Jane Goodall: primatologa e messaggera di Pace

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In occasione dell’ottantottesimo compleanno della primatologa Jane Goodall, ripercorriamo la carriera scientifica della ricercatrice britannica e il suo impegno civile a favore della sostenibilità (ben prima di qualsiasi Agenda).

Lo scorso anno la National Geographic ha trasmesso l’emozionante documentario Jane Goodall – Un futuro per la Terra, dedicato alla celebre etologa e naturalista inglese. Oltre 100 ore di riprese girate a Gombe, in Tanzania, nel 1960 e ritenute, per lungo tempo, perse. Fino al 2014, anno della riscoperta di questo materiale dal valore scientifico inestimabile. Il documentario è ricco di aneddoti, curiosità e interviste, e mostra la ricerca pionieristica della primatologa che ha ridefinito il concetto di conservazione. In occasione del suo 88esimo compleanno, ripercorriamo questa storia per la rubrica “l’evoluzione non ha genere“.

Partenza da Londra, direzione Africa
Jane Goodall nasce il 3 aprile 1934 a Londra, figlia di Mortimer Herbert Morris-Goodall (1907–2001) e di Margaret Myfanwe Joseph (1906–2000), conosciuta come Vanne Morris Goodall. Nel 1960, Jane Goodall aveva 26 anni e arrivò in quello che è ora conosciuto come Parco Nazionale di Gombe Stream. Situato sulle rive del lago Tanganica, al confine occidentale della Tanzania con il Congo, il Parco Nazionale di Gombe, istituito nel 1968, è il più piccolo parco nazionale dello Stato, attraversato dal torrente Gombe, e ricoperto da rigogliose foreste. La sua pionieristica ricerca avrebbe riguardato gli scimpanzé selvatici. Addentrarsi nel territorio selvaggio delle foreste africane era, a quel tempo, per una donna bianca, un progetto inconcepibile.

Ma per Jane Goodall l’osservazione degli scimpanzé nel loro ambiente naturale (impresa mai riuscita ad altri fino ad allora) significava il compimento del sogno della sua infanzia. Taccuino, binocolo e spirito di osservazione (oltre che di adattamento) erano gli strumenti di cui Jane Goodall era munita. Entrò in punta di piedi in un mondo sconosciuto, mostrando, con le sue ricerche, uno straordinario spaccato sugli scimpanzé, gli esseri viventi più prossimi al genere umano. Stessa routine ogni giorno: saliva sulle colline e stava con gli scimpanzé dall’alba al tramonto. Non sempre la fortuna l’ha assistita. Anzi, all’inizio fu frustrante studiarli; sembrava tempo perso. Lei rappresentava un’intrusa per gli scimpanzé. Eppure non si arrese facilmente. Grazie alla sua determinazione, la foresta l’assorbì completamente e iniziò un periodo irripetibile: piano piano (dopo 3 mesi) gli scimpanzé si abituarono a lei e l’accettarono. Aveva inizio lo studio più lungo e mai condotto su animali nel loro habitat naturale.

Dalla piccola curiosa Jane alla primatologa Jane Goodall
Incoraggiata dalla madre Vanne (che l’accompagnò nei suoi primi viaggi), l’attrazione di Jane Goodall per gli animali cominciò sin da bambina. Amava stare all’aperto e scoprire la natura; osservare le galline, appuntare su un quadernino tutto ciò che riusciva ad osservare. Già a 8-9 anni sognava di andare in Africa. Completò gli studi superiori femminili e la madre le suggerì di iscriversi a un corso per diventare segretaria. Terminato il corso Jane venne assunta dapprima alla Oxford University come segretaria nell’ufficio contabilità e, dopo aver lasciato quell’impiego perché non le interessava, fu assunta a Londra presso una casa di produzione di annunci pubblicitari e documentari, la Schofield Productions. Non poteva permettersi di andare all’università e metteva i soldi da parte da tempo, anche lavorando come cameriera, solo per poter fare un viaggio in Africa. E nel marzo 1957 riuscì a vivere quel sogno: un’amica intima la invitò ad andare in Kenya e Jane accettò.

