Le Bon, Darwin e l’ossitocina
Dalle intuizioni di Le Bon alle scoperte sulla biologia: il comportamento collettivo tra psicologia e neuroscienze
Alcuni libri influenzano profondamente il dibattito culturale e politico della loro epoca, continuando a riecheggiare negli anni successivi. Un esempio emblematico è La psychologie des foules (La psicologia delle folle), pubblicato nel 1895 dall’antropologo e psicologo francese Gustave Le Bon.
In quest’opera, Le Bon analizza con grande dettaglio l’influenza dei fenomeni collettivi sui comportamenti individuali, mostrando come questi possano essere profondamente modificati dall’appartenenza a un gruppo. Sebbene la psicologia sociale e la sociologia abbiano successivamente sviluppato modelli più complessi, La psicologia delle folle rimane un’opera fondamentale per aver avviato lo studio sistematico dei comportamenti collettivi e per il suo impatto sulla riflessione culturale e accademica tra Ottocento e Novecento.
La folla secondo Le Bon
Le Bon definisce la folla come un’aggregazione di individui in cui la personalità del singolo si dissolve o si annulla. Da questa fusione emerge un’“anima collettiva”, dotata di caratteristiche proprie e distintive. Questo fenomeno trasforma il comportamento dei singoli, inducendoli a sentire, pensare e agire diversamente rispetto a quando agiscono isolatamente. Le Bon chiama questa entità una “folla organizzata” o “folla psicologica”.
“In talune circostanze prestabilite, e soltanto in tali circostanze, un agglomeramento di uomini possiede caratteri nuovi, molto diversi da quelli degli individui di cui esso è composto. La singola personalità cosciente svanisce, mentre i sentimenti e le idee di tutte le individualità si orientano in una stessa direzione.”
Contrariamente a quanto il termine “folla” potrebbe suggerire, Le Bon sottolinea che non è il numero di individui a determinare la formazione di una folla psicologica. Anche piccoli gruppi o individui separati, uniti da sentimenti collettivi intensi, possono costituire una folla psicologica.
“In certi particolari momenti storici, una mezza dozzina di uomini possono costituire una folla psicologica, mentre un altro centinaio di individui riuniti insieme accidentalmente non costituiscono invece una folla.”
Ciò che conta, dunque, non è la quantità, ma le dinamiche relazionali che si instaurano. Un fattore esterno — come una causa politica, sociale o religiosa — è spesso il catalizzatore che orienta gli individui verso un obiettivo comune, portandoli a perdere la propria individualità e ad agire sotto l’influenza di una “anima collettiva”. Questo stato genera un senso di appartenenza che risulta confortevole, grazie alla sensazione di anonimato e alla percezione di invincibilità derivante dal gruppo.
“Il primo fattore consiste nel sentimento di invincibilità che gli individui provano all’interno della folla, … che permette loro di cedere a istinti che, isolati, sarebbero riusciti a frenare.”
Di conseguenza, secondo Le Bon, la folla determina una perdita complessiva di razionalità e di senso critico individuale:
“L’individuo della folla non è che un granello di sabbia in mezzo ad altri granelli di sabbia, sollevati dal vento a piacimento.”
Darwin e Le Bon
Sebbene Le Bon non citi esplicitamente Darwin, il suo lavoro risente chiaramente dell’influenza del pensiero evoluzionista dell’epoca. Questo emerge nei riferimenti impliciti alla selezione naturale e ad una “eredità atavica”. Secondo Le Bon, le caratteristiche delle folle rappresentano un’espressione di ciò che egli definisce “l’eredità delle generazioni passate”:
“L’ereditarietà rappresenta l’influenza delle generazioni passate sulle generazioni presenti. Essa è una forza potente che modella i pensieri e le azioni delle folle, spesso in modo inconscio.”
Nel leggere Le Bon sorge spontaneo il richiamo a Darwin e alle sue osservazioni sul comportamento di gruppo e i suoi conseguenti vantaggi evolutivi.
Ne “L’origine delle specie”, Darwin affronta più volte questo tema, sottolineando come la formazione di gruppi possa favorire, in alcune specie, una più efficace difesa collettiva e una maggiore efficienza nella ricerca di risorse.
“Le specie che vivono insieme in branchi o colonie spesso hanno un grande vantaggio, non solo nella difesa reciproca, ma anche nella accresciuta probabilità di trovare cibo, poiché molti individui possono agire come cercatori.”
Darwin osserva inoltre che i comportamenti altruistici all’interno di un gruppo possono andare a discapito del singolo individuo, ma risultano vantaggiosi per la comunità nel suo complesso.
“Gli animali che vivono in società possono agire come sentinelle per avvisare il gruppo del pericolo imminente. Questo comportamento, sebbene talvolta a discapito dell’individuo, è ampiamente vantaggioso per la comunità nel suo complesso.”
Sia nelle folle di Le Bon che nei gruppi di Darwin sembra quindi che si assista allo stesso fenomeno: il raziocinio individuale si dissolve dando luogo ad una nuova unità “pensante” che è il gruppo.
L’ossitocina
La scienza moderna ha esplorato i meccanismi molecolari che favoriscono i legami sociali nei gruppi, identificando l’ossitocina come un attore chiave. Questa piccola proteina, composta da nove amminoacidi, è prodotta nell’ipotalamo e poi rilasciata nel sistema nervoso centrale e nel flusso sanguigno. La sua struttura è altamente conservata nei vertebrati suggerendo un ruolo evolutivamente significativo.
