L’ambiente può condizionare l’attivazione di geni nei batteri? ovvero i batteri possono imparare dalle proprie esperienze?
I batteri vengono generalmente considerati e descritti come sistemi biologici in grado di rispondere prontamente a stimoli ambientali che vanno direttamente ad agire sul genoma batterico attivando o disattivando network genici. Un classico esempio di questo processo di regolazione genica è data dalla risposta dei batteri al lattosio. In particolare, i geni necessari per utilizzare il lattosio come nutrimento sono […]
I batteri vengono generalmente considerati e descritti come sistemi biologici in grado di rispondere prontamente a stimoli ambientali che vanno direttamente ad agire sul genoma batterico attivando o disattivando network genici.
Un classico esempio di questo processo di regolazione genica è data dalla risposta dei batteri al lattosio. In particolare, i geni necessari per utilizzare il lattosio come nutrimento sono attivi solo in presenza di lattosio ed è il lattosio stesso che agisce a livello molecolare legando una proteina la cui funzione è reprimere l’espressione dei geni per la degradazione del lattosio. In questo sistema quindi ad uno stimolo (la presenza del lattosio) genera immediatamente una risposta: l’attivazione del sistema per la degradazione del lattosio.
Questo sistema è estremamente parsimonioso poiché ogni network genico viene attivato solo quando è necessario evitando di sintetizzare RNA o proteine che non sono immediatamente necessari ai batteri. In questo modo quindi i batteri rispondono prontamente agli stimoli ambientali, ma non possono anticiparli. Ma questo è realmente vero?
Amir Mitchell e colleghi hanno invece dimostrato, in un articolo intitolato “Adaptative prediction of environmental changes by microorganisms” pubblicato sul volume del 9 luglio di Nature, che i batteri possono essere condizionati ovvero a fronte di una serie di stimoli reiterati possono anticipare la risposta attivando specifici network prima dello stimolo in modo da poter sfruttare nel migliore dei modi eventuali risorse che saranno disponibili nell’immediato futuro.
Il modello dei Mitchell e colleghi è molto intrigante perché suggerisce che i batteri possano aver evoluto la capacità di anticipare l’attivazione di alcuni network genici a fronte di una serie ripetuta di stimoli. Questo meccanismo, che gli autori hanno definito condizionamento adattativo anticipatorio permette quindi ai batteri di avere attivi network genici per l’utilizzo di alcune risorse alimentari subito prima che queste siano disponibili evitando quindi i ritardi di risposta legati all’attivazione de novo di geni a seguito di uno stimolo. Ad esempio, se ripetutamente a seguito della presenza di lattosio nell’ambiente i batteri si debbano riprogrammare per utilizzare zuccheri diversi dal lattosio, sulla base nel modello di Mitchell essi potrebbero aver evoluto la capacità di attivare i geni per degradare zuccheri diversi dal lattosio ancora in presenza del lattosio “prevendo” che a breve vi sarà la necessità di processare zuccheri diversi.
Questo modello è assolutamente sorprendente poiché mostra la possibilità che esista nei batteri una forma di condizionamento del tutto simile a quello dimostrato negli anni ’60 da Ivan Pavlov.
Un ulteriore aspetto di interesse deriva dal fatto che questo modello è supportato da un solido set di esperimenti fatti utilizzando Escherichia coli come modello sperimentale sottoposto ad una sequenza di stimoli. In particolare, gli autori hanno cercato di realizzare una serie di stimoli coerenti con la storia evolutiva del batterio poiché la presenza di condizionamento adattativo anticipatorio non può che essere il risultato di un adattamento a stimoli ripetuti che i batteri hanno ricevuto nel corso della propria storia evolutiva. Ad esempio, per E. coli la seria di stimoli applicati in laboratorio si basava su un alternanza lattosio/maltosio che i batteri di questa specie incontrano quando passano attraverso il nostro apparato digerente in cui trovano molto lattosio e poco maltosio all’inizio del tratto gastrointestinale e successivamente molto maltosio e poco lattosio nei tratti successivi dell’intestino. La tappa successiva è stata verificare la presenza di condizionamento anche nel lievito Saccharomyces cerevisiae in cui gli autori hanno ripetuto gli stimoli che generalmente si susseguono a seguito dei processi fermentativi: aumento temperatura, aumento della concentrazione di etanolo ed aumento dello stress ossidativo.
