La grandezza dei coccodrilli contro l’ipotermia

Neptunidraco NT

Gli antichi coccodrilli adattatisi alla vita interamente acquatica avevano dimensioni medie molto maggiori rispetto ai parenti rimasti a terra. Questo sarebbe un adattamento per non congelare a morte nelle profondità dove cacciavano


Gli antichi parenti dei coccodrilli che, per la prima volta, abbandonarono la terra ferma per abbracciare uno stile di vita totalmente acquatico, andarono incontro a un marcato aumento delle loro dimensioni. Questa metamorfosi è stata spiegata con i classici motivi dell’aumento di dimensioni degli animali acquatici: minori costrizioni da parte della gravità, l’esigenza di polmoni più grandi. Una ricerca, pubblicata dall’Università di Nebraska – Lincoln sulla rivista Evolution, afferma invece che il motivo principale per l’aumento di dimensioni di questi antichi rettili sarebbe il bisogno di non disperdere troppo calore, rischiando quindi di morire congelati, nelle fredde acque. Il passaggio a uno stile di vitta totalmente acquatico da parte dei coccodrilli è avvenuto più volte: la prima, poco meno di 200 milioni di anni fa, nel Giurassico inferiore, all’interno del clade Thalattosuchia, poi anche nel cretaceo inferiore, circa 145 milioni di anni fa, con i Thetysuchia, estintisi circa tra i 55 e i 45 milioni di anni fa. Altre forme sono comparse in maniera indipendente, nel corso dei milioni di anni

All’interno del superordine dei Crocodylomorpha (contenente tutti i coccodrilli esistenti, estinti, e tutti i loro parenti ormai scomparsi) non sono mancati gli adattamenti particolari (Pikaia ne ha parlato qui, qui e qui): ci sono stati membri erbivori, insettivori, totalmente terrestri e totalmente acquatici. Un range ecologico molto ampio, all’interno di più di 250 milioni di anni di storia.

Le specie di coccodrilli attualmente esistenti sono tutte adattate a un ambiente, e uno stile di vita, semi-acquatico, e hanno una massa corporea media che spazia tra i 5 e i 1000 chilogrammi. Tra le specie estinte questo divario era estremamente più ampio, tra i 0,001 e gli 8000 chili. Le differenze di peso più importanti però sono tra le specie terrestri o semi-acquatiche e quelle adattate a un ambiente esclusivamente acquatico: la massa corporea media delle prime si è mantenuta sui 10 chili per i primi 150 milioni di anni circa della loro esistenza, per poi passare a circa 150 chili dopo l’estinzione dei dinosauri e la liberazione di numerose nicchie ecologiche. I coccodrilli marini (clade Thalattosuchia), invece, già dal momento della loro comparsa avevano una taglia media tra i 500 e i 1000 chili. Una differenza veramente notevole, ma causata da cosa?

Il grande aumento di dimensioni sarebbe una risposta adattativa, una scelta obbligata dal passaggio alla vita totalmente acquatica: in questa transizione evolutiva, i fattori chiave sarebbero stati la capacità polmonare e, soprattutto, il calore corporeo. La grandezza dei polmoni pare una ragione scontata. Con polmoni più grandi si può trattenere più aria, così da poter immergersi più a lungo e avere un rapporto tra sforzo e resa in cibo più vantaggioso. Il carico di lavoro dei polmoni però aumenta in maniera direttamente proporzionale all’aumento di dimensioni del corpo. Il tempo di immersione potrebbe così allungarsi, sì, ma non di tanto.

L’ambiente acquatico però ha un grosso svantaggio rispetto a quello terrestre: l’acqua disperde il calore molto più velocemente dell’aria. Per contrastare questo effetto gli antichi coccodrilli acquatici, prevalentemente marini, hanno dovuto evolvere maggiori dimensioni e avere pertanto un rapporto massa/volume più vantaggioso, che concedesse loro di immergersi abbastanza a lungo da potersi procacciare il cibo senza rischiare di morire di ipotermia.

Gli autori di questa ricerca hanno calcolato che, per poter sopravvivere in maniera efficiente in ambiente marino, gli antichi coccodrilli non potessero scendere di peso sotto la soglia dei 10 chili. Questa media è stata ottenuta tramite il calcolo del rapporto tra capacità polmonare, calore corporeo e peso. Per raggiungere questo risultato è stato creato un impressionante database basato sui resti fossili e sulla letteratura di ben 264 specie di coccodrilli, sia estinti che attualmente esistenti, poco meno di metà delle 580 specie attualmente note in letteratura.

Questa ricerca sottolinea, ancora una volta, come la macroevoluzione sia guidata in maniera determinante dai fattori ambientali, e come un drastico cambio di stile di vita possa avvenire solamente grazie a una serie di adattamenti morfologici e fisiologici.


Riferimenti:
William Gearty, Jonathan L. Payne. Physiological constraints on body size distributions in Crocodyliformes. Evolution, 2020; 74 (2): 245 DOI: 10.1111/evo.13901

Riferimenti immagine: Nobu Tamura [CC-BY-SA-3.0] via Wikimedia Commons