L’ossitocina agisce sia come neurotrasmettitore che come ormone, influenzando comportamenti quali il parto, l’allattamento e l’intimità tra partner. Nei fringuelli zebra (Taeniopygia guttata), per esempio, l’attivazione dei recettori dell’ossitocina è fondamentale per il mantenimento delle relazioni di coppia e dei comportamenti affiliativi. In diverse specie animali, alti livelli di ossitocina sono stati osservati durante interazioni sociali positive, come il contatto fisico e la cooperazione. Ad esempio, nella relazione mutualistica tra i pesci pulitori e i loro clienti, i pulitori a cui è stata iniettata ossitocina rompono meno spesso la loro interazione col proprio cliente per iniziarne una nuova.
Questo tipo di risultati hanno portato l’ossitocina all’attenzione anche della stampa generalista con il conseguente proliferare di etichette suggestive e semplicistiche come “l’ormone dell’amore” o “l’ormone dell’abbraccio”. In aggiunta, la quantità di ricerca prodotta sull’argomento è aumentata a volte purtroppo a scapito della qualità, con la produzione di alcuni studi che hanno mancato in rigore e riproducibilità. Ciò ha determinato, per reazione, una ondata di riflusso ipercritica. Tuttavia, la gran mole di lavori seri e rigorosi ha permesso di uscire da questo inutile altalenare tra enfasi eccessiva e pregiudizio ipercritico. Grazie ad essi adesso siamo in grado di capire meglio la funzione della ossitocina e, come spesso accade, abbiamo scoperto che essa è assai più complessa e non priva di aspetti contraddittori.
L’ossitocina è infatti in grado di favorire, a seconda del contesto, sia il comportamento prosociale ma anche quello aggressivo, Questo duplice ruolo è stato definito “tend-and-defend” (“cura e difesa”). L’ossitocina promuove infatti la coesione del gruppo, favorendo comportamenti altruistici e cooperativi al suo interno, ma può anche intensificare la percezione delle minacce esterne, stimolando reazioni aggressive verso i gruppi rivali. In alcune specie di pesci sociali, come i ciclidi e gli spinarelli, la presenza di intrusi aumenta l’attività neuronale legata all’ossitocina. Questo si traduce in una maggiore aggressività nella difesa del nido e del territorio.
L’ossitocina, quindi, intensifica irrazionalmente la percezione del pericolo derivante dai rivali, permettendo comportamenti di difesa che possono persino includere il sacrificio individuale in nome della comunità. È stato osservato, ad esempio, che i suricati (Suricata suricatta) trattati con ossitocina trascorrono più tempo in comportamenti di guardia, un’attività pericolosa e costosa in termini di energia ma cruciale per proteggere il gruppo da minacce esterne.
Una simile perdita di razionalità individuale e di spirito critico è stata osservata anche in Homo sapiens. Ad esempio, studi controllati hanno rilevato che la somministrazione di ossitocina tramite spray intranasale incrementa il favoritismo verso il proprio gruppo (in-group) e, in misura minore, riduce la considerazione di gruppi esterni (out-group). Questo suggerisce che l’ossitocina possa alimentare il bias intergruppo, promuovendo la cooperazione interna e contribuendo a dinamiche di conflitto tra gruppi diversi.
Una simile duplicità era stata osservata anche da Le Bon nelle sue folle. Infatti lui notò che la folla, pur essendo spesso impulsiva e aggressiva, non necessariamente possedeva solo qualità distruttive. Anzi essa molte volte orientava il suo operato verso ideali e comportamenti sublimi.
“L’individuo nella folla può trovare sentimenti di gloria, onore, religiosità e devozione alla patria, che soltanto attraverso la collettività ha potuto esprimere fino a uno spirito di sacrificio.”
Riflessioni finali
Una ultima riflessione ci porta all’attualità. Le Bon sottolinea che la contiguità fisica non è indispensabile per la formazione di una folla psicologica. Una folla può esistere anche a distanza, solo attraverso l’identificazione emotiva e intellettuale:
“L’annientamento dell’individualità cosciente e l’orientamento dei sentimenti e dei pensieri … non sempre implicano la presenza simultanea di parecchi individui in un solo punto.”
Ci si potrebbe chiedere cosa penserebbe Le Bon della nostra società digitale, fatta di folle virtuali, followers e haters.
Credo che, se potesse, avrebbe molte cose da dirci.
Bibliografia essenziale
Bon, G.L. Psicologia delle Folle: il più antico manuale sulla manipolazione mentale di massa, con una nuova espansione sulle folle digitali (Manipolazione e Propaganda Vol. 1) (Italian Edition).
Charles Darwin, L’origine delle specie. Newton Compton Editori 2011
De Dreu, C.K.W., Greer, L.L., Van Kleef, G.A., Shalvi, S., Handgraaf, M.J.J., 2011. Oxytocin promotes human ethnocentrism. Proceedings of the National Academy of Sciences 108, 1262–1266. https://doi.org/10.1073/pnas.1015316108
Triki, Z., Daughters, K., De Dreu, C.K.W., 2022. Oxytocin has ‘tend-and-defend’ functionality in group conflict across social vertebrates. Philosophical Transactions of the Royal Society B: Biological Sciences 377, 20210137. https://doi.org/10.1098/rstb.2021.0137
Medico, già professore ordinario di Genetica Medica presso l’Università “Federico II” di Napoli, è autore di più di 150 articoli su riviste internazionali. I suoi principali interessi di ricerca riguardano la genetica delle malattie neurologiche e multifattoriali, l’epigenetica e la biologia computazionale. In campo evoluzionistico si è occupato, in particolare, delle relazioni tra varianti genetiche ed epigenetiche e la pressione selettiva. Ha ricoperto il ruolo di coordinatore del Dottorato in Biologia Computazionale e Bioinformatica presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.