I denti degli antenati degli anfibi

temnospondili

La scoperta di fossili dei precursori degli anfibi odierni rivela importanti indizi sulla funzione di alcune componenti del loro apparato boccale

Al giorno d’oggi l’idea di essere morsi da una rana o da una salamandra potrebbe suscitare ilarità dal momento che gli anfibi attuali sono quasi completamente privi di denti. Al contrario, la faccenda desterebbe sicuramente maggiore preoccupazione se si prendessero in considerazione i temnospondili, tetrapodi vissuti in tutto il mondo dal Carbonifero al Cretaceo, tra circa 340 e 120 milioni di anni fa, e ritenuti gli antenati degli anfibi moderni. Infatti, questi organismi estinti, che presentavano una grande varietà di forme e dimensioni diverse (da pochi centimetri a un paio di metri), erano tutti caratterizzati da un elevatissimo numero di denti.

La scoperta nella località fossilifera di Richards Spur, in Oklahoma (USA), di alcuni fossili di temnospondili in eccezionale stato di conservazione, ha permesso di studiare in modo molto più approfondito l’apparato boccale di questi animali. Come pubblicato sulla rivista online PeerJ da un gruppo di paleontologi dell’Università di Toronto, questi organismi estinti possedevano denti di diverse dimensioni a seconda della loro posizione all’interno della cavità orale. Quelli più grandi erano posti lungo il margine della bocca, mentre dentelli a forma di uncino, aventi una lunghezza variabile da circa una decina a duecento micrometri, erano localizzati su piastre ossee che rivestivano gran parte del palato molle. I ricercatori hanno scoperto che queste strutture minuscole, presenti a migliaia, erano formate da smalto, dentina e polpa contenente nervi e vasi sanguigni, esattamente come i denti più grandi.

Inoltre, un esame dettagliato condotto per la prima volta sulle piastre dentarie dei temnospondili ha fornito anche maggiori informazioni sulla loro insolita modalità di alimentazione. Sembra, infatti, che queste piastre, rivestissero un ruolo chiave non solo nell’ampliare la superficie della bocca deputata alla cattura e all’immobilizzazione delle prede, quali ad esempio insetti e altri tetrapodi, ma servissero anche per incrementare la forza del morso e per facilitare la deglutizione. Quest’ultima funzione era resa possibile probabilmente grazie ad un particolare meccanismo che permetteva la “ritrazione dei bulbi oculari verso la cavità boccale” al momento dell’ingestione del cibo. Infatti, la grande curvatura dei dentelli e la loro elevata concentrazione creavano una superficie in continuità con le ossa palatine, permettendo ad esse di espandersi ventralmente al momento dell’alimentazione e di facilitare in questo modo lo scivolamento della preda in gola.

Quest’intrigante modalità di deglutizione è assente nella gran parte delle specie attuali, fatta eccezione per le salamandre e alcuni anfibi anuri, come ad esempio la rana leopardo, che conservano tale “comportamento atavico” nonostante abbiano drasticamente ridotto il loro numero di denti. Al momento non è stato ancora possibile fornire una spiegazione valida a questo fenomeno, ma si spera possa presto essere chiarito da futuri studi.

Il lavoro di ricerca dell’Università di Toronto è stato fondamentale per ampliare le nostre conoscenze sui temnospondili. L’analisi accurata condotta per la prima volta in piastre dentarie eccezionalmente preservate ha permesso di concludere che la loro struttura è analoga a quella degli altri denti non-palatini ed ha attribuito ad esse un ruolo fondamentale nell’alimentazione di questi peculiari organismi estinti.

 

 

Bibliografia:
Gee B. M., Haridy Y, Reisz R. R., 2017. Histological characterization of denticulate palatal plates in an Early Permian dissorophoid. PeerJ 5: e3727. DOI: 10.7717/peerj.3727

Immagine: Credit: University of Toronto Mississauga. Da Gee et al. 2017. PeerJ 5: e3727.