“La migrazione non è il problema, è la soluzione”: recensione di “Il secolo nomade”

Il secolo nomade

“Il secolo nomade” di Gaia Vince andrebbe letto urgentemente dagli studiosi di varie discipline, dai conoscenti di migranti del passato e dai paurosi degli immigrati contemporanei, e discusso bene, accettando di trarne conseguenze istituzionali e pratiche

Titolo: Il secolo nomade. Come sopravvivere al disastro climatico Autrice: Gaia Vince Traduzione: Giuliana Olivero Editore: Bollati Boringhieri Milano Anno: 2023 (orig. 2022) Pagine: 288  Pianeta Terra. Il secolo in corso, in particolare i prossimi ottanta anni. Nel Sud del mondo e in molte zone costiere, i cambiamenti climatici estremi spingeranno un gran numero di sapiens ad abbandonare le proprie case, a trasferirsi per sopravvivere, con vaste regioni che diventeranno inabitabili. La previsione realistica è che alla fine saranno circa 3,5 miliardi. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni delle Nazioni Unite (IOM) stima che già nei prossimi trent’anni potrebbero esserci fino a 1,5 miliardi di migranti climatici. Tutti noi, o saremo tra di loro o tra coloro che li dovranno accogliere.

In larga parte del Nord del pianeta, dove il clima è da millenni più confortevole, le economie faticheranno a sopravvivere ai cambiamenti demografici, con una forte carenza di forza lavoro e una popolazione anziana impoverita. Questa migrazione imponente e diversificata è già iniziata, non pianificata e male organizzata: gli spostamenti dovuti al clima si aggiungono alla massiccia migrazione già in atto, in tutto il mondo, verso le città. Il nostro sarà il secolo di un movimento umano senza precedenti, almeno per entità assoluta degli umani coinvolti e per distanze complessivamente percorse da tanti nel corso di una sola esistenza. Non è una sfida che si possa affrontare a livello individuale: rischiamo crescenti miseria, guerre, morti. Mentre ripristiniamo l’abitabilità del pianeta, dobbiamo pensare adesso a dove poter rilocalizzare questi miliardi di persone in modo sostenibile, il che richiede un’azione concertata di diplomazia internazionale, negoziati sui confini e adattamento delle città esistenti. Forse è venuto il momento di superare una certa mentalità geopolitica, l’idea, cioè, che apparteniamo a un particolare territorio e che esso ci appartenga. D’altra parte, sono le migrazioni antiche che ci hanno reso ciò che siamo (meticci): siamo scimmie sociali e tecnologiche, ci siamo evoluti cooperando e migrando. La chimica (non a caso) bravissima giornalista scientifica Gaia Vince (1973) ha la doppia cittadinanza, inglese e australiana. Il secolo nomade è il suo terzo libro, e andrebbe letto urgentemente dagli studiosi di varie discipline, dai conoscenti di migranti del passato e dai paurosi degli immigrati contemporanei, e discusso bene, accettando di trarne conseguenze istituzionali e pratiche, come tutto ciò che dimostra un futuro di sconvolgimenti epocali, qui relativi alla qualità inevitabile e alla quantità enorme del fenomeno migratorio nel XXI secolo (da cui il titolo). Non sono del tutto appagato rispetto all’uso dell’aggettivo nomade per indicare l’impetuosa novità, ma il significato e la sostanza sono chiari, motivati e dirimenti. Li dice così, lei figlia e nipote di rifugiati e migranti, che ha una formazione scientifica, è vissuta in tre continenti, viaggiato spesso e molto: “la migrazione non è il problema, è la soluzione”.

Le migrazioni sono inevitabili, spesso necessarie, e dovrebbero essere agevolate, un ponte indispensabile fra culture sapiens e un’opportunità per ristabilire un po’ di giustizia sociale (proprio questo fa paura ai governanti nazionalisti e ai ricchi sovranazionali, in realtà). Le persone migreranno comunque a milioni, abbiamo la possibilità di una transizione pianificata, organizzata e pacifica verso un mondo complessivamente meglio abitabile. Deve esserci un percorso dignitoso e sicuro per tutti coloro che hanno bisogno e il bisogno non nasce solo dal rischio di persecuzioni politiche e religiose, la minaccia è pure climatica ed esistenziale, drammaticamente. Vince è una delle poche scienziate che cita opportunamente più volte i Global Compact in vigore, approvati dall’Onu a fine 2018. Nel primo capitolo de Il secolo nomade (“la tempesta”) ricostruisce sinteticamente i cambiamenti climatici negli ultimi milioni di anni.

Seguono una decina di approfonditi chiari capitoli sugli eventi estremi, sulla migrazione delle cose, sulle primordiali e complicate strategie migratorie, sulla ricchezza diffusa dai migranti, sull’idea (da mantenere) di nazione, sui rifugiati climatici del futuro, sulle città dell’Antropocene, sulle nuove città resilienti, sulle abitudini alimentari, su acqua ed energia, sulla rigenerazione degli ecosistemi, sempre guardando con competenza e rigore ai prossimi decenni nei vari scenari, aggiornati alle conoscenze di fine 2021. Ottimi anche gli apparati: le note, la bibliografia essenziale, utili figure e grafici utilizzati, il vasto indice dei nomi e dei luoghi. Cita mestamente Salvini, a pag. 89; per qualche aspetto positivo la Spagna, a pag. 171. Prendiamo atto della realtà, prima possibile!