Le numerose evoluzioni dei pesci velenosi

Pterois volitans Manado e edit

Un recente studio genetico svolto su migliaia di pesci ossei e cartilaginei ricostruisce l’evoluzione del veleno e delle strutture correlate mostrando che queste caratteristiche sono evolute almeno 18 volte in modo indipendente tra i vari taxa

Mentre si sa relativamente molto sugli animali velenosi terrestri e sulle strutture che producono e somministrano il veleno, non si può dire lo stesso dei pesci. In un recente studio pubblicato sulla rivista Integrative and Comparative Biology, il dottor Leo Smith dell’Università del Kansas e i suoi collaboratori hanno effettuato un’analisi filogenetica di circa 3000 specie velenose appartenenti a tutti gli ordini attualmente esistenti di pesci, mettendo a confronto nuovi dati con analisi anatomiche e molecolari precedenti e ricostruendo gli alberi genealogici delle specie considerate per mezzo di esemplari conservati nei musei di storia naturale.

Lo studio ha permesso di trarre numerose conclusioni. È stato scoperto che gli apparati veleniferi sono andati incontro ad almeno 18 origini indipendenti nel tempo: quattro volte per i pesci cartilaginei, una volta per le anguille, una volta nei pesci gatto e 12 volte negli acantomorfi (pesci che si distinguono per la presenza di robusti raggi spinosi nella parte anteriore delle pinne dorsali e pelviche).

Inoltre, mentre gli animali terrestri usano il veleno principalmente per attaccare le prede a scopo alimentare, la principale funzione del veleno nei pesci (si stima nel 95% dei casi) è difensiva. Questo è coerente con la constatazione che i denti veleniferi nei pesci sono piuttosto rari, mentre come sistemi di somministrazione delle tossine sono di gran lunga predominanti le spine dorsali, che possono essere dispiegate quando un altro animale tenta di cibarsene o nel caso vengano afferrati o calpestati. Solo due tipi di pesci (dotati di zanne o denti veleniferi) tra quelli analizzati usano il veleno per debilitare le proprie prede. Uno di questi è il Monognathus nigeli, un pesce privo di mascella superiore dotato di una grossa zanna modificata ancorata al palato, la cui ghiandola velenifera si trova al di sopra del cervello. Oltre alle spine dorsali, ai denti e alle zanne, una minoranza di pesci somministra il veleno tramite spine poste attorno all’opercolo, la struttura posta a protezione delle branchie.

Mentre la distribuzione dei pesci velenosi si divide in modo approssimativamente uguale tra gli habitat di acqua dolce e salata, lo stesso non si può dire della loro diversità biologica. La maggior parte dei gruppi di pesci velenosi si trova infatti in ambienti di acqua marina o salmastra. Questo perché le specie velenose nell’acqua dolce sono dominate quasi esclusivamente dai pesci gatto (Siluriformes), mentre in acqua salata le strutture velenifere sono distribuite su una varietà di gruppi molto ampia.

Gli organismi velenosi sono affascinanti per la loro capacità di uccidere o arrecare danno alle altre specie viventi. Ogni anno si registrano oltre due milioni e mezzo di lesioni causate da punture o morsi velenosi, alcune delle quali sono letali. Ma questo non è il solo motivo per cui è importante studiare le proprietà chimiche e gli effetti dei veleni; queste, infatti, possono essere studiate e manipolate per sviluppare strumenti farmaceutici utili alla nostra salute.


Fonte: W. Leo Smith et al. Evolution of Venomous Cartilaginous and Ray-Finned Fishes. Integr. Comp. Biol., 3 luglio 2016; doi: 10.1093/icb/icw070

Immagine di Jens Petersen, licenza CC BY 2.5