La strategia di caccia dei Neanderthal di Combe-Grenal

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I Neanderthal di Combe-Grenal, nella Francia sud-occidentale, non hanno modificato le proprie strategie di caccia di fronte ai cambiamenti climatici. La ragione è nella straordinaria plasticità ecologica degli ungulati.

Un recente studio pubblicato su PLOS one ha mostrato la preferenza dei Neanderthal di Combe-Grenal per la caccia in spazi aperti durante tutto il paleolitico medio.
Le popolazioni di Neanderthal che hanno vissuto nella famosa grotta, tra i 150 mila e i 45 mila anni fa, non avrebbero quindi avuto bisogno di adattare le proprie strategie in risposta ai cambiamenti climatici che sono avvenuti in questo lungo periodo. La ragione è da rintracciare nella straordinaria plasticità ecologica degli ungulati, risorsa prevalente di quelle popolazioni neandertaliane, che hanno continuato a nutrirsi in spazi aperti, nonostante le forti oscillazioni ambientali e climatiche. 

L’evoluzione della cultura materiale dei Neanderthal è al centro di un acceso dibattito. Ciò che sappiamo è che non sono mai riusciti a innovare le proprie tecnologie in maniera decisiva, affidandosi alla capacità di adattamento e di resilienza anziché modificare attivamente la propria nicchia ecologica per far fronte ai cambiamenti. Potrebbe essere stata questa la differenza cruciale tra i Sapiens e i Neanderthal. 

Combe-Grenal e le collezioni di Bordes

La grotta di Combe-Grenal è una delle più importanti archeo-sequenze musteriane della Francia sud-occidentale e da decenni è al centro delle ricerche sui cambiamenti ambientali e le strategie di sussistenza del passato. All’interno dell’intera sequenza sono stati rinvenuti 12.000 esemplari, appartenenti a 27 specie diverse e più di 550 individui.  Oltre a questi sono stati rinvenuti 29 resti di Neanderthal e più di 144.000 manufatti.  Le collezioni di Bordes costituiscono la prima e più estesa sequenza del sito. Scavata tra il 1953 e il 1965, è lunga 13 metri e costituita da 65 strati divisi in 3 livelli sovrapposte. Per lo studio sono stati considerati i primi 36 strati, collocati nel livello più alta. Lo stesso François Bordes, alla guida dei primi scavi, ha coniato il termine “facies musteriane” per riferirsi alla straordinaria variabilità tecnologica del sito e che pone Combe-Grenal al centro del dibattito sul progresso tecnologico durante il Musteriano in Europa occidentale. 

La fauna di Combe-Grenal

L’analisi degli strati ha evidenziato una sostituzione, nel corso del tempo, delle specie più abbondanti nelle zone di caccia dei Neanderthal. Dalla dominanza iniziale di cervi, negli strati più bassi della terrazza, si è passati a quella di bovidi e renne (strati più alti). Forse, ci mettono in guardia gli autori, i cavalli e i grandi bovidi (i primi presenti negli strati più recenti e i secondi presenti uniformemente in tutti gli strati), possono essere stati sovrarappresentati a causa del recovery bias (i reperti di grandi dimensioni sono più facili da trovare rispetto a quelli piccoli). Tra le specie identificate ci sono i bisonti e gli uri.
Infografica Combe-Grenal_Autore: Luca Amato

Infografica di Luca Amato

Questi animali, affermano gli autori, sono utilizzati come “proxy” dell’habitat per fare inferenze sulle condizioni ambientali del passato, ma si tende spesso a trascurare la loro plasticità ecologica e le interazioni che hanno avuto con le popolazioni del passato. Molte di queste specie, come il bisonte europeo, hanno infatti cambiato la loro dieta nel passaggio dal pleistocene all’olocene, passando dal pascolo in spazi aperti a un’alimentazione mista in ambienti boschivi. Ma è stato così anche a Combe-Granal?  

L’effetto “ultima cena”

Gli autori affermano infatti che “quando si considerano le società preistoriche, la cui sussistenza si basava in larga misura sulla caccia ai grandi mammiferi, la conoscenza delle comunità di animali che predavano è fondamentale per contestualizzare meglio le interazioni uomo-ambiente”. 

I risultati dello studio guidato dall’archeologa Emilie Berlioz sono stati ottenuti analizzando la
microstruttura della dentatura dei fossili di ungulati rinvenuti nel sito di Combe-Grenal, che offrono informazioni preziose sulla loro dieta e sui cambiamenti paleoambientali di quel periodo. La ricerca si è concentrata sull’analisi tridimensionale della dentatura di quasi 400 individui appartenenti a diverse specie: 116 renne (Rangifer tarandus), 202 cervi rossi (Cervus elaphus) e 50 tra bisonti delle steppe (Bison priscus) e uri (Bos primigenius). L’usura dei denti ha permesso ai ricercatori di dedurre la dieta degli individui e la disponibilità di risorse nei loro ultimi giorni di vita, il cosiddetto effetto “ultima cena”. Sono stati scelti i secondi molari inferiori e, se non disponibili o alterati, sono stati selezionati il 1° o il 3° molare inferiore. Dalle analisi è emerso che gli animali cacciati si sono nutriti in prevalenza di piante che crescono nei prati o in ambienti simili alla tundra. Grazie alla loro formidabile plasticità ecologica, gli ungulati hanno quindi continuato a cercare risorse in spazi aperti, nonostante le forti oscillazioni ambientali e climatiche che hanno caratterizzato quei millenni e che sono riscontrabili lungo tutta la sequenza di Bordes. Di conseguenza, le popolazioni neandertaliane di Combe-Grenal probabilmente non hanno dovuto adattare le proprie tecnologie e le proprie strategie di caccia agli incontri ravvicinati in ambienti boschivi, ma hanno continuato a cacciare in spazi aperti.

Riferimenti:
Berlioz, Emilie, et al. “A long-term perspective on Neanderthal environment and subsistence: Insights from the dental microwear texture analysis of hunted ungulates at Combe-Grenal (Dordogne, France).” PLOS ONE, vol. 18, no. 1, 18 Jan. 2023, p. e0278395, doi:10.1371/journal.pone.0278395.

Infografica: Luca Amato
Immagine di apertura: da The Tale of Tal, di Gianpaolo di Silvestro e Luca Vergerio