L’evoluzione in congresso
Dal 12 al 16 giugno si è svolto nel campus dell’Università dell’Idaho il congresso annuale delle tre principali società evoluzionistiche (Society for the Study of Evolution, Society of Systematic Biologists, American Society of Naturalists). Al congresso hanno partecipato circa 1200 iscritti, che sono stati responsabili di oltre 900 comunicazioni orali, 200 poster e vari simposi e workshop su argomenti che […]
Dal 12 al 16 giugno si è svolto nel campus dell’Università dell’Idaho il congresso annuale delle tre principali società evoluzionistiche (Society for the Study of Evolution, Society of Systematic Biologists, American Society of Naturalists). Al congresso hanno partecipato circa 1200 iscritti, che sono stati responsabili di oltre 900 comunicazioni orali, 200 poster e vari simposi e workshop su argomenti che andavano dalle radiazioni adattative, l’analisi filogenetica di matrici complesse, la celebrazione del 150 anniversario dell’Origine delle Specie con uno “state of the art report” sulla biologia evoluzionistica attuale, l’evoluzione delle funzioni molecolari e l’espansione della teoria evolutiva in altri campi oltre la biologia (tra cui, ad esempio, la medicina e la psicologia). Viste le 8 sessioni parallele che si sono tenute tutti i giorni ovviamente ho potuto seguire solo una piccola frazione delle presentazioni. A seguire sono riassunte le presentazioni che mi sono sembrate presentazioni particolarmente ben fatte o importanti. Suggerisco a chi fosse interessato ad avere più informazioni di seguire i vari bloggers che erano al congresso e ne hanno parlato (http://www.uiweb.uidaho.edu/evolution09/blogging.html).
Una delle conclusioni principali della presentazione (con la quale personalmente sono d’accordo) è che dovremmo smetterla di chiamarci (e farci chiamare) darwiniani, e usare invece la definizione di biologi evoluzionisti. Questo perche’ secondo Scott tutte le volte che si ha un “ismo” (come darwinismo) si rischia di essere accusati di creare un’ideologia, mentre la biologia evoluzionistica è una scienza.
Francesco Santini
Il primo giorno, dopo la opening reception, c’è stata la premiazione di Eugenie Scott, direttrice del “National Center for Science Education”, e vincitrice del primo S.J. Gould Award. Il NCSE da anni si occupa di educazione scientifica, ed è particolarmente attivo nel contrastare le attività di organizzazioni creazioniste come il Discovery Institute. La lecture di Genie Scott, che era dedicata al modo nel quale gli evoluzionisti possono essere più efficaci nello spiegare la teoria dell’evoluzione, può essere vista su youtube.
Una delle conclusioni principali della presentazione (con la quale personalmente sono d’accordo) è che dovremmo smetterla di chiamarci (e farci chiamare) darwiniani, e usare invece la definizione di biologi evoluzionisti. Questo perche’ secondo Scott tutte le volte che si ha un “ismo” (come darwinismo) si rischia di essere accusati di creare un’ideologia, mentre la biologia evoluzionistica è una scienza.
Il 13 si è svolto uno dei simposi principali del congresso dedicato alle radiazioni adattative e i nuovi metodi comparativi che sono stati sviluppati negli ultimi anni per il loro studio. Il simposio era co-organizzato da Luke Harmon, Dan Rabosky e Michael Alfaro e ha visto presentazioni che spaziavano dagli approcci paleontologici a quelli molecolari ed ecologici. Ad esempio Brian Moore ha presentato un nuovo metodo bayesiano – recentemente pubblicato – per valutare l’impatto di eventi storici sui tassi di diversificazione (http://www.pnas.org/content/106/11/4307.abstract). Mike Alfaro invece ha presentato i risultati di uno studio sui tassi di diversificazione nei pesci attinopterigi, che dimostra come l’aumento dei tassi di diversificazione avvenuto dopo la duplicazione del genoma nell’antenato dei teleostei, duplicazione che è spesso invocata come spiegazione della grande diversita’ dei teleostei stessi, in realtà spiega solo circa il 15% della diversita’ di questi pesci. Fra gli altri speakers al simposio, Rabosky ha presentato alcuni dei metodi da lui recentemente sviluppati per misurare tassi di diversificazione, mentre Mark McPeek ha discusso la dimensione ecologica delle radiazioni di cladi di organismi.