In entrambi i modelli sperimentali si è riscontrata in laboratorio la presenza di anticipazione per cui ad esempio i batteri attivavano i network genici per la degradazione del maltosio quando era ancora presente il lattosio in modo da predisporre la cellula all’utilizzo del maltosio non appena questo diventasse presente nell’ambiente. In modo analogo, nel lievito tutti i sistemi di protezione dallo stress ossidativo e dalla presenza di elevate quantità di etanolo sono già attivi prima che la fermentazione arrivi a queste tappe portando ad un netto incremento della sopravvivenza dei lieviti rispetto a quanto accadrebbe in assenza di anticipazione della risposta.
Ma cosa accade se i batteri vengono mantenuti per lunghi periodo in ambienti con il solo lattosio come zucchero? Gli esperimenti di Mitchell dimostrano che l’assenza di alternanza porta alla non attivazione anticipata del sistema per la degradazione del maltosio e quindi alla perdita del processo di anticipazione. Questo dato supporta i precedenti esperimenti perchè esclude la possibilità che negli esperimenti precedenti l’attivazione dei geni per il maltosio potesse avvenire in presenza del lattosio poiché in un qualche modo poteva favorirne la degradazione. Al contrario, negli esperimenti precedenti i geni per il maltosio non servivano per digerire il lattosio, ma solo per predisporre i batteri alla “futura” presenza di maltosio.
Questi esperimenti ci dicono quindi che l’evoluzione dei meccanismi per la regolazione dei network genici nei batteri può essere molto rapida e prevedere la possibilità di anticipare serie di stimoli ripetuti. Questa strategia ha sicuramente dei vantaggi, ma ha anche costi che sono gli stessi che nei batteri potevano avere portato allo sviluppo di un sistema parsimonioso in cui i geni si attivavano solamente quando necessari. Un ulteriore aspetto di interesse è legato alle modalità in cui i batteri possono identificare/riconoscere una serie di stimoli ripetuti ed evolvere una forma di adattamento ed anticipazione, così come sarà interessante verificare che proprietà debba avere uno stimolo per poter indurre un condizionamento adattativo anticipatorio.
Mauro Mandrioli
Riferimenti bibliografici:
1. Cooper TF (2009) Microbes eploit groundhog day. Nature 460: 181.
2. Mitchell A, Romano GH, Groisman B, Yona A, Dekel E, Kupiec M, Dahan O, Pilpel Y (2009) Adaptative prediction of environmental changes by microorganisms. Nature 460: 220-225.
Un classico esempio di questo processo di regolazione genica è data dalla risposta dei batteri al lattosio. In particolare, i geni necessari per utilizzare il lattosio come nutrimento sono attivi solo in presenza di lattosio ed è il lattosio stesso che agisce a livello molecolare legando una proteina la cui funzione è reprimere l’espressione dei geni per la degradazione del lattosio. In questo sistema quindi ad uno stimolo (la presenza del lattosio) genera immediatamente una risposta: l’attivazione del sistema per la degradazione del lattosio.
Questo sistema è estremamente parsimonioso poiché ogni network genico viene attivato solo quando è necessario evitando di sintetizzare RNA o proteine che non sono immediatamente necessari ai batteri. In questo modo quindi i batteri rispondono prontamente agli stimoli ambientali, ma non possono anticiparli. Ma questo è realmente vero?
Amir Mitchell e colleghi hanno invece dimostrato, in un articolo intitolato “Adaptative prediction of environmental changes by microorganisms” pubblicato sul volume del 9 luglio di Nature, che i batteri possono essere condizionati ovvero a fronte di una serie di stimoli reiterati possono anticipare la risposta attivando specifici network prima dello stimolo in modo da poter sfruttare nel migliore dei modi eventuali risorse che saranno disponibili nell’immediato futuro.
Il modello dei Mitchell e colleghi è molto intrigante perché suggerisce che i batteri possano aver evoluto la capacità di anticipare l’attivazione di alcuni network genici a fronte di una serie ripetuta di stimoli. Questo meccanismo, che gli autori hanno definito condizionamento adattativo anticipatorio permette quindi ai batteri di avere attivi network genici per l’utilizzo di alcune risorse alimentari subito prima che queste siano disponibili evitando quindi i ritardi di risposta legati all’attivazione de novo di geni a seguito di uno stimolo. Ad esempio, se ripetutamente a seguito della presenza di lattosio nell’ambiente i batteri si debbano riprogrammare per utilizzare zuccheri diversi dal lattosio, sulla base nel modello di Mitchell essi potrebbero aver evoluto la capacità di attivare i geni per degradare zuccheri diversi dal lattosio ancora in presenza del lattosio “prevendo” che a breve vi sarà la necessità di processare zuccheri diversi.