Fu subito rapita dall’Africa come Karen Blixen in Out of Africa. Pochi mesi dopo il suo arrivo incontrò il Dr. Louis Leakey, famoso antropologo e paleontologo britannico. Il Dr. Leakey sperava che “una migliore comprensione del comportamento degli scimpanzé potesse aprire una finestra sul passato dell’uomo” e sul suo percorso evolutivo. Lo studioso britannico era alla ricerca di una persona dalla mente libera da teorie scientifiche e pressioni accademiche, senza una formazione specifica e scientifica, senza alcuna esperienza o laurea. Aveva bisogno di una persona con una grande passione per il sapere, che amasse gli animali e avesse una pazienza infinita. La persona giusta era Jane. Ma non fu semplice iniziare la ricerca. Nelle ore di viaggio si chiedeva “Come farò a trovare gli scimpanzé?”. Era una sfida difficile. La sua missione consisteva nell’avvicinare gli scimpanzé, vivere con loro ed essere accettata. “Volevo muovermi tra gli animali come Tarzan, senza paura”. Lo studio della nascita e della crescita in natura di scimpanzé non era mai stato fatto prima. Era una grande opportunità. L’obiettivo delle ricerche era confrontare i comportamenti umani a quelli degli scimpanzé e viceversa.

Una ricercatrice atipica
Nel 1962, non avendo una laurea, il Professor Leakey la inviò all’Università di Cambridge. Jane Goodall fu l’ottava persona alla quale fu permesso di studiare per un dottorato senza aver prima ottenuto una laurea. La sua tesi in etologia, completata nel 1965 sotto la supervisione di Robert Hinde (grande etologo che prima la criticò e, poi, cambio idea), dal titolo “Behaviour of free-living chimpanzees, era incentrata sui suoi primi 5 anni di studi e su alcuni dati ottenuti nel 1967, sempre alla Gombe Riserve. L’opera di oltre 150 pagine è divisa in 4 capitoli (Introduzione, ecologia, attività locomotorie e comportamento) ed è una miniera di risultati, osservazioni, illustrazioni.

A partire dal 2011 la Duke University ha cominciato a digitalizzare l’intero archivio delle ricerche di Jane Goodall

In seguito, ritornò in Tanzania per continuare le ricerche e istituire il Gombe Stream Research Centre. Le sue importanti scoperte scientifiche formarono la base per tutti gli studi futuri sui primati. A quel tempo non c’era nessuno che faceva ricerche sul campo e, soprattutto, niente di serio da leggere sull’argomento. La Dr.ssa Goodall ha osservato gli scimpanzé mangiare, farsi la toeletta a vicenda (grooming), chiamarsi in maniera fragorosa, fare un gran chiasso ecc. Iniziava il periodo delle scoperte. Una delle numerose osservazioni che stupirono il mondo fu che gli scimpanzé sono capaci di modificare uno strumento, manipolare utensili. Infatti, a quel tempo, era ritenuto che tale comportamento fosse solo una prerogativa dell’uomo. In più, osservò anche altri comportamenti ritenuti fino ad allora esclusiva caratteristica dell’uomo: il ragionamento, il problem solving, le emozioni simili alle nostre, una complessa vita affettiva e sociale.

Bisognava ridefinire l’uomo o accettare gli scimpanzé come nostri simili. Ciò metteva ancora una volta in discussione l’unicità dell’essere umano. Anche concetti ritenuti umani, come la violenza, la guerra, l’assassinio, sono stati osservati nelle comunità di scimpanzé. Sono anch’essi capaci di atti brutali. Nel 1977, Jane Goodall fonda l’istituto omonimo, una organizzazione non–profit internazionale, che continua a sostenere le ricerche a Gombe ed è presente in 21 paesi del mondo. Oggi gli scimpanzé rischiano l’estinzione a causa delle sconsiderate attività antropiche nei confronti della natura. Per questo motivo, l’Istituto si dedica alla conservazione degli scimpanzé e del loro ambiente naturale; alla denuncia delle condizioni nelle quali spesso si trovano gli scimpanzé in cattività; all’educazione ambientale e interculturale; al miglioramento della qualità della vita delle popolazioni locali.

La Fondazione Goodall
L’intelletto umano è diventato più complesso: ciò comporta una responsabilità verso altre forme di vita sulla Terra la cui esistenza è minacciata dall’incoscienza della specie umana. Il programma della Fondazione Root and Shoots è una campagna mondiale per la diffusione di una nuova etica ambientale e umanitaria, soprattutto tra i giovani. Esso incoraggia lo scambio tra culture diverse, il rispetto per l’ambiente e gli altri animali e l’impegno verso la propria comunità. Oasi faunistiche per scimpanzé vittime del bracconaggio e programmi comunitari contribuiscono a creare fonti di guadagno alternative per i trafficanti di animali, oltre ad educare la popolazione locale.

