La cheratina dei maniraptori
Un nuovo studio ha analizzato approfonditamente la cheratina presente nei tegumenti di dinosauri piumati e li ha confrontati con quelli degli odierni uccelli
Le condizioni eccezionali di preservazione dei famosi livelli di età alto-giurassica e basso-cretacica del nord-est cinese non si limitano a conservare la forma di parti molli, tra cui il piumaggio, ma in alcuni casi permettono una investigazione ultrastrutturale, ovvero alla scala subcellulare, e molecolare di questi fossili eccezionali.
Pan et al. (2019) combinano analisi chimiche e scansioni col microscopio elettronico su frammenti di piumaggio di vari maniraptori, tra cui Anchiornis, e lo confrontano con analisi analoghe sul tegumento di uccelli e rettili viventi. Inoltre, ripetono le analisi su frammenti di piume e di materiale corneo (astuccio dell’unghia) in altri coelurosauri dai livelli ad elevata conservazione cinese (come Caudipteryx) e mongolica (l’alvarezsauride Shuvuuia, del quale sono preservate tracce del tegumento filamentoso).
Il risultato delle analisi dimostra che questi fossili conservano caratteristiche originarie del tegumento, e che quindi non sono il prodotto della fossilizzazione di colonie batteriche proliferate sui corpi dopo la morte. Nello specifico, le analisi identificano sia tracce di cheratina alpha (presente sia nei mammiferi che nei rettili ed uccelli) che varie forme di cheratina beta (esclusiva dei rettili ed uccelli). Il risultato più interessante è relativo al tipo di cheratina che forma le piume. Sia le analisi chimiche che quelle relative alla densità elettronica indicano che nelle piume di Anchiornis fosse presente una combinazione di cheratine più simile a quella delle piume embrionali, delle squame e delle unghie piuttosto che a quella delle piume degli uccelli moderni adulti. Dato che queste differenze di composizione sono legate alle proprietà meccaniche delle piume rispetto alle altre strutture del tegumento rettiliano, gli autori concludono che le piume di Anchiornis non fossero dotate delle medesime proprietà aerodinamiche che caratterizzano le penne odierne adatte al volo.
Questo risultato non sorprende. Studi precedenti (tra cui quello su Serikornis di cui sono coautore) indicano che le piume degli anchiornithidi non presentino tutti gli adattamenti che nelle penne moderne conferiscono loro una funzione aerodinamica. Ad esempio, le penne degli anchiornithidi, così come quelle di Caudipteryx, non mostrano barbule né amuli, e quindi non potevano restare connesse in modo coerente producendo una penna appiattita rigida e flessibile come le classiche penne da calamaio.
L’applicazione di queste metodologie chimiche e di microscopia elettronica ai fossili piumati apre uno scenario molto accattivante, almeno per un filogenetista come il vostro blogger: la possibilità di includere dati di natura molecolare e ultrastrutturale nelle analisi filogenetiche dei theropodi estinti. Tutto fa brodo per chi voglia cucinare tutti i maniraptori in un unico calderone evoluzionistico: un pizzico di molecole non può che dare sapore alla zuppa di ossa!
Pan et al. (2019) combinano analisi chimiche e scansioni col microscopio elettronico su frammenti di piumaggio di vari maniraptori, tra cui Anchiornis, e lo confrontano con analisi analoghe sul tegumento di uccelli e rettili viventi. Inoltre, ripetono le analisi su frammenti di piume e di materiale corneo (astuccio dell’unghia) in altri coelurosauri dai livelli ad elevata conservazione cinese (come Caudipteryx) e mongolica (l’alvarezsauride Shuvuuia, del quale sono preservate tracce del tegumento filamentoso).
Il risultato delle analisi dimostra che questi fossili conservano caratteristiche originarie del tegumento, e che quindi non sono il prodotto della fossilizzazione di colonie batteriche proliferate sui corpi dopo la morte. Nello specifico, le analisi identificano sia tracce di cheratina alpha (presente sia nei mammiferi che nei rettili ed uccelli) che varie forme di cheratina beta (esclusiva dei rettili ed uccelli). Il risultato più interessante è relativo al tipo di cheratina che forma le piume. Sia le analisi chimiche che quelle relative alla densità elettronica indicano che nelle piume di Anchiornis fosse presente una combinazione di cheratine più simile a quella delle piume embrionali, delle squame e delle unghie piuttosto che a quella delle piume degli uccelli moderni adulti. Dato che queste differenze di composizione sono legate alle proprietà meccaniche delle piume rispetto alle altre strutture del tegumento rettiliano, gli autori concludono che le piume di Anchiornis non fossero dotate delle medesime proprietà aerodinamiche che caratterizzano le penne odierne adatte al volo.
Questo risultato non sorprende. Studi precedenti (tra cui quello su Serikornis di cui sono coautore) indicano che le piume degli anchiornithidi non presentino tutti gli adattamenti che nelle penne moderne conferiscono loro una funzione aerodinamica. Ad esempio, le penne degli anchiornithidi, così come quelle di Caudipteryx, non mostrano barbule né amuli, e quindi non potevano restare connesse in modo coerente producendo una penna appiattita rigida e flessibile come le classiche penne da calamaio.
L’applicazione di queste metodologie chimiche e di microscopia elettronica ai fossili piumati apre uno scenario molto accattivante, almeno per un filogenetista come il vostro blogger: la possibilità di includere dati di natura molecolare e ultrastrutturale nelle analisi filogenetiche dei theropodi estinti. Tutto fa brodo per chi voglia cucinare tutti i maniraptori in un unico calderone evoluzionistico: un pizzico di molecole non può che dare sapore alla zuppa di ossa!
Pan Y. et al. 2019. The molecular evolution of feathers with direct evidence from fossils. PNAS https://doi.org/10.1073/pnas.1815703116
Immagine: Alcuni degli esemplari analizzati da Pan et al. (2019)
Immagine: Alcuni degli esemplari analizzati da Pan et al. (2019)