L’evoluzione degli arti nell’uomo e negli altri primati: dove nascono le differenze?

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Per molto tempo la ricerca delle basi molecolari implicate nell’origine dei tratti che distinguono l’uomo dagli altri primati è stata indirizzata sulle porzioni codificanti dei geni. Oggi un numero crescente di dati sta invece suggerendo che variazioni a livello delle regioni regolative dei geni possano portare alla comparsa di caratteri nuovi, portando ad un rinnovato interesse per queste regioni del […]

Per molto tempo la ricerca delle basi molecolari implicate nell’origine dei tratti che distinguono l’uomo dagli altri primati è stata indirizzata sulle porzioni codificanti dei geni. Oggi un numero crescente di dati sta invece suggerendo che variazioni a livello delle regioni regolative dei geni possano portare alla comparsa di caratteri nuovi, portando ad un rinnovato interesse per queste regioni del genoma che per molto tempo sono state considerate inutili e classificate come “DNA spazzatura”.

Dal confronto del genoma umano con quello di altri primati è stato possibile identificare sia sequenze non codificanti altamente conservate tra uomo e primati che sequenze non codificanti che nell’uomo si sono arricchite di mutazioni. Se la prima categoria di sequenze è molto interessante per capire i meccanismi di regolazione genica comuni tra i primati, la caratterizzazione molecolare delle sequenze non codificanti differenziatesi tra uomo e primati potrebbe fornire nuovi elementi per capire l’origine e lo sviluppo di caratteri morfologici tipicamente umani.

Recenti analisi molecolari hanno portato all’identificazione di una sequenza che risulta avere accumulato molte mutazioni nell’uomo rispetto agli altri primati, tanto che questa sequenza è stata definita HACNS1 (acronimo che sta per human-accelerated conserved non coding sequence 1). Questa sequenza è ben conservata in tutti i vertebrati terrestri, ma nell’uomo presenta 16 mutazioni accumulatesi dopo la separazione dell’uomo dagli altri primati. Quale significato funzionale hanno queste mutazioni?

Molto spesso le mutazioni presenti nelle regioni regolative sono associate ad un diverso livello di trascrizione genica in funzione del fatto che queste regioni possono agire come enhancer ovvero come modulatori dell’espressione genica. Per confermare questa ipotesi, il gruppo di ricerca coordinato da James P. Noonan (attualmente alla Yale University School of Medicine) ha verificato in vivo gli effetti delle mutazioni identificate nella sequenza HACNS1. I dati ottenuti sono stati pubblicati nell’ultimo fascicolo di Science nell’articolo intitolato “Human-specific gain of function in a developmental enhancer“.

Il dato da cui Noonan e colleghi sono partiti è che il livello di mutazioni osservate in questa sequenza è nell’uomo quattro volte più alto di quello che ci si aspetterebbe se le mutazioni si fossero accumulate come mutazioni neutre. L’elevata conservazione nei vertebrati di questa regione fa, infatti, supporre che essa sia funzionalmente importante e quindi sia stata conservata in virtù della presenza di una costrizione funzionale. L’accumulo delle mutazioni osservate nell’uomo deve essere quindi frutto di un processo di selezione positiva che ha portato alla diffusione della versione mutata della sequenza HACNS1 nel corso dell’evoluzione umana.

Per verificare in vivo la funzione di questo tratto del genoma umano, la sequenza HACNS1 umana è stata inserita in topi transgenici e gli effetti sul fenotipo sono stati confrontati con quelli osservati in altri topi in cui è stato integrato l’omologo di questa sequenza isolata da scimpanzè e macaco. Gli esperimenti hanno dimostrato che la versione isolata dall’uomo della sequenza HACNS1 agisce come enhancer modificando, in particolare, l’espressione genica a livello degli abbozzi degli arti superiori, degli archi faringei, delle orecchie e degli occhi nel corso delle prime fasi dello sviluppo. Poiché questi effetti non si vedono con le sequenze di macaco e scimpanzè si può ipotizzare che la variazione del pattern di espressione genica osservata con la sequenza HACNS1 umana sia una innovazione avvenuta nel corso dell’evoluzione della nostra specie.