Questo modello è assolutamente sorprendente poiché mostra la possibilità che esista nei batteri una forma di condizionamento del tutto simile a quello dimostrato negli anni ’60 da Ivan Pavlov.
Un ulteriore aspetto di interesse deriva dal fatto che questo modello è supportato da un solido set di esperimenti fatti utilizzando Escherichia coli come modello sperimentale sottoposto ad una sequenza di stimoli. In particolare, gli autori hanno cercato di realizzare una serie di stimoli coerenti con la storia evolutiva del batterio poiché la presenza di condizionamento adattativo anticipatorio non può che essere il risultato di un adattamento a stimoli ripetuti che i batteri hanno ricevuto nel corso della propria storia evolutiva. Ad esempio, per E. coli la seria di stimoli applicati in laboratorio si basava su un alternanza lattosio/maltosio che i batteri di questa specie incontrano quando passano attraverso il nostro apparato digerente in cui trovano molto lattosio e poco maltosio all’inizio del tratto gastrointestinale e successivamente molto maltosio e poco lattosio nei tratti successivi dell’intestino. La tappa successiva è stata verificare la presenza di condizionamento anche nel lievito Saccharomyces cerevisiae in cui gli autori hanno ripetuto gli stimoli che generalmente si susseguono a seguito dei processi fermentativi: aumento temperatura, aumento della concentrazione di etanolo ed aumento dello stress ossidativo.
In entrambi i modelli sperimentali si è riscontrata in laboratorio la presenza di anticipazione per cui ad esempio i batteri attivavano i network genici per la degradazione del maltosio quando era ancora presente il lattosio in modo da predisporre la cellula all’utilizzo del maltosio non appena questo diventasse presente nell’ambiente. In modo analogo, nel lievito tutti i sistemi di protezione dallo stress ossidativo e dalla presenza di elevate quantità di etanolo sono già attivi prima che la fermentazione arrivi a queste tappe portando ad un netto incremento della sopravvivenza dei lieviti rispetto a quanto accadrebbe in assenza di anticipazione della risposta.
Ma cosa accade se i batteri vengono mantenuti per lunghi periodo in ambienti con il solo lattosio come zucchero? Gli esperimenti di Mitchell dimostrano che l’assenza di alternanza porta alla non attivazione anticipata del sistema per la degradazione del maltosio e quindi alla perdita del processo di anticipazione. Questo dato supporta i precedenti esperimenti perchè esclude la possibilità che negli esperimenti precedenti l’attivazione dei geni per il maltosio potesse avvenire in presenza del lattosio poiché in un qualche modo poteva favorirne la degradazione. Al contrario, negli esperimenti precedenti i geni per il maltosio non servivano per digerire il lattosio, ma solo per predisporre i batteri alla “futura” presenza di maltosio.
Questi esperimenti ci dicono quindi che l’evoluzione dei meccanismi per la regolazione dei network genici nei batteri può essere molto rapida e prevedere la possibilità di anticipare serie di stimoli ripetuti. Questa strategia ha sicuramente dei vantaggi, ma ha anche costi che sono gli stessi che nei batteri potevano avere portato allo sviluppo di un sistema parsimonioso in cui i geni si attivavano solamente quando necessari. Un ulteriore aspetto di interesse è legato alle modalità in cui i batteri possono identificare/riconoscere una serie di stimoli ripetuti ed evolvere una forma di adattamento ed anticipazione, così come sarà interessante verificare che proprietà debba avere uno stimolo per poter indurre un condizionamento adattativo anticipatorio.
Mauro Mandrioli
Riferimenti bibliografici:
1. Cooper TF (2009) Microbes eploit groundhog day. Nature 460: 181.
2. Mitchell A, Romano GH, Groisman B, Yona A, Dekel E, Kupiec M, Dahan O, Pilpel Y (2009) Adaptative prediction of environmental changes by microorganisms. Nature 460: 220-225.
Ecologo e docente di Etologia e Comportamento Animale presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università di Milano. Ha scritto di animali ed evoluzione su Le Scienze, Mente e Cervello, Oggiscienza e Focus D&R . Collabora con Pikaia, di cui è stato caporedattore dal lontano 2007 al 2020.