Il progetto TACARE pone l’accento sulla condivisione di spazi comuni: non è possibile proteggere gli scimpanzé senza tenere conto delle esigenze di sviluppo di coloro che condividono lo stesso ambiente. TACARE sta lavorando con i villaggi per migliorare le condizioni di salute dei bambini, promuovere l’educazione ambientale e realizzare progetti di microcredito agricolo che danno alle donne l’opportunità di migliorare le condizioni di vita delle loro estese famiglie. Il risultato è una coesistenza pacifica con gli scimpanzé di Gombe. TACARE evidenzia anche un altro aspetto: gli anziani dei villaggi comprendono perfettamente il legame tra la perdita dell’habitat per gli scimpanzé e i danni all’ecosistema che supporta le loro stesse vite, ma la povertà costringe le persone alla distruzione di quanto gli sta intorno.

Un punto di riferimento della primatologia, e non solo
Goodall è stata insignita di numerose onorificenze tra cui la Medaglia della Tanzania, il Premio Hubbard della National Geographic Society, il prestigioso Premio Kyoto del Giappone, il Principe de Asturias per la scoperta scientifica e tecnica 2003, la Medaglia “Benjamín Franklin”, la medaglia d’oro dell’UNESCO, nel 2006 la Legione d’onore. L’ampia lista di pubblicazioni include due opere complete sul lavoro svolto a Gombe, In the Shadow of Man e Through a Window.

Il volume Chimpanzees of Gombe: Patterns of Behavior è universalmente riconosciuto come il più completo lavoro sugli scimpanzé e rappresenta il culmine della carriera scientifica di Jane Goodall. È un tomo di 21 capitoli e 5 appendici, contenente analisi molto approfondite di tutti gli aspetti del comportamento degli scimpanzé, corredate da splendide illustrazioni. A riprova degli sforzi di Jane Goodall presso la Gombe Stream Reserve (ora Gombe National Park) per tutto un quarto di secolo. Per prima cosa inquadra il suo campo di studi e quello condotto fino ad allora nel contesto di studi sul comportamento in recinti e di acquisizione del linguaggio. Segue un’introduzione del mondo percettivo e dei processi di apprendimento degli scimpanzé – rappresentazione simbolica, memoria spaziale, concetto di sé, intelligenza e razionalità. I cambiamenti demografici sono descritti integralmente, con riferimento agli incidenti, ai tassi di mortalità e agli effetti della poliomielite e della polmonite.

Descrive poi il ricco repertorio di segnali comunicativi – visivi, uditivi, tattili e olfattivi – che rende il comportamento degli scimpanzé così complesso, seguito da una discussione sulla società degli scimpanzé. Sono illustrati, da sociogrammi complessi ma molto informativi, i cambiamenti periodici, di maschi e femmine, e nel corso del ciclo di vita. Jane Goodall poi esplode il mito che gli scimpanzé siano animali pacifici nella sua descrizione e discussione dell’aggressione, delle sue cause, funzioni e varianti. Questo è in una certa misura bilanciato dai successivi due capitoli sul comportamento amichevole e il grooming. Vengono poi discusse le complessità delle coalizioni stabili e opportunistiche, dei modelli di accoppiamento, le strategie maschili, le scelte e le strategie femminili. La descrizione completa si conclude con capitoli riguardanti l’uso di utensili e la consapevolezza sociale, per sottolineare ulteriormente l’intelligenza degli scimpanzé. L’intero lavoro è basato su dati quantitativi e qualitativi. Jane Goodall spiega le somiglianze (comunicazione non verbale, espressioni emotive, apprendimento, meccanismo cognitivo di base) e le differenze (linguaggio simbolico, disinteresse cosciente, comprensione della sofferenza causata dalla violenza) tra gli esseri umani e gli scimpanzé.

