La nicchia ecologica guida l’evoluzione del veleno nei crotali
C’è una stretta correlazione tra la varietà filogenetica delle prede e la complessità del veleno dei Crotalini del Nord America. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista PNAS
I Crotalini, comunemente detti crotali, sono una sottofamiglia inclusa nei Viperidi, che si possono trovare in nelle Americhe e in Asia. E c’è una ragione se fanno parte delle vipere: possiedono infatti una coppia di denti per iniettare il veleno nella vittima, per poi cibarsene in tutta calma. Il veleno è un’arma chimica che varia da specie a specie. Può contenere proteine neurotossiche, in grado di bloccare la trasmissione sinaptica e quindi alterare meccanismi fondamentali come la respirazione, oppure può contenere enzimi citotossici, che distruggono i tessuti, spesso in associazione a fattori inibenti la coagulazione, che provocano il dissanguamento della vittima. I diversi generi di crotali nord americani possiedono veleni differenti per composizione, con combinazioni di 10 fino a 70 proteine.
Un gruppo di scienziati ha cercato dunque di stabilire da cosa dipendesse la variazione nella complessità del veleno di questi crotali, ponendo l’attenzione sulle differenze nella dieta di questi animali. Generi e specie differenti di crotali nord americani hanno infatti diete anche molto differenti. Per esempio Crotalus horridus si ciba solamente di piccoli mammiferi, mentre Agkistrodon piscivorus conanti si ciba addirittura di pesci, anfibi, serpenti, tartarughe, lucertole, uccelli e mammiferi. Gli scienziati hanno collezionato il veleno di 169 individui appartenenti a 46 specie di 3 generi di crotali nord americani, cioè Crotalus, Agkistrodon e Sistrurus. Hanno poi ricostruito una filogenesi utilizzando 1525 loci genetici non coinvolti nella produzione di componenti del veleno e raccogliendo dati bibliografici sulla dieta delle 46 specie.
Nello studio, uscito su PNAS, gli scienziati spiegano che c’è una logica correlazione tra la complessità del transcritto genetico dei geni coinvolti nella produzione di componenti del veleno e la complessità fenotipica, quindi proteica ed enzimatica, del veleno stesso. La vera scoperta di questo studio, però, è la correlazione tra la composizione del veleno di un crotalo ed un aspetto particolare della sua dieta: l’eterogeneità filogenetica delle sue prede. Prede filogeneticamente lontane tra di loro rispondono in maniera diversa a tossine ed enzimi per via delle traiettorie evolutive diverse ed uniche. Essendo il veleno un’arma chimica evolutasi su misura per la propria vittima in una co-evoluzione preda-predatore, se un serpente mangia prede molto varie filogeneticamente, deve avere nel suo veleno un set proteico e molecolare più ampio e complesso rispetto ad un serpente con un range filogenetico di prede più ristretto.
Nell’esempio che vi ho riportato prima, la differenza nella dieta tra Crotalus horridus e Agkistrodon piscivorus conanti risiede proprio nell’eterogeneità filogenetica delle prede, ampiamente superiore nel caso di Agkistrodon. Una dieta generalista richiede quindi un veleno maggiormente complesso a livello fenotipico mentre un crotalo specialista può accontentarsi di un veleno decisamente più semplice. Ma attenzione, gli scienziati hanno anche constatato come un veleno più complesso sia caratterizzato da minore letalità mentre un veleno più semplice risulti maggiorente mortale, poiché più strettamente legato intorno all’uccisione di un determinato taxon di prede. Esiste quindi una relazione inversa tra la distanza filogenetica delle prede e la letalità del veleno.
Questo studio rivela come sia la nicchia ecologica occupata dal crotalo a determinare la direzione evolutiva del suo veleno. Se il crotalo si specializzerà su una o poche specie filogeneticamente vicine (ad esempio varie specie di rane) possiamo predire che la selezione naturale premierà un veleno con pochi componenti ma altamente specializzati per quella tipologia di prede, con una risultante alta letalità. Se il crotalo, viceversa, attuerà una dieta generalista allora la selezione naturale favorirà un ampio cocktail di molecole capaci di “adattarsi” a prede anche molto distanti filogeneticamente tra di loro, ma pagando il prezzo della bassa letalità.
Anche in questo caso possiamo apprezzare il rapporto costi/benefici che guida da sempre la selezione naturale e, grazie a questo studio, comprendiamo come aspetti importanti e centrali di una specie possano essere modificati dal contesto ecologico nel quale la specie si trova.
Riferimenti:
Holding, Matthew L., et al. “Phylogenetically diverse diets favor more complex venoms in North American pitvipers.” Proceedings of the National Academy of Sciences, vol. 118, no. 17, 27 Apr. 2021, p. e2015579118, doi:10.1073/pnas.2015579118.
Immagine: Sistrurus miliarius (Serpente a sonagli nano) mentre mangia una rana, Kyle Hutchinson, via Eurekalert
Mi sono laureato in Biologia Evoluzionistica all’Università degli Studi di Padova. Ho scritto per OggiScienza e sono attivo nel campo della divulgazione scientifica. Ho creato e dirigo il progetto di divulgazione scientifica multipiattaforma “Just a Story”