Le diverse abitudini di mobilità di due culture paleolitiche e il possibile ruolo del cambiamento climatico

Paglicciteethfoto G3

I gruppi umani Gravettiani, probabilmente scomparsi a ridosso dell’Ultimo Massimo Glaciale, e i successivi Epigravettiani si spostavano sul territorio in modo diverso. Lo rivela un’innovativa analisi su alcuni denti rinvenuti nel sito pugliese di Grotta Paglicci


Il cambiamento climatico potrebbe aver influito sulle abitudini di mobilità dei gruppi umani di due culture che hanno animato il Paleolitico superiore: quella Gravettiana, diffusa tra 30 mila e 20 mila anni fa, e quella Epigravettiana, diffusa tra 20 mila e 8 mila anni fa. È quanto emerge da una nuova analisi effettuata su alcuni denti rinvenuti nella Grotta Paglicci, importante sito ricco di reperti paleolitici che si trova a Rignano Garganico, in provincia di Foggia.

Mentre i Gravettiani, vissuti durante l’ultima glaciazione nel periodo di massima espansione dei ghiacci, avevano vite stanziali e si allontanavano dall’area in cui vivevano solo per brevi periodi, gli Epigravettiani, vissuti in un periodo già interglaciale, si spostavano invece più di frequente e per periodi più lunghi. Per arrivare a questa conclusione – pubblicata su Nature Ecology & Evolution – gli studiosi hanno utilizzato innovative tecniche di analisi, capaci di individuare le diverse zone geologiche in cui hanno vissuto gli individui a partire da particolari elementi presenti nel loro smalto dentale.


GRAVETTIANI ED EPIGRAVETTIANI

Il Gravettiano è una cultura paleolitica che si diffuse in gran parte d’Europa tra 30 mila e 20 mila anni fa nel corso dell’ultima glaciazione, per poi scomparire durante l’Ultimo Massimo Glaciale, il periodo di massima espansione dei ghiacci. A sostituirla furono nuove culture, come quella Solutreana, diffusa nell’area franco-iberica, o quella Epigravettiana di cui si trovano tracce in Italia.

Ancora non è chiaro che tipo di legame ci sia stato tra i Gravettiani e le culture successive, ma le differenze rilevate mostrano come possibilmente i cambiamenti climatici avvenuti nel corso dell’ultima glaciazione abbiano giocato un ruolo importante nel plasmare lo sviluppo delle popolazioni europee durante l’ultima fase del Paleolitico. Da recenti analisi genetiche di alcuni reperti, ad esempio, sappiamo che ci sono correlazioni tra gli Epigravettiani e altre popolazioni che abitavano il Vicino Oriente: un dato che suggerisce possibili ondate migratorie da est verso la penisola italica dopo il picco dell’ultima glaciazione.


DENTI RIVELATORI

Un passo avanti per comprendere meglio le differenze negli stili di vita di queste culture arriva grazie all’analisi di quattordici denti rinvenuti nel sito pugliese di Grotta Paglicci. Di questi, undici sono appartenuti a gravettiani e sono datati tra 33 mila e 31 mila anni fa, mentre gli altri tre, datati tra 20 mila e 18 mila anni fa, sono riferibili ad individui Epigravettiani. I reperti sono stati indagati da un punto di vista chimico attraverso nuove tecniche analitiche che si concentrano in particolare sul rapporto isotopico dello stronzio presente nello smalto dentale.

“Lo stronzio è un componente delle rocce che, grazie all’alterazione superficiale, entra nei suoli, nelle acque e infine nella catena alimentare, fissandosi nelle ossa e nei denti di animali e uomini”, spiega Federico Lugli, ricercatore dell’Università di Bologna che ha guidato lo studio. “Osservando i rapporti tra particolari isotopi dello stronzio presenti nei denti e nelle ossa di un individuo possiamo quindi individuare la zona geologica in cui quell’individuo ha vissuto”.


DIVERSE MOBILITÀ

Dai dati raccolti con queste analisi, i ricercatori sono riusciti quindi a ricostruire quanto e dove si spostavano i gruppi umani gravettiani ed epigravettiani che in epoche diverse hanno vissuto nell’area della Grotta Paglicci. Rilevando abitudini di mobilità diverse. “I Gravettiani erano perlopiù locali e si spingevano lontano dal ‘campo base’ solo per brevi periodi, forse in cerca di cibo”, dice ancora Federico Lugli. “Gli Epigravettiani, invece, si spostavano in maniera differente, frequentando ciclicamente zone lontane da Paglicci”.

Per spiegare questa diversità di comportamento i ricercatori chiamano in causa il cambiamento climatico che avvenne in quell’epoca di passaggio durante l’ultima glaciazione. “Uno dei motivi di questa differenza in mobilità – continua infatti Lugli – potrebbe essere legato al cambiamento climatico globale avvenuto tra 33 mila e 18 mila anni fa, quando si è passati da un periodo glaciale ad un periodo interglaciale”. Una conclusione che, come già suggerito da analisi genetiche effettuate su diversi reperti, sottolinea la diversità tra Gravettiani ed Epigravettiani: due gruppi distinti con distinte abitudini di vita, tra cui la mobilità.


I PROTAGONISTI DELLO STUDIO

Lo studio, nato dalla collaborazione tra ricercatori dell’Università di Bologna, dell’Università di Modena e Reggio Emilia e dell’Università di Siena, è stato pubblicato sulla rivista Nature Ecology & Evolution con il titolo “Strontium and stable isotope evidence of human mobility strategies across the Last Glacial Maximum in southern Italy”.

Le analisi chimiche ed isotopiche sono state eseguite da Federico Lugli, ricercatore al Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna. Il lavoro è stato finanziato dal progetto ERC (n. 724046) del professore dell’Alma Mater Stefano Benazzi, focalizzato sulla comprensione della transizione da Homo neanderthalensis a Homo sapiens in Italia. Sono stati inoltre coinvolti i laboratori dell’Università di Modena e Reggio Emilia, grazie ad un finanziamento del Programma Rita Levi Montalcini assegnato alla professoressa Anna Cipriani.