Le molteplici forme dell’intelligenza degli uccelli

Pikaia ha letto per voi meraviglioso saggio “Il genio degli uccelli” scritto dalla naturalista Jennifer Ackerman (La nave di Teseo, 2018)

A tutti è sicuramente capitato di sentire un forte rumore sul balcone e vedere un piccione stordito dallo scontro con il vetro della porta finestra… che “animale poco intelligente” vi sarete sicuramente detti e certamente non siete stati i soli. Se volete però capire quali sono le loro reali capacità cognitive senza fermarvi ai pregiudizi o se preferite.. se non volete fare la figura dell’oca o risultare stupidi come una gallina, dovete assolutamente leggere il meraviglioso saggio “Il genio degli uccelli” scritto dalla giornalista e naturalista Jennifer Ackerman, recentemente pubblicato in Italia da La Nave di Teseo (2018).

“Per molto tempo <scrive Jennifer Ackerman> gli uccelli sono stati considerati stupidi. Esserini con gli occhietti a spillo e la testolina grossa come una noce. Rettili con le ali. Cervelli di gallina. Dei merli come si dice… vanno a sbattere contro le finestre, beccano il proprio riflesso, volano sui cavi dell’alta tensione, si condannano da sé all’estinzione”. Una simile opinione è ormai del tutto superata e se per tanti anni sono stati altri animali a calamitare tutta l’attenzione su di sé per via della loro spiccata intelligenza (tra cui ad esempio primati, delfini ed elefanti), “adesso gli uccelli si sono uniti alla festa e una produzione di nuove ricerche ha ribaltato le vecchie convinzioni e il risultato è che si comincia ad accettare il fatto che gli uccelli siano assai più dotati di quel che si credeva un tempo e anzi, per certi aspetti, più vicini ai nostri parenti primati che non ai rettili”.

Le migliaia di specie di uccelli esistenti al mondo esibiscono infatti una stupefacente serie di comportamenti diversi e questa forte eterogeneità spazia da differenze importanti nelle dimensioni relative del cervello sino al manifestare diverse abilità e attitudini. Gli uccelli infatti sanno fare una grande molteplicità di azioni:  “Origliano. Discutono. Imbrogliano. Ingannano e manipolano. Rapiscono. Divorziano. Mostrano un forte senso dell’onestà. Fanno dei doni. Giocano al torello e al tiro alla fune con rametti, filamenti di muschio o pezzetti di garza. Rubacchiano. Prendono in giro. Avvisano i piccoli di stare alla larga dagli estranei. Condividono. Coltivano le relazioni. Competono per popolarità. Si scambiano baci. Chiamano altri quando muore un loro simile. Possono persino mostrare cordoglio. Fino a non molto tempo fa, si riteneva che questo tipo di savoir-faire fosse ben al di là della portata di un uccello”.

Grazie ad una ampia (talvolta quasi esondante) quantità di esempi, “Il genio degli uccelli” guida il lettore all’osservazione di questi nostri piumati vicini di casa per esplorarne le abilità che l’autrice non esita a definire geniali. Nel libro infatti il genio è inteso come “la capacità di sapere cosa stai facendo, di cogliere l’ambiente circostante, comprendere le cose e scoprire come risolvere problemi. In altre parole è una attitudine ad affrontare le sfide ambientali e sociali con acume e flessibilità, un talento che molti uccelli sembrano possedere abbondanza”. Non ci credete? Abbiamo ormai moltissime evidenze del fatto che “gli uccelli apprendono. Risolvono nuovi problemi e inventano soluzioni originali per quelli vecchi. Fabbricano e utilizzano strumenti. Contano. Imitano i comportamenti dei loro simili. Ricordano dove mettono le cose”. Se volete verificare con i vostri occhi, qui ad esempio potete vedere in azione il bellissimo corvo della Nuova Caledonia, denominato 007, che è una vera e propria celebrità da quando è stato immortalato dalla BBC mentre risolve con grande celerità problemi complessi di varia natura. Oppure guardate qui cosa era in grado di fare Alex, il famosissimo pappagallo cenerino, giudicato tra gli uccelli più intelligenti, o guardate qui cosa Alex rispose a un giornalista durante una fantastiche intervista (non avete letto male, rispondeva alle domande facendo imitazioni a richiesta del giornalista!). Altri sono invece veri e propri artisti (qui potete vedere in azione un uccello giardiniere di Vogelkop), mentre le femmine di molte specie si comportano come severi critici d’arte. Potrà sembrare ai più una forzatura definire un uccello come un artista, ma tutto dipende dalla definizione di arte che accettiamo. L’etologo John Endler, ad esempio, la definisce come la creazione di un modello visivo esterno da parte di un individuo allo scopo di influenzare il comportamento di altri”, l’arte è quindi un modo per trasmettere una idea, per mostrare le proprie capacità. Nel caso degli uccelli giardinieri, i maschi che creano un nido ricco di oggetti sono spesso anche quelli più capaci nel risolvere problemi pratici per cui, almeno negli uccelli, l’intelligenza è sexy.

