Le radiazioni adattative degli anfibi
La classe degli anfibi è universalmente considerata quella a più alto rischio di estinzione tra i vertebrati. Negli ultimi anni, stiamo assistendo ad un declino a livello globale di questi animali, in relazione alle loro caratteristiche anatomiche. Presentano, infatti, una pelle dotata di pori che assorbe le tossine e che rende loro suscettibili ad infezioni batteriche e fungine. Inoltre, la loro […]
La classe degli anfibi è universalmente considerata quella a più alto rischio di estinzione tra i vertebrati. Negli ultimi anni, stiamo assistendo ad un declino a livello globale di questi animali, in relazione alle loro caratteristiche anatomiche. Presentano, infatti, una pelle dotata di pori che assorbe le tossine e che rende loro suscettibili ad infezioni batteriche e fungine. Inoltre, la loro epidermide non è in grado di proteggerli dalle radiazioni ultaviolette. Questi tratti rendono gli anfibi estremamente vulnerabili agli attuali cambiamenti ambientali, come i dati dimostrano. Circa il 43% delle specie di anfibi è in forte declino demografico.
Una nuova ricerca dimostrerebbe che gli anfibi hanno attraversato già fasi critiche simili a quella attuale, riuscendo però ad adattarsi e fronteggiare le condizioni ambientali e climatiche poco adeguate. Questo studio, effettuato da un gruppo di ricercatori della Vrije Universiteit di Bruxelles e pubblicato su PNAS, ha analizzato il DNA di 171 specie di anfibi, includendo anche numerose specie estinte, con lo scopo di realizzare un nuovo albero filogenetico che ricostruisca la storia evolutiva di questa classe di vertebrati. I risultati sembrano dimostrare che la storia naturale degli anfibi sia composta da eventi di estinzioni di massa seguiti da episodi di radiazione adattativa, che avrebbero portato alla formazione di numerose specie discendenti da un numero esiguo.
In particolare, questo studio evidenzierebbe che gli anfibi non hanno avuto un’evoluzione progressiva e graduale ma brevi periodi di speciazione quando le condizioni lo consentirono. Infatti, gli episodi di imponennte radiazione adattativa si possono collocare in seguito ad estinzioni di massa, quale quelle risalenti alla fine del Permiano (circa 250 milioni di anni fa) e al tardo Cretaceo (circa 65 milioni di anni fa), dove trovarono numerosi nuovi habitat in cui insediarsi e adattarsi, lasciati “vacanti” dalle specie scomparse. I ricercatori forniscono un’indicazione dell’importanza delle radiazioni adattative che hanno coinvolto gli anfibi: sostengono, infatti, che circa l’86% delle specie conosciutedi rane e più dell’81% di quelle di salamandre deriverebbero da sole 5 specie che sopravvissero all’estinzione del Cretaceo.
Dell’articolo originale è disponibile l’abstract.
Andrea Romano
La foto è di Andrea Romano
Ecologo e docente di Etologia e Comportamento Animale presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università di Milano. Ha scritto di animali ed evoluzione su Le Scienze, Mente e Cervello, Oggiscienza e Focus D&R . Collabora con Pikaia, di cui è stato caporedattore dal lontano 2007 al 2020.