L’elefante di Firenze è il “tipo” dell’elefante indiano
I ricercatori scoprono che l’antico scheletro di un elefante, ritratto in vita da Rembrandt e conservato al Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze è quello descritto da Linneo. Sarà d’ora in poi l’esemplare di riferimento internazionale per la specie Elephas maximus
Lo scheletro di un elefante indiano oggi esposto presso il Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze è il protagonista di un’affascinante ricostruzione che ha inizio agli albori del pensiero scientifico moderno con lo studioso Linneo e continua con una ricerca pubblicata oggi sulla rivista Zoological Journal of the Linnean Society. Quando nel 1758 Linneo pubblicò la sua opera alla base della sistematica zoologica moderna, egli descrisse l’elefante, che nominò Elephas maximus, facendo riferimento alle testimonianze di altri naturalisti e a un feto ancora oggi conservato in alcol presso il Museo di Storia Naturale di Stoccolma. Per molto tempo quell’esemplare ha costituto il “tipo” dell’elefante. Oggi però sappiamo che esistono due diverse specie di elefante: quello indiano e quello africano.
Abbinando osservazioni anatomiche e le più avanzate tecniche di analisi del DNA e delle proteine antiche il gruppo di ricerca costituito, tra gli altri, da scienziati del Museo di Storia Naturale di Copenhagen, di Firenze, di Londra, di Stoccolma e dell’Università dell’Illinois Urbana-Champaign, ha scoperto che l’esemplare conservato a Stoccolma appartiene alla specie africana descritta nel 1797 da un altro naturalista col nome di (Loxodonta africana).
“A quel punto occorreva trovare un altro esemplare di riferimento per l’elefante indiano”, riferisce Enrico Cappellini del Museo di Storia Naturale di Copenhagen, che ha in precedenza conseguito il Dottorato di Ricerca presso l’Università di Firenze. Si è allora andati alla ricerca degli esemplari relativi alle testimonianze. Si scopre allora che tra le testimonianze utilizzate da Linneo nella sua descrizione vi era quella del naturalista John Ray relativa ad uno scheletro che però nessuno fino a oggi aveva rintracciato. “Quando ho notato nel testo in latino di Ray che l’elefante descritto era stato osservato a Firenze, ho immediatamente pensato all’elefante della Specola e ho subito contattato i miei colleghi a Firenze” dice ancora Cappellini.
Attraverso una paziente indagine bibliografica archivistica e un accurato studio anatomico è emerso che lo scheletro di elefante inizialmente descritto da Ray nel corso della sua visita a Firenze nel 1664, e successivamente citato nel 1758 da Linneo nella sua descrizione di Elephas maximus, è lo stesso esposto ancora oggi al centro del grande «Salone degli Scheletri», della sezione di zoologia “La Specola” del Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze.
Nato nell’odierno Sri Lanka e portato in Europa dagli Olandesi, fu raffigurato da Rembrandt attorno al 1637 ed esibito come curiosità esotica itinerante. Giunto a Firenze nel 1655, fu esposto nella Loggia dei Lanzi in Piazza della Signoria. Morì in città nel novembre dello stesso anno, come riporta un disegno, oggi conservato alla Biblioteca Reale di Torino, ad opera dell’artista Stefano Della Bella.
“Il corpo dell’elefante fu acquistato dal Granduca e trasportato su un carro tirato da otto paia di buoi ai Giardini di Boboli, ove lo scheletro fu preparato per essere esposto tra le curiosità naturalistiche della Galleria Granducale, ossia gli Uffizi” riferisce Fausto Barbagli, storico del Museo di Storia Naturale di Firenze.
“Da quel momento lo scheletro entra a far parte delle collezioni scientifico-naturalistiche fiorentine e la sua permanenza a Firenze è costantemente documentata nel corso dei secoli nei numerosi cataloghi delle collezioni” riferisce Paolo Agnelli, conservatore del Museo di Storia Naturale di Firenze.
Sulla base di questa documentazione il gruppo di ricercatori ha designato l’elefante di Firenze quale esemplare “tipo” di Elephas maximus.
Grazie alla cooperazione tra specialisti di varie istituzioni che hanno messo in sinergia competenze zoologiche, tassonomiche, biomolecolari, museologiche e storiche, oggi sappiamo che lo scheletro del Museo di Storia Naturale di Firenze è l’esemplare più importante a cui fare riferimento per definire l’elefante indiano. Si tratta di una scoperta di grande importanza che contribuisce a chiarire fondamentali aspetti della nomenclatura scientifica di una delle specie più affascinanti e note del Regno Animale.
L’articolo: “Resolution of the type material of the Asian Elephant, Elephas maximus Linnaeus, 1758”, è stato pubblicato on-line il 4 Novembre sul sito del Zoological Journal of the Linnean Society