Le abilità degli uccelli non si limitano però al saper fare, ma anche al capire cosa altri uccelli vogliono fare. Come racconta Jennifer Ackerman, “in un elegante esperimento, dei maschi di ghiandaia avevano la possibilità di guardare attraverso uno specchio mentre le loro compagne mangiavano a sazietà l’una o l’altra di due speciali prelibatezze: tarme della cera o tarme della farina (queste ghiottonerie potrebbero non sembrarvi granché appetitose ma sappiate che le tarme della cera sono il <cioccolato fondente> delle ghiandaie). In seguito i maschi potevano scegliere che cosa offrire in dono alle compagne. (…) Come le persone, anche gli uccelli preferiscono la varietà e possono stancarsi di un cibo buono se ne mangiano troppo. (…) I cibi prediletti cambiano con l’esperienza ed è necessario che il maschio tenga traccia di queste preferenze mutevoli perché dare alla propria compagna il cibo che maggiormente desidera può rafforzare il suo legame con lei. Come previsto, quando il maschio riusciva a vedere quale fosse il manicaretto di cui la sua signora faceva una bella scorpacciata, durante l’esperimento, sceglieva di offrire il cibo che non aveva mangiato. (…) La possibilità che un maschio di ghiandaia sia capace di intuire gli appetiti della compagna osservandola suggerisce implicitamente la possibilità che gli uccelli posseggano una componente chiave di quella che è nota come teoria della mente ovvero la capacità di comprendere che gli altri hanno credenze, desideri e punti di vista diversi dai nostri”. Possiamo quindi dire che gli uccelli hanno una teoria della mente? Difficile dare una risposta, ma come suggeriscono Robert Seyfarth e Dorothy Cheney anche la complessa forma umana della teoria della mente ha radici nel mondo animale che potrebbero essere identificate in quella consapevolezza conscia delle intenzione e dei gusti altri, di cui le ghiandaie sono un ottimo esempio.

Gli uccelli possiedono diverse forme di abilità cognitive, ma la cosa che forse più li distingue da noi è che non tutte sono presenti un una stessa specie. “Un uccello <scrive Jennifer Ackerman> può essere dotato di intelligenza spaziale ma non essere particolarmente abile nel risolvere i più basilari problemi della vita quotidiana”, così come specie affini da un punto di vista filogenetico possono avere talenti ben diversi. Potrà sembrare strano, ma non dimentichiamo che le migliaia di specie di uccelli oggi note vivono in ambienti molto diversi, hanno strutture sociali molto diversificate, vivono in ambienti diversi per stabilità climatica e alimentare e quindi nel complesso sono soggetti a pressioni sociali ed ambientali molto diversificate. Non a tutti serve quindi disporre di tutte le possibili forme di abilità cognitiva, quanto avere quello che serve nello specifico ambiente in cui una specie vive. Questo aspetto deve essere tenuto in considerazione anche quando si impostano i progetti di ricerca in laboratorio perché l’idea che emerge dalla lettura di molti libri e articoli è che il quadro conoscitivo che abbiamo dell’intelligenza (nelle sue diverse forme) degli uccelli sia frutto di una ampia sottovalutazione derivate dal fatto che ad essere limitate non sono le capacità cognitive degli uccelli, ma la nostra di “dissezionare” e studiare in laboratorio o in cattività le loro reali abilità. Per gli uccelli sta accadendo infatti quello che trent’anni fa accadde con i primati quando Jane Goodall sottolineava la necessità di studiarne le abilità nel loro ambiente naturale. Come suggerisce l’etologo Louis Lefebvre dobbiamo ampliare il modo in cui gli uccelli sono oggi studiati: “bisogna cominciare sul campo, mandare le truppe sul terreno e osservare molto attentamente le specie in questione. Se si vogliono capire gli uccelli, è necessario sapere come si comportano nel loro habitat. (…) Perciò stiamo facendo osservazioni di campo dei comportamenti, mettendo a confronto le innovazioni apportate delle diverse specie, conducendo esperimenti con uccelli in cattività e adesso cerchiamo anche un modo per collegare quello ce vediamo sul campo con quello che stiamo imparando sui geni e le cellule in laboratorio”.

