Le basi biologiche dell’ecolocalizzazione nei pipistrelli
Quali vincoli anatomici e opportunità hanno portato alcune specie di pipistrelli ad utilizzare l’ecolocalizzazione mentre altre hanno continuato ad servirsi sulla vista?
I pipistrelli sono mammiferi volanti appartenenti all’ordine dei Chirotteri (Pikaia ne ha parlato qui) che, con più di 1300 specie descritte, rappresentano il gruppo di mammiferi maggiormente diversificato (Pikaia ne ha parlato qui) dopo quello dei roditori.
Tradizionalmente, l’ordine dei chirotteri è stato diviso in due sottordini, in base alla presenza o meno di un sistema di ecolocalizzazione laringea (Pikaia ne ha parlato qui e qui): i Microchirotteri che includono tutte le specie dotate di un biosonar e i Megachirotteri (detti anche volpi volanti) che invece non la posseggono. Questo scenario suggeriva che i due gruppi di pipistrelli si potessero essere evoluti indipendentemente da due diversi progenitori (origine difiletica) l’uno dotato di biosonar e l’altro privo.
Tuttavia, gli avanzamenti nelle tecniche di analisi genetiche hanno in parte modificato questa classificazione e hanno suggerito una suddivisione in due nuovi grandi gruppi: quello dei Pteropodiformi che include alcune specie dotate di biosonar e tutte le specie che dipendono dalla visione e il gruppo dei Vespertilioniformi, che include solo specie che usano l’ecolocalizzazione.
La nuova classificazione suggerisce un’origine monofiletica per il gruppo (ovvero la derivazione di tutte le specie da un unico progenitore) e due scenari alternativi per l’origine dell’ecolocalizzazione. Questo tratto infatti, potrebbe essere comparso una sola volta nel progenitore comune di tutti i Chirotteri, e poi perso negli Pteropodiformi; oppure il potrebbe essere emerso due volte, in ciascuno dei due cladi e prima della diversificazione degli Pteropodiformi.
Per risolvere questo enigma e per indagare su quali siano state le caratteristiche morfologiche che hanno limitato o facilitato l’evoluzione della diversità sensoriale nei pipistrelli, un gruppo di ricerca internazionale ha condotto un’ampia analisi comparativa filogenetica che ha evidenziato i compromessi tra visione ed ecolocalizzazione avvenuti durante l’evoluzione di questo affascinante gruppo di mammiferi. I risultati sono stati pubblicati recentemente sulla rivista Nature Communication.
Per testare le diverse ipotesi e per ricostruire quali fossero le caratteristiche del progenitore comune di tutti i pipistrelli, Il gruppo di ricerca ha inizialmente raggruppato tutte le specie viventi in base alla tipologia di suoni che utilizzano per l’ecolocalizzazione: specie capaci di produrre suoni multi-armonici e a bassa frequenza (sistema MH), specie che producono suoni bassi con un armonia dominante (sistema DH), specie che producono suoni lunghi e costanti sistema CF) ed infine le specie che incapaci di fare ecolocalizzazione (sistema NE, gli Pteropodiformi). Successivamente i ricercatori hanno analizzato i sistemi visivi delle stesse specie, per comprendere quale relazione ci fosse tra le capacità visive e lo sviluppo dei vari sistemi di biosonar. Infatti, i Pteropodiformi, che non utilizzano l’ecolocalizzazione, posseggono il sistema visivo più avanzato tra tutti i chirotteri e alcune specie hanno perfino sviluppato una sensibilità alla luce ultravioletta (Pikaia ne ha parlato qui). Infine i ricercatori hanno messo in relazione questi tratti con alcune caratteristiche ecologiche delle specie, quali la dieta e le modalità di appollaiamento.
Infine risultati di ciascuna analisi sono stati confrontati con i modelli di diversificazione ottenuti dall’analisi filogenetica.
I risultati hanno mostrato che il progenitore comune di tutto il gruppo dei Chirotteri era un piccolo predatore volante notturno, capace di ecolocalizzazione e che tendeva ad appollaiarsi all’esterno e non in caverne.
Tra i diversi sistemi di ecolocalizzazione considerati (NE, MH, DH, CF) la MH, basata su suoni multi-armonici e a bassa frequenza è risultata quella più simile al sistema ancestrale, mentre gli altri tre sistemi riflettono adattamenti successivi. La transizione da un sistema basato sulla vista ad uno basato sulla vocalizzazione è stata determinata dalle caratteristiche morfologiche e strutturali alcune aree celebrali, quali la neocorteccia, il bulbo olfattivo e le aree deputate al sistema uditivo.
Quindi l’evoluzione dell’ecolocalizzazione sembra essere stata favorita dall’incapacità del sistema visivo dei progenitori dei pipistrelli di supportare una efficiente caccia agli insetti notturni e, di contro, dalla presenza di un sistema uditivo adatto allo sviluppo di un biosonar.
Invece la successiva regressione dell’ecolocalizzazione in alcune specie, sembra essere collegata alla presenza di un migliore sistema visivo e ad una transizione da una dieta basata su insetti ad una basata su piante.
La scelta tra ecolocalizzazione e visione sembra essere ancora in corso, come ci suggerisce il comportamento di Macrotus californicus un pipistrello capace di “spegnere” l’ecolocalizzazione quando caccia nelle notti di luna piena.
Riferimenti:
Thiagavel et al., Auditory opportunity and visual constraint enabled the evolution of echolocation in bats, Nature Communications, 2018, doi: 10.1038/s41467-017-02532-x
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