L’epigenoma dei nostri cugini
Un nuovo studio ricostruisce le mappe epigenetiche dei nostri cugini Neanderthal e Denisova
Nel 1942 la genetica era ancora una giovane disciplina in rapida crescita, sebbene il ruolo di geni e DNA nei processi ereditari non fosse ancora noto. In quell’anno, il biologo inglese Conrad Waddington coniò un nuovo termine – epigenetica – per indicare un modello che spiegasse come il destino delle cellule venisse stabilito durante lo sviluppo embrionale. Da allora, il concetto di epigenetica ha fatto molta strada e cambiato molte definizioni, fino ad arrivare a quella più condivisa, formulata nel 2008, secondo la quale i tratti epigenetici sono tutti quei tratti ereditabili che risultano da cambiamenti nei cromosomi senza modifiche della sequenza del DNA.
In parole povere, i processi epigenetici possono attivare o disattivare i geni senza cambiarne la sequenza, come avviene in seguito a una mutazione, e possono farlo in diversi momenti della vita di un individuo o in aree diverse del suo organismo. Questi processi regolatori possono venire ereditati, andando così a costituire un codice – l’epigenoma – parallelo al genoma. Non c’è dunque da stupirsi se gli studi sull’epigenetica abbiano guadagnato sempre più importanza in diversi ambiti, dalla biologia dello sviluppo alla medicina, fino ad arrivare alla biologia evolutiva. In questo campo sono stati fatti grandi progressi per quanto riguarda la ricostruzione dei genomi degli altri membri, ora estinti, della famiglia di Homo sapiens, ma poco si sapeva a proposito dei loro epigenomi.
Per tentare di colmare questa lacuna, un gruppo di ricercatori israeliani, spagnoli e tedeschi ha studiato la metilazione del DNA – un processo biochimico che gioca un ruolo fondamentale nella regolazione epigenetica – in due nostri “cugini”: i Neanderthal e i Denisova. Gli autori del lavoro, pubblicato su Science, hanno ricostruito delle vere e proprie mappe che mostrano i punti in cui il DNA di queste due specie era metilato e hanno confrontato i loro risultati con quelli già disponibili per Homo sapiens. Sono così riusciti a identificare circa 2000 regioni metilate, e quindi regolate, in maniera diversa: si tratta di regioni genomiche coinvolte nello sviluppo cerebrale e nella regolazione dei sistemi immunitario e cardiovascolare, mentre pare che il controllo epigenetico del sistema digestivo sia rimasto pressoché identico. Molte delle differenze identificate potrebbero quindi spiegare le differenze anatomiche fra l’uomo contemporaneo e i suoi arcaici cugini, ma hanno anche svelato l’esistenza di diversi processi epigenetici, caratteristici di Homo sapiens, associati a malattie come l’autismo, la schizofrenia e il morbo di Alzheimer.
Si tratta, quindi, di un lavoro di grande importanza, che potrebbe aprire nuove prospettive nello studio dell’epigenoma di specie estinte, contribuendo così ad ampliare le nostre conoscenze sul passato evolutivo della nostra e di altre specie.
Riferimenti:
In parole povere, i processi epigenetici possono attivare o disattivare i geni senza cambiarne la sequenza, come avviene in seguito a una mutazione, e possono farlo in diversi momenti della vita di un individuo o in aree diverse del suo organismo. Questi processi regolatori possono venire ereditati, andando così a costituire un codice – l’epigenoma – parallelo al genoma. Non c’è dunque da stupirsi se gli studi sull’epigenetica abbiano guadagnato sempre più importanza in diversi ambiti, dalla biologia dello sviluppo alla medicina, fino ad arrivare alla biologia evolutiva. In questo campo sono stati fatti grandi progressi per quanto riguarda la ricostruzione dei genomi degli altri membri, ora estinti, della famiglia di Homo sapiens, ma poco si sapeva a proposito dei loro epigenomi.
Per tentare di colmare questa lacuna, un gruppo di ricercatori israeliani, spagnoli e tedeschi ha studiato la metilazione del DNA – un processo biochimico che gioca un ruolo fondamentale nella regolazione epigenetica – in due nostri “cugini”: i Neanderthal e i Denisova. Gli autori del lavoro, pubblicato su Science, hanno ricostruito delle vere e proprie mappe che mostrano i punti in cui il DNA di queste due specie era metilato e hanno confrontato i loro risultati con quelli già disponibili per Homo sapiens. Sono così riusciti a identificare circa 2000 regioni metilate, e quindi regolate, in maniera diversa: si tratta di regioni genomiche coinvolte nello sviluppo cerebrale e nella regolazione dei sistemi immunitario e cardiovascolare, mentre pare che il controllo epigenetico del sistema digestivo sia rimasto pressoché identico. Molte delle differenze identificate potrebbero quindi spiegare le differenze anatomiche fra l’uomo contemporaneo e i suoi arcaici cugini, ma hanno anche svelato l’esistenza di diversi processi epigenetici, caratteristici di Homo sapiens, associati a malattie come l’autismo, la schizofrenia e il morbo di Alzheimer.
Si tratta, quindi, di un lavoro di grande importanza, che potrebbe aprire nuove prospettive nello studio dell’epigenoma di specie estinte, contribuendo così ad ampliare le nostre conoscenze sul passato evolutivo della nostra e di altre specie.
Riferimenti:
Immagine da Wikimedia Commons