La spezia divina e il giovane creolo: storia della vaniglia

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Dall’orchidea tropicale alla spezia pregiata, la vaniglia deve la sua diffusione a un’ingegnosa tecnica di impollinazione artificiale

Chi non conosce la vaniglia, il suo gusto o il suo profumo? Ma se vi chiedessero qual è la sua zona di origine e da quale tipo di pianta si ricava, sapreste rispondere?

La pianta della vaniglia è un’orchidea (Vanilla planifolia) che cresce spontaneamente nelle foreste pluviali del Messico, dell’America centrale e in parte dell’America Meridionale. La pianta è rampicante e si sviluppa come una liana, flessibile e poco ramificata, che si arrampica su supporti naturali.

Il fiore è morfologicamente molto complesso, e la pianta non può autoimpollinarsi. Nel suo ambiente naturale dipende da impollinatori specifici. In passato si riteneva che l’impollinazione fosse opera di un’ape senza pungiglione del genere Melipona, ma non è ancora stato identificato con certezza un impollinatore specifico. Studi sulle altre specie di Vanilla, strettamente imparentate, suggeriscono che si tratti comunque di api che appartengono alla tribù Euglossini.

Dopo la fecondazione, l’ovario si trasforma in una capsula pendente, simile a un baccello lungo tra i 12 e i 25 centimetri, di colore verde e contenente migliaia di minuscoli semi. Tuttavia, i frutti freschi non possiedono ancora l’aroma caratteristico della spezia: per ottenerlo, sono necessarie complesse lavorazioni post-raccolta.

La scoperta della vaniglia da parte degli Europei

I Totonachi, un popolo indigeno in conflitto con gli Aztechi, furono tra i primi a coltivare e lavorare la vaniglia. La chiamavano Tlilxotchitl, che in lingua nahuatl significa “baccello nero”, in riferimento al colore assunto dal frutto dopo l’essiccazione. Gli Aztechi utilizzavano la spezia combinandola con il cacao per preparare una bevanda sacra: la cioccolata!

Gli Europei scoprirono la vaniglia solo nel 1520, quando Hernán Cortés sbarcò in Messico e gli fu offerta una bevanda a base di cioccolato e vaniglia dall’imperatore Montezuma. L’impero azteco, che si estendeva dal Golfo del Messico all’Oceano Pacifico e dal Messico centrale al Guatemala, terminò nel 1521, quando i Conquistadores spagnoli e i loro alleati sconfissero l’ultimo sovrano azteco, Cuauhtémoc, e catturarono la loro capitale, la bellissima Tenochtitlán.

Quello che fecero i Conquistadores al Popolo azteco credo che possa essere considerato uno dei peggiori e più efferati genocidi che la Storia ricordi! Tra uccisioni ed epidemie di vaiolo, introdotte dagli Europei, la popolazione messicana si ridusse da 25 a 1 milione! Gli Spagnoli completarono la conquista imponendo la loro lingua, religione e cultura alla popolazione nativa.

La coltivazione della vaniglia fuori dal Messico

Affascinati dal suo profumo, gli spagnoli portarono in patria piccole piante di vaniglia e talee da coltivare in serra. Prima ancora di iniziare a coltivarla, iniziarono però subito ad usare la spezia, in cucina e per la preparazione dei profumi, e lo stesso fecero i Francesi. La spezia veniva importata dal Messico, a caro prezzo! Il Messico conservò a lungo il monopolio della vaniglia, e i Totonachi rimasero i principali produttori fino alla metà del XIX secolo.

Come mai accadeva tutto questo visto che in Europa le piante avevano attecchito e crescevano, sparse in diversi orti botanici? Perché tutti i tentativi di far riprodurre questa orchidea, al di fuori del suo habitat naturale, fallirono. I Francesi all’inizio del XIX secolo introdussero la pianta sull’Isola Bourbon, oggi conosciuta come La Réunion, situata a Est del Madagascar, ma nonostante il clima tropicale, i molti tentativi non andarono a buon fine!

Mancavano gli impollinatori nativi, necessari per la fecondazione del fiore di vaniglia e la formazione del frutto. I botanici pensavano che anche altre specie di api potessero svolgere questo compito, ma si trattava probabilmente di un caso di coevoluzione stretto.

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Foto: regulator974CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

La scoperta di Edmond Albius

Uno dei primi a compiere l’impresa di impollinare artificialmente la vaniglia fu un giovane schiavo creolo di 12 anni, Edmond Albius, e sulla sua storia vi raccomando il libro Il frutto più raro. La scoperta della vaniglia di Gaëlle Bélem Edmond. Nato il 9 agosto 1829 a Sainte-Suzanne, Edmond era orfano dalla nascita, perché la madre Mélise era morta di parto e il padre Pamphile era fuggito, abbandonandolo. Venne cresciuto da un grande proprietario terriero francese, che era anche un botanico: Ferréol Bellier-Beaumont, proprietario della Piantagione Bellevue a Bourbon. Ferréol era un vedovo disperato e inconsolabile a cui la presenza del piccolo creolo cambiò la vita.

Tutti i giorni Ferréol portava a spasso per il suo Orto Botanico meraviglioso il piccolo Edmond e lo istruiva indicandogli le piante bellissime che coltivava. Gli aveva parlato di un grande botanico: Carl Von Linné, che aveva assegnato nomi scientifici a 3000 piante. Chiaro che dopo queste premesse Edmond a cinque anni conosceva già sia il nome popolare, che quello scientifico di ogni pianta! Allora Ferréol gli permise di tenere, con il suo aiuto, un piccolo orto, dove si coltivavano le erbe per la cucina. Questa parte della vita di Edmond mi ha fatto pensare immediatamente al piccolo Linneo, che aveva fatto la stessa esperienza con suo padre.

