La selezione di gruppo: dibattito aperto nella teoria dell’evoluzione
Elliott Sober è Hans Reichenbach Professor e William F. Vilas Research Professor all’Università del Wisconsin – Madison. Sul suo sito web si trova un elenco completo delle sue pubblicazioni che negli ultimi anni hanno contribuito molto ad alimentare i dibattiti più interessanti in filosofia della biologia e all’interno della teoria dell’evoluzione. Una bibliografia pertinente i temi dell’intervista si trova in […]
Elliott Sober è Hans Reichenbach Professor e William F. Vilas Research Professor all’Università del Wisconsin – Madison. Sul suo sito web si trova un elenco completo delle sue pubblicazioni che negli ultimi anni hanno contribuito molto ad alimentare i dibattiti più interessanti in filosofia della biologia e all’interno della teoria dell’evoluzione. Una bibliografia pertinente i temi dell’intervista si trova in fondo alla notizia.
Pikaia: Cosa pensa circa lo status attuale della selezione di gruppo all’interno della struttura della teoria dell’evoluzione?
ES: Penso che sia un concetto importante. Fu ampiamente rifiutato negli anni Sessanta, e dagli anni Settanta c’è stato un movimento sempre crescente di biologi evoluzionisti, filosofi e scienziati sociali per cercare di sviluppare la selezione di gruppo in un concetto scientificamente rispettabile. Io faccio parte di questa idea, di questo movimento. Tutti noi rifiutiamo la selezione di gruppo ingenua – quella che assume in modo semplicistico che i tratti evolvano per il bene del gruppo. Ma è un’ipotesi legittima se si dichiara come metterla alla prova ed eventualmente supportarla. In questo modo pensiamo che sia un’importante aggiunta al mix di idee che la biologia evoluzionistica utilizza per comprendere la natura. La testabilità è un aspetto importante dell’ipotesi, e il rifiuto degli anni Sessanta era basato su argomentazioni fallaci. L’attacco era diretto alla selezione di gruppo ingenua, ma questa non corrisponde assolutamente alla selezione di gruppo reale.
Pikaia: Però, se ho ben capito, Michael Ruse non è d’accordo con voi. Perché?
ES: Beh, vediamo. Ci sono diversi elementi dietro a questo. Penso che a volte Michael creda che chi difende la selezione di gruppo stia difendendo l’idea di selezione di specie, e su questo si sbaglia. Ci sono alcuni che sono favorevoli alla selezione a livello di specie: Steve Gould cercò di svilupparla e difenderla. Ma quando David Wilson, io e molti altri parliamo di selezione di gruppo intendiamo selezione all’interno della singola specie, laddove differenti gruppi di organismi conspecifici sono in competizione l’uno con l’altro. E questa è anche la tradizione, ciò di cui Darwin parlava quando rifletteva sull’evoluzione della moralità: che vi fossero state tribù umane in competizione con altre tribù umane. Questo è ciò che noi intendiamo per selezione di gruppo. Non la selezione di specie.
Pikaia: E la selezione di specie non è per lei un’ipotesi legittima?
ES: No, no, io personalmente penso che sia un’ipotesi interessante per come l’hanno sviluppata Steve Gould e Niles Eldredge. Penso che sia in realtà molto diversa dalla selezione di gruppo, e ora l’unica domanda è: possiamo noi mostrare dati che supportino in modo efficace l’argomento che la selezione di specie ha caratteristiche distintive? E quindi per me la domanda è: qual è l’evidenza empirica del ruolo della selezione di specie nell’evoluzione di diverse caratteristiche?
Pikaia: Ma questa è una domanda diversa da quella sulla selezione di gruppo.
ES: Certo, assolutamente.
Pikaia: Vuole aggiungere qualcosa sulla relazione tra la selezione di gruppo e la selezione multi-livello che è oggi richiamata spesso nella biologia evoluzionstica?
ES: Sì, la visione che David Wilson e io portiamo avanti – lui è in realtà l’autore di questa idea – è che la selezione può avvenire a molti livelli. Non è solo selezione individuale, o solo selezione di gruppo, non è solo conflitto intragenomico, ma tutti questi processi possono avvenire. Molte caratteristiche sono coinvolte simultaneamente in differenti processi di selezione, e sono influenzate da tali processi.
C’è un dettaglio che penso di dover aggiungere, un altro aspetto che separa la posizione di Michael Ruse dalla mia: è lo status della selezione di parentela (kin selection). D’accordo, questa è una questione su cui Hamilton cambiò idea. Inizialmente pensò alla selezione di parentela come a una forma di selezione individuale, e poi negli anni Settanta arrivò a vederla come una forma di selezione di gruppo. Il requisito chiave perché la selezione di gruppo causi l’evoluzione di una caratteristica altruistica è che gli altruisti interagiscano preferenzialmente l’uno con l’altro. Gli altruisti interagiscono con gli altruisti, gli egoisti con gli egoisti, e un certo grado di questa preferenzialità rende possibile l’evoluzione di caratteri altruistici. Un modo importante (sebbene non l’unico) per far sì che gli altruisti interagiscano preferenzialmente con altri altruisti deriva dal fatto che i parenti interagiscono tra loro. Ecco perché David Wilson e io pensiamo che la selezione di parentela sia una variante, una tipologia, di selezione di gruppo. La selezione di parentela non è altro che selezione di gruppo dove gli individui sono geneticamente imparentati tra loro. Ma ciò non cambia la struttura fondamentale dell’argomento: si ha comunque una molteplicità di gruppi che competono l’uno con l’altro. E’ selezione di gruppo. Questo è ciò che io penso.
