L’evoluzione del falso “pollice” del panda gigante

antenato panda gigante Ailurarctos

Il panda gigante è dotato di un sesto falso “dito” che utilizza per afferrare il bambù di cui si nutre. La scoperta di un fossile della medesima struttura, appartenente ad un estinto membro della stessa sottofamiglia del panda, aumenta la nostra comprensione di questo straordinario adattamento

Vi è mai capitato di dover afferrare un oggetto con i piedi? Impresa assai ardua. Le dita dei nostri arti inferiori formano, assieme alla pianta del piede, una struttura certamente più adatta a sopportare il nostro peso che ad agguantare qualcosa. Manca poi l’opposizione di un dito contro gli altri quattro che, come nel caso delle nostre mani, garantisce una stretta salda ed efficace. Il risultato, quindi, è una presa incerta, stentata, che cede alla prima applicazione di una forza esterna.
Ora immaginate di avere i piedi non solo all’estremità degli arti inferiori ma anche di quelli superiori. Adesso potete comprendere le difficoltà incontrate da un panda gigante (Ailuropoda melanoleuca) durante le quotidiane 15 ore di foraggiamento.

Uno strano mammifero
Maneggiare con efficacia le varie specie di bambù di cui si nutre, per il panda, è una questione della massima importanza: il suo corto tratto digerente ancora da carnivoro, nonostante il cambio di microbiota, fatica ad estrarre nutrimento da queste piante ricche solamente di cellulosa. Per sostentarsi con un alimento di così scarso valore energetico, il panda gigante deve giornalmente quasi eguagliare il suo peso in bambù ed impiegare più di metà giornata per farlo. Impensabile faticare nella presa di ogni singolo ramoscello a causa delle goffe mani-piedi da plantigrado (animale che poggia il peso sulla pianta del piede).

Il pollice del panda
Durante l’evoluzione di questo straordinario animale però, il sesamoide radiale, un osso del metacarpo, si è allungato fino a formare una sorta di dito “extra”, proprio nello spazio tra il primo dito della zampa e l’osso lungo radio dell’arto e cioè, nella stessa posizione dove si trova il nostro pollice. Un sesto falso “dito” che il panda è in grado di opporre alle altre cinque dita vere, riuscendo nell’impresa di afferrare saldamente il suo unico alimento. 

In un recente articolo su Scientific reports, viene annunciata la scoperta di un canino, un femore ed un sesamoide radiale di una specie appartenente alla sottofamiglia del panda, gli Ailuropodini, chiamata Ailurarctos. Questa specie vissuta durante il Miocene, circa 6-7 milioni di anni fa, possedeva un sesamoide radiale allungato e opponibile proprio come quello dell’odierno panda gigante. Quello che ha però stupito gli scienziati sono state le dimensioni di questo fossile: il sesamoide radiale di Ailurarctos è più lungo di quello del panda sia in assoluto che in relazione alla taglia. Perché nei 6-7 milioni di anni successivi ad Ailurarctos, questo falso dito di fondamentale importanza per la sopravvivenza del panda, non si è allungato ulteriormente per migliorare la presa ?

I vincoli dell’evoluzione
Il team di ricerca crede che la risposta risieda nei compromessi che vincolano e guidano l’evoluzione dei tratti, e che sono il risultato di differenti spinte selettive e compromessi strutturali dovuti alla storia biologica delle specie. Il sesamoide radiale, infatti, prima di diventare un formidabile sesto dito aveva un’altra funzione: distribuire il peso dell’animale durante la deambulazione proprio come le altre ossa metacarpali. Gli scienziati credono che, in questo caso di exaptation (quando un tratto inizialmente con una funzione ne assume una seconda mantenendo o perdendo la prima), il sesamoide radiale abbia conservato la sua funzione primaria pur assumendone una nuova nel caso di Ailurarctos e del panda gigante. Ma più questo sesamoide radiale si allunga e migliora nella presa più diventa ingombrante durante gli spostamenti, perdendo inoltre la sua capacità di disperdere il peso dell’animale. Viceversa, più si accorcia meglio serve alla deambulazione plantigrada diminuendo però l’abilità dell’animale nella presa e nella manipolazione del cibo. Ecco che questo tira e molla di due spinte selettive avverse danno vita ad un compromesso, perennemente sub-ottimale, vincolato dalla storia evolutiva ed da altri precedenti compromessi. 

Una struttura altamente specializzata
Il sesamoide radiale del panda però è una brillante soluzione a questi due problemi apparentemente inconciliabili: nell’ultimo tratto, quello distale, il sesamoide si incurva come a formare una sorta di uncino. Questo incurvamento da vita ad una faccetta ossea esterna, una superficie piatta, che grazie anche ad un cuscinetto di pelle permette di utilizzare efficacemente quest’osso per disperdere il peso del panda, quando la zampa è poggiata per terra. La forma ad uncino però migliora anche la presa sul bambù, che viene bloccato meccanicamente, ovviando alla minor lunghezza dell’intero sesamoide e funzionando (forse) meglio rispetto a quanto non accadesse in Ailurarctos.

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Immagine: dalla pubblicazione, foto di Sharon Fisher

Il sesamoide radiale del panda gigante è quindi sottoposto da milioni di anni, ad un continuo modellamento ad opera di due spinte selettive differenti ma ugualmente importanti per la fitness dell’animale (il suo successo riproduttivo). Una struttura tanto affascinante quanto complessa che confuta, a mio avviso, l’idea diffusa di uno “strumento” improvvisato e goffo, appartenente ad un animale inadatto.  
Grazie anche a ritrovamenti come quello di Ailurarctos, ci rendiamo invece conto dell’alto grado di specializzazione raggiunto dal panda gigante per avere successo nel suo habitat.

Riferimenti:
Wang, X., Su, D. F., Jablonski, N. G., Ji, X., Kelley, J., Flynn, L. J., & Deng, T. (2022). Earliest giant panda false thumb suggests conflicting demands for locomotion and feeding. Scientific Reports, 12(10538), 1–13. doi: 10.1038/s41598-022-13402-y

Immagine: ricostruzione artistica di Ailurarctos, di Mauricio Antón, dalla pubblicazione