Le basi genetiche della microcefalia ci raccontano l’evoluzione del nostro cervello
Come l’uomo abbia evoluto il suo grande e complesso cervello è tuttora un mistero, e i geni coinvolti nella microcefalia, una malattia genetica che impedisce all’encefalo di raggiungere dimensioni normali, ci aiuteranno a risolverlo. In un articolo comparso di recente su Nature Reviews Genetics, tre ricercatori dell’Università di Chicago rivedono gli studi più recenti, che mostrano come i geni che […]
Come l’uomo abbia evoluto il suo grande e complesso cervello è tuttora un mistero, e i geni coinvolti nella microcefalia, una malattia genetica che impedisce all’encefalo di raggiungere dimensioni normali, ci aiuteranno a risolverlo. In un articolo comparso di recente su Nature Reviews Genetics, tre ricercatori dell’Università di Chicago rivedono gli studi più recenti, che mostrano come i geni che regolano lo sviluppo del sistema nervoso hanno subito dei rapidissimi cambiamenti durante alcune fasi fondamentali dell’evoluzione umana. I geni sono continuamente soggetti a mutazioni di due tipi: mutazioni “sinonime”, che non hanno effetti sull’organismo, e sono quindi neutre, e mutazioni “non-sinonime”, che invece alterano la funzione dei geni, e sono quindi soggette a selezione naturale. Quanto più abbondanti sono le mutazioni non-sinonime rispetto alle sinonime in un dato gene, tanto più intensa deve essere stata la selezione su di esso. Confrontando questo carattere in diverse specie, è possibile valutare l’entità delle modificazioni che un gene ha subito nel passare dall’una all’altra. Questo tipo di analisi ha rivelato che i geni espressi nel sistema nervoso, e in particolare quelli che ne regolano lo sviluppo, si sono evoluti in modo eccezionalmente rapido nella linea che conduce dai primati più primitivi all’uomo. La differenza che c’e’ in questi geni, fra un uomo e una macaca, è del 30%-50% maggiore della differenza osservata fra un topo e un ratto. Questo suggerisce che l’evoluzione dell’uomo è passata attraverso delle fortissime pressioni selettive per il miglioramento delle prestazioni cerebrali. Sono inoltre stati studiati in dettaglio due geni che, in alcune forme patologiche, causano una forma di microcefalia non letale. Gli individui portatori di questa (per fortuna rarissima) malattia riescono a parlare e camminare, ma hanno un volume cerebrale simile a quello di Australopithecus, il nostro più antico antenato bipede. Si è scoperto che questi due geni si sono modificati molto rapidamente in periodi ben delimitati, corrispondenti a fasi cruciali della nostra evoluzione: uno durante la separazione fra scimpanzé e uomo, e l’altro più anticamente. Nell’articolo, gli autori propongono uno schema generale per affrontare questo tipo di studi, che hanno importanti ricadute sia teoriche che applicative. “Il nostro modello metodologico può essere particolarmente potente nell’identificare geni coinvolti in tratti che distinguono gli umani dalle altre specie” dichiarano nel loro articolo, e aggiungono “Questi studi evolutivi potranno accelerare l’identificazione di molti geni coinvolti nella microcefalia”. (Articolo originale: Glibert et al. Genetic links between brain development and brain evolution. Nature Reviews Genetics (Advanced Online Publication) 10/6/2005. doi:10.1038/nrg1634) Daniele Fanelli