In fasi più avanzate dello sviluppo, la sequenza umana HACNS1 guida l’espressione genica a livello degli arti superiori ed in particolare della spalla, del polso e delle dita. Un quadro di espressione simile è stato osservato (seppure con entità minore) a livello dell’arto posteriore dove verrebbero coinvolte le anche ed i piedi. L’analisi delle stesse fasi dello sviluppo nei topi modificati con le sequenze di macaco e scimpanzè evidenzia una espressione a livello della spalla, mentre manca l’espressione nella parte distale dell’arto superiore ad indicare che la sequenza HACNS1 isolata dal nostro genoma può modificare l’espressione genica per un tempo prolungato nel corso dello sviluppo.

Per verificare ulteriormente i dati ottenuti, le 16 mutazioni che distinguono la sequenza HACNS1 umana da quella degli altri primati sono state inserite in un frammento di DNA che è stato trasferito nel genoma di scimpanzè. Gli embrioni di scimpanzè ottenuti presentavano un pattern di espressione genica identico a quello presente nell’uomo indicando che le 16 mutazioni osservate influenzano direttamente lo sviluppo degli arti superiori ed inferiori.

Le 16 mutazioni osservate non sono tuttavia disperse lungo tutta la sequenza HACNS1 (che è lunga 546 nucleotidi), ma 13 mutazioni sono raggruppate in un tratto di 81 nucleotidi, mentre il resto della sequenza è fondamentalmente conservata. Questo dato ha spinto il gruppo di Noonan a verificare se tutte e 16 le mutazioni fossero ugualmente importanti. Per verificare questa ipotesi un gene contenete solamente le 13 mutazioni raggruppate è stato inserito nel genoma di scimpanzè ed anche in questo caso si è potuto osservare che la sequenza HACNS1 isolata dall’uomo modifica l’espressione genica a livello degli arti in modo significativo rispetto a quanto accade con le sequenze di macaco e scimpanzè.

Successive analisi bioinformatiche delle sequenze HACNS1 di uomo, macaco e scimpanzè hanno evidenziato che le variazioni di sequenza osservate modificano i siti di legame di numerosi fattori di trascrizione. Particolarmente interessante è il fatto che la sequenza HACNS1 umana abbia acquisito un sito di legame per il fattore di trascrizione PAX9 di cui era già noto il ruolo nel topo nello sviluppo degli arti e che potrebbe essere stato reclutato in modo differenziale nell’uomo rispetto agli altri primati grazie alle mutazioni presenti nella sequenza HACNS1 umana.

Questi risultati suggeriscono, quindi, che le mutazioni acquisite dalla sequenza HACNS1 hanno contribuito all’evoluzione della forma della nostra mano, incluse le nostre dita favorendo forse anche la variazione della struttura del pollice e quindi portando alla completa opponibilità indispensabile per la manipolazione. In modo analogo si può ipotizzare che la sequenza HACNS1 abbia contribuito a modificare la forma dei piedi favorendo il passaggio al bipedismo.

L’articolo di Noonan e colleghi mostra quindi in modo sperimentalmente molto chiaro come modificazioni nella struttura di un animale possano essere basate su mutazioni avvenute in regioni regolative del nostro genoma piuttosto che in regioni codificanti. Questo non implica la necessità di rivedere o ridimensionare l’importanza delle mutazioni nelle sequenze codificanti, ma ci permette di prendere atto del fatto che l’evoluzione ha seguito più strade di quanto si è pensato per molto tempo.

Mauro Mandrioli


Prabhakar S. et al. (2008) Human-specific gain of function in a developmental enhancer. Science 321: 1346-1350.