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Passarono gli anni e anche Edmond si concentrò sull’enigma dell’impollinazione della vaniglia, studiandola attentamente si accorse di un particolare che sarà vincente! Sul fiore di vaniglia vi è un ostacolo naturale, una membrana detta rostello, che separa l’organo maschile da quello femminile. È un delicato imene di protezione, che impedisce qualunque fecondazione. Con una scheggia di bambù Edmond sollevò l’opercolo facendo uscire gli stami. Mise poi lo stame, pieno di polline, a contatto con lo stigma.

Il fiore di vaniglia era fecondato. Edmond credette di essere nel giusto, e continuò questa manovra sui fiori vicini. Edmond non lo sapeva, ma il rostello serve per impedire l’autoimpollinazione. Cinque settimane dopo, mentre attraversava il Vaniglieto di Ferréol, Edmond trovò un baccello rigido color verde mela lungo due dita, che sembrava un fagiolino. Edmond sapeva che era il primo baccello di vaniglia di Bourbon, nato fuori dal Messico. Era il 1841, erano passati più di tre secoli dalla scoperta della pianta.

Il giovane creolo e il suo mentore, Ferréol Bellier-Beaumont, iniziarono un tour dell’isola di Réunion, visitando le altre coltivazioni, dove Edmond insegnava la tecnica di impollinazione ai coltivatori. Edmond, però, capì subito di non essere arrivato ad ottenere la spezia: quando mangiò un pezzo di baccello, si accorse che aveva il sapore di un fagiolino e non il meraviglioso aroma della vaniglia! Una decina d’anni dopo Ernest de Loupy, un coltivatore di Saint-André iniziò a fare ricerche per capire quali metodi usavano i Totonachi per ottenere la spezie. Ottenne informazioni, poi iniziò a sperimentare e dopo molti tentativi ottenne i baccelli di vaniglia. Vi risparmio la lunga descrizione del processo di essiccazione.

Nel 1848 La Réunion, esportava qualche decina di chili di vaniglia, che diventarono duecento all’inizio degli anni Cinquanta dell’Ottocento, tre tonnellate nel 1858 e duecento tonnellate nel 1898. La coltivazione venne estesa poi anche al Madagascar.

Ma torniamo al nostro Edmond … Il 22 novembre 1848 venne abolita la schiavitù nelle colonie francesi, Ferréol lo affrancò e lui diviene un uomo libero. Gli venne assegnato anche un cognome, che gli schiavi non potevano avere. Si chiamerà Albius, dal termine latino “albus” che significa bianco, per ricordare il colore dell’orchidea, che ebbe un ruolo così importante nella sua vita.

Lasciò la tenuta per trasferirsi a Saint-Denis, dove pur lavorando molto visse di stenti. Poi finalmente a ventidue anni fu assunto come cuoco al servizio di Joseph Marchand, capitano aiutante maggiore, abitante a Saint-Denis. Edmond aveva imparato a cucinare dalla cuoca di Bellier-Beaumont, Colombine. Edmond ritrovò il gusto per la vita attraverso il sapore dei pasti che preparava. Cucinava tonno al curry, civet d’oca, quaglie farcite di litchi, piatti molto diversi dalla sbobba quotidiana a cui era abituato.

Come ringraziamento il padrone gli tolse il cibo e in seguito lo accusò di aver rubato alimenti e alcune collanine di scarso valore! Per questi bianchi francesi lui era ancora uno schiavo nero, su cui infierire liberamente. Edmond venne arrestato 7 settembre 1851, e condannato a cinque anni di reclusione e di catena, per un furto non dimostrato. Venne inoltre avviato ai Lavori forzati

Ferréol, e tutti quelli che conoscevano bene Edmond, chiesero una riduzione della pena e una ricompensa pubblica, dicendo che il ragazzo meritava più di chiunque altro la riconoscenza pubblica e la clemenza del governo. Il 26 aprile 1855 Edmond uscì di prigione, ad attenderlo trovò Ferreol, il suo padre adottivo. Fu ancora lui a regalargli una casetta e un terreno coltivato a orchidee, mais e patate dolci a cui Edmond aggiunse un orto. Lui era il ragazzo che tutti chiamavano il “Linneo africano”

Rimase solo per molti anni poi incontrò una ragazza, la cui famiglia proveniva dall’India, Marie-Pauline Bassana, che aveva diciotto anni, Edmond ventidue di più. I due si innamorarono e si sposarono nel 1871 e furono molto felici. Purtroppo, il 29 gennaio 1876, meno di cinque anni dopo il matrimonio Marie-Pauline, morirà a causa delle Febbri, frequenti sull’isola. I tifoni distrussero più volte le coltivazioni di Edmond, ma lui riuscì sempre a riprendersi, fino alla sua morte per febbre virale nel 1880, all’età di 51 anni.

Bibliografia:

Il frutto più raro. La scoperta della vaniglia” di Gaëlle Bélem

La vraie couleur de la vanille” di Sophie Cherrer

La vanille: A la recherche de l’orchidée au fruit noirdi Tim Ecott

“Vanilla: A Cultural History Of The World’s Most Popular Flavor And Fragrance” di Patricia Rain

“La Réunion Ile de Vanille”

Immagine in apertura: Vanilla planifolia – Köhler–s Medizinal-Pflanzen-278 – Vanilla planifolia – Wikipedia