how-your-cat-is-making-you-crazy/308873/ 

Chris Reiber et al. (2010) Change in Human Social Behavior in Response to a Common Vaccine, Ann Epidemiol., 20:729–733 

Joanne P. Webster (2001) Rats, cats, people and parasites: the impact of latent toxoplasmosis on behavior. Microbes and Infection, 3: 1037−1045