La peste dei ratti

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L’espansione umana in tutte le regioni della terra, comprese le più piccole isole confinate in mezzo agli oceani, ha da sempre avuto un profondo impatto, in genere molto negativo, sulla fauna locale. La presenza umana sulle isole, in particolare, si è rivelata quasi sempre disastrosa portado all’estinzione di circa l’80% delle specie esistenti. Esempi eclatanti sono rappresentati dalla megafauna di […]

L’espansione umana in tutte le regioni della terra, comprese le più piccole isole confinate in mezzo agli oceani, ha da sempre avuto un profondo impatto, in genere molto negativo, sulla fauna locale. La presenza umana sulle isole, in particolare, si è rivelata quasi sempre disastrosa portado all’estinzione di circa l’80% delle specie esistenti. Esempi eclatanti sono rappresentati dalla megafauna di Australia e Tasmania, entrambe quasi del tutto eliminate dall’uomo tramite caccia diretta. Oltre alla caccia, anche l’introduzione di specie alloctone, predatrici, come nel caso dell’isola di Guam in cui un serpente (Boiga irregularis) ha portato all’estinzione la quasi totalità degli uccelli locali, o semplicemente dirette competitrici, ha seriamente compromesso la biodiversità delle isole.

Un recente studio, pubblicato su PLos ONE, ha messo in luce un’ulteriore causa di estinzione, indirettamente legata all’approdo dell’uomo su un’isola: un’epidemia. L’isola in questione è Christmas Island, vicino a Giava, in Indonesia, e le specie scomparse sono due ratti endemici, Rattus macleari e Rattus nativitatis, dichiarate estinte nel 1908. Prima dell’arrivo delle prime imbarcazioni, queste due specie proliferavano, ma in seguito alla discesa insieme all’uomo del ratto nero (Rattus rattus), nel 1899, attraversarono un rapido declino fino alla totale scomparsa. Ma non fu la competizione per le risorse con questa specie a condurre all’estinzione i roditori endemici, ma l’arrivo di un altro animale portato involontariamente dall’uomo: l’insetto che funge da vettore del protozoo flagellato (Tripanosoma lewisi) responsabile della malattia del sonno o tripanosomiasi. Il ratto nero, specie che ha sempre seguito l’uomo e quindi ha subito le pressioni selettive legate alla vita filoantropica, risulta immune a questa malattia, al contrario delle specie endemiche che si trovarono prive delle difese immunitarie necessarie per affrontare la nuova pesante situazione.

Un gruppo di ricercatori della Old Dominion University di Norfolk, Virginia, e dell’American Museum of Natural History ha confrontato campioni, conservati nei musei di tutto il mondo e provenienti da numerosi esemplari di queste specie, precedenti e successivi all’arrivo dei ratti neri sull’isola. Prima dell’arrivo di questa specie su Christmas Island non vi è alcuna traccia del genoma di Tripanosoma in tutti gli esemplari analizzati, al contrario di quelli raccolti nel periodo successivo al 1899, in cui si ritrova nel 30% degli individui. Questo protozoo dunque attaccò violentemente le popolazioni di Rattus macleari e Rattus nativitatis, che probabilmente non furono in grado di sviluppare le adeguate contromisure immunitarie e subirono un ingente declino.

Lo studio ha inoltre testato, e successivamente rifiutato, l’ipotesi che l’estinzione sia avvenuta a causa dell’ibridazione tra le specie endemiche e quella alloctona.

Forse l’epidemia di tripanosomiasi non fu la causa ultima della scomparsa, ma contribuì in maniera determinante al declino di queste due specie, che, indebolite, probabilmente scomparirono del tutto in seguito alla competizione con i nuovi ratti arrivati.

Andrea Romano


Riferimenti:
Wyatt et al. Historical Mammal Extinction on Christmas Island (Indian Ocean) Correlates with Introduced Infectious Disease. PLoS ONE, 3 (11): e3602 DOI: 10.1371/journal.pone.0003602