Pikaia: Ed è necessario che l’individuo sia in grado di distinguere gli individui altruisti dagli egoisti?
ES: No, non è necessario. Può avere peso in alcuni casi. Il primo esempio che Hamilton sviluppò è molto bello: un insetto depone una covata di uova, le uova si schiudono, e molti individui interagiscono tra loro perché vivono vicini nello stesso nido. Non è necessario che si riconoscano, interagiscono con gli individui con cui vivono. Se il nido è quello di una singola femmina fecondata, tutti gli individui della generazione successiva sono fratelli e sorelle. Ecco che si ha selezione di parentela senza alcun riconoscimento di parentela. Quest’ultima condizione non è richiesta.
Pikaia: E cosa pensa della proposta di una Nuova Sintesi Evoluzionistica? Molti autori (come Massimo Pigliucci) ora portano avanti l’idea di una nuova sintesi con un maggior numero di processi e fattori che entrano nella teoria dell’evoluzione. Pensa che la selezione multi-livello possa giocare un ruolo in tutto questo?
ES: Sì, penso che la Selezione Multi-Livello (MLS) sia molto importante: per me è l’elemento organizzatore centrale per pensare alla selezione naturale. Non si può pensare soltanto alla selezione tra individui, o solo tra gruppi, o solo tra geni: bisogna pensare a una pluralità di tipi di processi selettivi. Ci sono inoltre più dimensioni che vanno ad aggiungersi a quella che di solito chiamiamo evoluzione biologica: c’è l’evoluzione culturale, dove è vero che le nozioni di riproduzione e di successo sono ridefinite, ma le culture competono con altre culture nella società umana, e non si tratta di avere bambini, ma che le proprie idee si diffondano. E’ un processo selettivo anche questo.
Pikaia: Il suo ultimo libro tratta delle evidenze nelle scienze biologiche e nel Disegno Intelligente. Vuole parlarcene?
ES: Le critiche che porto al Disegno Intelligente non si connettono in realtà con ciò che si può pensare della Selezione Multi-Livello o di quella tra individui: per me l’approccio creazionista è il vecchio argomento del disegno (argument from design), che ha centinaia di anni. E’ messo in atto con nuovi esempi, ma si tratta sempre del solito vecchio argomento, e se era una cattiva argomentazione già prima di Darwin, oggi è un’argomentazione ancora peggiore. Richard Dawkins sicuramente è d’accordo con me su questo, perché possiamo discutere sulla Selezione Multi-Livello e comunque essere d’accordo sul fatto che la teoria del Disegno Intelligente è molto sbagliata.
Pikaia: Quindi il suo libro è dedicato al confine tra scienza e non-scienza, mentre gli altri dibattiti sono interni alla scienza e alla teoria dell’evoluzione.
ES: Il primo capitolo è sul concetto di evidenza, quale è compreso in differenti aree della statistica e della probabilità, su come queste possono essere applicate, e c’è stato un dibattito negli ultimi 90 anni all’interno della statistica su quale sia il modo corretto per pensare la probabilità, l’inferenza e l’evidenza. Il primo capitolo è su questo. Il secondo è sul Disegno Intelligente e sul creazionismo, il terzo è sulla selezione naturale, il quarto è sulla discendenza comune. Gli ultimi tre capitoli sono applicazioni delle idee sull’evidenza che sono sviluppate nel primo capitolo. Ecco, il libro è organizzato così.
Intervista di Emanuele Serrelli
Bibliografia
- Elliott Sober & David Sloan Wilson (1998), Unto others: The evolution and psychology of unselfish behavior, Harvard University Press, Cambridge, Mass.
- Michael Ruse (2000), The Evolution Wars: A Guide to the Controversies, Santa Barbara: ABC CLIO. Paperback, Rutgers University Press, 2001.
- Michael Ruse (2000). Review of Sober and Wilson, Unto Others: The Evolution and Psychology of Unselfish Behavior. Ethics 110 (2):443-445.
- Sul lavoro di Hamilton:
- Emanuele Coco (2008), Egoisti, malvagi, generosi. Storia naturale dell’altruismo, Bruno Mondadori.
- Sulla selezione di specie:
- Niles Eldredge (1985), Unfinished Synthesis, Oxford University Press, New York.
- Stephen Jay Gould, Niles Eldredge (1988), “Species selection: its range and power”, Nature 334, 19.
- Elisabeth A. Lloyd, Stephen Jay Gould (1993), Evolution “Species selection on variability”, Proc. Natl. Acad. Sci. USA Vol. 90, pp. 595-599.
- Stephen Jay Gould (2002), trad. it. La struttura della teoria dell’evoluzione, Codice Edizioni, Torino, 2003.
- Samir Okasha (2006), Evolution and the Levels of Selection, Oxford University Press.
- Elliott Sober (2008), Evidence and Evolution. The Logic Behind the Science, Cambridge University Press.
- Massimo Pigliucci (2007), “Do we need an extended evolutionary synthesis?”, Evolution 61: 2743-2749, 2007.