La vita nella “zona terminator”

zona terminator

I pianeti rocciosi che orbitano attorno alle stelle nane rosse sono promettenti per la ricerca della vita extraterrestre grazie alla loro abbondanza nello spazio. Ma questi pianeti mostrano sempre la stessa faccia alla propria stella: è veramente possibile la vita su questi pianeti? 

Si calcola che circa il 70% di tutte le stelle dell’universo siano nane rosse: piccole stelle più fredde e meno luminose del nostro sole, caratterizzate da un colore solitamente rosso-arancione. 
Per la loro bassa temperatura, la zona abitabile circumstellare (il range orbitale nel quale attorno a una data stella esistono le condizioni che permettono all’acqua di esistere anche allo stato liquido) è vicinissima alla stella stessa.
Per gli scienziati impegnati nella ricerca di oggetti astronomici in grado di sostenere la vita queste stelle sono un bersaglio ideale anche grazie alla loro abbondanza. E infatti, nel corso degli anni varie stelle nane rosse hanno rivelato agli scienziati di possedere esopianeti nelle loro orbite. Trappist1 possiede ben 7 pianeti in orbita, almeno 3 dei quali candidati al sostegno di una possibile vita extraterrestre.

Abitabili o no?


Ma è veramente possibile l’esistenza della vita su questi pianeti? La questione è dibattuta, perché hanno tutti una particolarità che li rende molto simili alla nostra luna: mostrano sempre la stessa faccia. Come è accaduto nel sistema Terra-Luna, l’intima vicinanza tra gli esopianeti e la loro nana rossa ha fatto sì che la maggior attrazione gravitazionale della stella frenasse la rotazione dei propri pianeti. Questi ultimi  ruotano ancora, come la nostra Luna, ma lo fanno alla stessa velocità con la quale orbitano attorno alla stella nana rossa, con il risultato, di avere sempre una faccia illuminata e una faccia sempre al buio. Questa condizione prende il nome di blocco tidale, e rischia di far sfumare le possibilità che questi pianeti possano presentare acqua allo stato liquido.

Sulla rivista The Astrophysical Journal è stato pubblicato un articolo scientifico che esplora una intrigante possibilità: che questi esopianeti in blocco tidale possiedano una cintura abitabile proprio dove si incontrano la faccia sempre illuminata dalla stella e quella sempre al buio, la cosiddetta zona terminator.
Gli scienziati hanno concepito 9 esopianeti diversi per quantità di acqua, pressione atmosferica e distanza dalla stella, per poi avviare delle simulazioni che mostrassero l’evoluzione del clima nelle diverse zone terminatori di questi pianeti.

Le speranze per la vita nella la zona terminator


Nei mondi caratterizzati da un grande abbondanza di acqua si verifica una continua evaporazione sul lato illuminato che in poco tempo scherma la superficie dai raggi della stella. Allo stesso modo, lo spesso strato di vapore impedisce al calore generato dal pianeta di disperdersi nello spazio, generando un effetto serra che riscalda anche il freddo lato non illuminato dove l’acqua è intrappolata in ghiacciai perenni. Il lato illuminato non risulta così caldo e il lato al buio non è più cosi freddo. Sembra promettente ma le simulazioni mostrano come l’effetto serra vada fuori controllo rendendo inabitabile la zona terminator. Inoltre, nei pianeti ricchi di acqua più distanti dalla stella la simulazione mostra un continuo e inesorabile intrappolamento dell’acqua sotto forma di vapore nel ghiaccio della zona buia mentre in quelli più vicini alla stella la simulazione evidenzia la fuga nello spazio dell’eccessivo vapore prodotto: in entrambi i casi si ha una perdita di acqua disponibile alla possibile vita sul pianeta.

Ma i pianeti con poca o pochissima acqua si sono dimostrati più promettenti: non si verifica l’effetto serra e la differenza di temperatura tra lato illuminato e lato buio crea una zona terminator abitabile. Qui il clima sarebbe temperato ma piuttosto secco e, cosa più importante, stabile, a differenza dei mondi ricchi di acqua.
Su questi pianeti, gli scienziati ipotizzano che l’acqua nella zona terminator non provenga tanto dalle precipitazioni, che sono assenti e concentrate nella zona illuminata, ma piuttosto dai ghiacciai della zona buia. Sotto il peso dei ghiacciai, infatti, il ghiaccio stesso da un lato fonde riversando acqua nel sottosuolo e dall’altro spinge gli strati più esterni e sottili verso la zona terminator dove il clima più mite li scoglie, liberando ulteriore acqua. Ovviamente sempre che in un determinato momento questi ghiacciai si siano in qualche modo formati.

I ricercatori pur essendo convinti che i pianeti con poca acqua siano i più promettenti non escludono due possibilità di “salvezza” per i mondi con abbondante presenza di acqua. La prima prevede che, a seguito della perdita di acqua descritta in precedenza, si trasformino semplicemente anche loro in pianeti secchi; e la seconda è che di acqua ce ne sia davvero tanta. Infatti, ipotizzando un pianeta con un unico oceano globale abbastanza profondo e salato, gli scienziati sono convinti che le correnti e la salinità potrebbero mantenere un equilibrio tra l’acqua liberata dai ghiacciai per scioglimento e l’acqua persa sotto forma di vapore o ghiaccio.

Molti mondi strani e diversi fra loro dove la vita in un modo o nell’altro nella zona terminator potrebbe essere possibile. 

Riferimenti: Lobo, Ana H., et al. “Terminator Habitability: The Case for Limited Water Availability on M-dwarf Planets.” Astrophysical Journal, vol. 945, no. 2, 16 Mar. 2023, p. 161, doi:10.3847/1538-4357/aca970.

Immagine: la zona terminator su Wreel, un esopianeta immaginario in blocco tidale che orbita intorno a una nana rossa. Di Beau.TheConsortium via Rare Earth Wiki, licenza  CC-BY-SA