“Jane Goodall è una donna perspicace. Dietro l’aura da santa laica c’è una donna piena di umanità, con i piedi per terra, esperta del mondo e diplomatica”. Così la descrive David Quammen, autore di Spillover. La sua ricerca etologica è stata importante anche per chiarire molti dubbi sull’HIV. Insieme al giornalista David Quammen e alla scienziata Beatrie Hahn svilupparono una ricerca sull’origine dell’HIV. Si scoprì che lo spillover (zoonosi) del virus avvenne proprio dagli scimpanzé. Lo studio si svolse a Gombe e gli scimpanzé risultarono positivi al virus dell’immunodeficienza delle scimmie (SIV). Gli scimpanzé di Gombe erano infetti, ma non potevano essere la causa della pandemia umana perchè il ceppo di SIV più simile al gruppo M di HIV-1 era quello trovato in Africa occidentale. Lo studio durò 9 anni. Dall’immenso lavoro fatto scaturì il “paper di Gombe”, pubblicato su Nature nel 2009.

Evoluzione di un’icona
A distanza di 65 anni, il progetto scientifico di Jane a Gombe, “la ragazza senza esperienza da ignorare” (così i detrattori cercavano di screditarla), rappresenta il più lungo studio mai condotto sugli scimpanzé selvatici. Ha permesso di raccogliere dati ed approfondimenti scientifici unici su come più generazioni di scimpanzé abbiano vissuto, trasmesso la propria cultura alla prole, interagito tra loro e con l’habitat circostante, adattandosi ai cambiamenti del loro ambiente nel tempo.

Oltre al documentario che abbiamo citato, vi sono diversi libri degni di nota per tutte le età. Io e l’Africa nasce da una serie di incontri e da alcune interviste fatte dal giornalista Massimo Di Forti a Jane Goodall, nel quale “La primatologa racconta la sua Africa tra ieri e oggi, tra emozionanti conquiste scientifiche e drammatici problemi ambientali, mutamenti epocali e conflitti. Un racconto in cui la scienza diventa anche poesia. Il volume è completato da un testo di Massimo Di Forti e da un intervento di Daniela De Donno, presidente del Jane Goodall Institute Italia”.

La mia vita con gli scimpanzé di Jane Goodall è un libro di coraggio, passione, scienza, educazione civica. Infine, Le amicizie avventurose di Jane Goodall, Dian Fossey e Biruté Galdikas, di Jim Ottaviani e Maris Wicks: “La vera storia di Jane Goodall, Dian Fossey e Biruté Galdikas, tre delle più importanti scienziate del Novecento, che hanno dedicato la loro vita a farci conoscere scimpanzè, gorilla e orango. Un’entusiasmante e divertente graphic novel per avvicinare e appassionare i ragazzi e le ragazze alla scienza, attraverso il racconto delle vite avventurose di tre scienziate.”

Il messaggio che condividerebbe con giovani e giovanissimi/e si potrebbe riassumere così: se vuoi fare “qualcosa di grande”, devi lavorare tanto, cogliere al volo le opportunità e non mollare mai. La fortuna non basta. Servono determinazione e duro lavoro. C’è speranza per il futuro solo se si vince l’apatia.

Riferimenti e letture consigliate:

Desmond, M. (2017). Primate Ethology. Taylor & Francis. Retrieved from https://www.taylorfrancis.com/books/edit/10.4324/9781315127392/primate-ethology-morris-desmond

Goodall, J., & van Lawick-Goodall, J. (1986). The Chimpanzees of Gombe: Patterns of Behavior. Belknap Press of Harvard University Press. Retrieved from https://books.google.it/books/about/The_Chimpanzees_of_Gombe.html?id=eloQAQAAMAAJ&redir_esc=y

Quammen, D. (2014). Spillover. L’evoluzione delle pandemie (cap. 8, pagg. 488-495). Adelphi. Retrieved from https://books.google.it/books/about/Spillover_L_evoluzione_delle_pandemie.html?id=jgvYoQEACAAJ&redir_esc=y

Wilson, M. L., Lonsdorf, E. V., Mjungu, D. C., Kamenya, S., Kimaro, E. W., Collins, D. A., …Goodall, J. (2020). Research and conservation in the greater Gombe ecosystem: challenges and opportunities. Biological Conservation, 252, 108853. doi: 10.1016/j.biocon.2020.108853

Immagine: diapositiva su Jane Goodall proiettata al festival della scienza 2007. Pubblicata dall’account Flickr del Festival con licenza Attribuzione – Condividi allo stesso modo 2.0 Generico (CC BY-SA 2.0)