Osservando gli uccelli nel loro ambiente naturale potremmo inoltre prendere atto del fatto che non solo gli uccelli hanno abilità differenti tra specie, ma anche all’interno delle singole specie.  “Che gli animali abbiano una loro individualità <scrive Jennifer Ackerman> può sembrare una cosa ovvia a chiunque possieda un animale domestico, ma per molto tempo le differenze tra i membri di una singola specie di uccelli sono state considerate semplici chiacchiere prime di senso (…). <C’è una grande tendenza a veder fare a un animale esattamente ciò che si suppone debba fare> avvertì l’ornitologo Edmund Selous, <ma l’uniformità d’azione e proporzionale alla scarsità di osservazioni>. (…) Gli uccelli hanno una loro individualità e rispondono in maniera individuale a ogni genere di situazione. Come noi, hanno caratteri diversi e un diverso comportamento. Ho il sospetto che questi comportamenti variabili trovino la loro origine in ciò che chiamiamo <mente>. (…) Confrontando individui della stessa specie, si può infatti osservare che ci sono uccelli spavaldi e mansueti, curiosi e cauti, calmi e nervosi, rapidi o lenti nell’apprendimento” e se consideriamo che queste differenze rispecchiano nei fatti capacità diverse di rispondere a fattori di rischio non è sorprendente che all’interno di una specie ci sia una ampia variazione di comportamenti. Perché queste differenze dovrebbero essere presenti solo nella nostra specie?

Frans de Waal direbbe che questi pregiudizi sono frutto della nostra antroponegazione intesa come il “tentare di innalzare muri per separare gli esseri umani dal resto del regno animale. Darwin sosteneva che per le facoltà mentali uomini e animali si differenziano solo per grado e non per natura.. forse è sbagliata anche questa visione perché riconosce comunque all’uomo un grado di intelligenza più elevato. “Non possiamo fare a meno di misurare altre menti in base alla loro somiglianza con la nostra <scrive Jennifer Ackerman>. E chiaramente attribuiamo valore a ciò in cui siamo più bravi noi”. Vi sembra che non sia vero? Ripensate al piccione stordito che avete definito come stupido (quello che forse ora sta ancora riprendendosi sul vostro balcone) e chiedetevi, mentre ricorrete al GPS per trovare località vicine a casa vostra, chi è il più stupido.

Contrariamente a quanto ho letto in alcune recensioni, il libro di Jennifer Ackerman non vuole cercare di convincervi che gli uccelli sono intelligenti come noi (se non altro per il fatto che noi non siamo la misura per tutto il resto dei viventi), ma farvi apprezzare il fatto che negli uccelli esistono differenti tipologie di ingegno  e intelligenza, così come esistono intelligenze diverse nella nostra specie. Leggendo “Il genio degli uccelli” vedrete che “ogni capitolo racconta la storia di uccelli dotati di abilità o competenze straordinarie, siano essere tecniche, sociali, musicali, artistiche, spaziali, inventive o adattative”. Leggendo questo magnifico libro incontrerete tante specie diverse, dai comuni piccioni ai pappagalli e corvi, e scoprirete con un enorme numero di esempi in quanti modi diversi si può essere intelligenti o se preferite in quante forme diverse si è evoluta quell’insieme di abilità che possiamo chiamare intelligenza.

“La mia speranza <scrive la Ackerman> è che quando finirete di leggere queste pagine, la cincia e il corvo, il mimo e il passero, vi appariranno sotto una luce un po’ diversa ovvero più simili ai brillanti compagni di viaggio su questa terra che in effetti sono: creature intraprendenti, creative, astute, giocose e scaltre, che comunicano tra loro con accenti diversi, prendono complicate decisioni di navigazione senza bisogno di chiedere indicazioni, ricordano dove hanno messo qualcosa usando determinati punti di riferimento e la geometria, rubano soldi e sottraggono cibo e sono in grado di comprendere lo stato mentale di un altro soggetto”. Fate volare (letteralmente!) la vostra curiosità e spalancate la mente ai misteri della cognizione negli uccelli e scoprirete numerosissimi “enigmi meravigliosi da tenere a portata di mano nella vostra libreria mentale, per ricordarci quanto poco ancora sappiamo” di molte delle specie che ci circondano.