Il 14 si e’ svolto il Young Investigator Symposium della ASN. Uno dei vincitori del premio quest’anno è stato Luke Harmon, che ha presentato i risultati di uno studio dei tassi di diversificazione dei vertebrati gnatostomi che mostra come le 11 principali radiazioni avvenute in questo clade sono raramente associate allo sviluppo di quelli che tradizionalmente vengono considerati come tratti (o innovazioni) chiave (key innovations). Queste esplosioni di diversita’ (evolutionary bursts) sono spesso dovuti all’accumulo (lento o veloce) di una serie di tratti, che presi individualmente (ad esempio l’evoluzione delle penne negli uccelli) non promuovono necessariamente aumento dei tassi di diversificazione ma necessitano di essere abbinati ad altri particolari caratteri per permettere un aumento dei tassi di cladogenesi.
Tra le presentazioni che mi sono sembrate piu’ interessanti il 15 vi sono quelle di Slater e Losos sessione dedicata alla selezione naturale e alle radiazioni adattative. Graham Slater ha presentato i risultati di uno studio che ha applicato il metodo del finite element analysis alla biomeccanica del morso e la struttura del cranio nei mammiferi carnivori (http://biomesh.org/collab_slater.phtml). Uno dei risultati piu’ interessanti dello studio e’ la conclusione che la principale selezione sulla struttura del cranio viene esercitata dal tipo di struggling che la preda esercita quando si divincola dopo il morso del predatore. Sempre nella stessa sezione Jonathan Losos ha presentato uno studio comparato della radiazione delle lucertole del genere Anoles nei caraibi e sul continente sudamericano. Le specie di Anoles caraibiche sono ormai da molti anni uno degli esempi piu’ noti di radiazioni evolutive, con varie specie che dopo aver invaso ambienti privi di competitori, radiano producendo gli stessi 4 morfi differenti. Losos ha mostrato come le Anoles della terraferma mostrano pattern di evoluzione molto diversi, ed ha attribuito questo fenomeno a livelli di predazione molto piu’ elevati che impedirebbero agli anole sudamericani di sviluppare la stessa variabilita’ morfologica (incluse le colorazioni brillanti) presente nelle specie delle isole.
Il 16 si è svolto il simposio su “Darwinian thinking, 150 years after the Origin”, che ha visto presentazioni di ricercatori dei vari campi della biologia e paleontologia. Doug Schemske ha commentato vari passaggi di lavori di Darwin che avrebbero dovuto essere inclusi nell’Origine ma furono rimossi e non pubblicati fino al 1975 (!) che indicano come Darwin fosse convinto del’importanza dell’allopatria nel fenomeno della speciazione. Questo e’ importante perche’ nelle prime edizioni dell’Origine Darwin sembra guardare con favore alla speciazione simpatrica, e questo fatto attirerà in seguito molte critiche da parte di Ernst Mayr. Hopi Hoekstra ha parlato dei recenti sviluppi nello studio della genetica dei caratteri che possono essere adattativi, come ad esempio la colorazione della pelliccia nei mammiferi. Gene Hunt ha invece parlato dell’utilizzo del record fossile per lo studio della direzione dell’evoluzione, ed in particolare del fenomeno della speciazione (graduale vs punteggiata,). Sempre il 16 segnalo le presentazioni di Joel Cracraft che ha messo in guardia da studi su radiazioni adattative che si basano esclusivamente su analisi dei tassi di diversificazione ed ignorano la biologia e la paleontologia degli organismi (e quindi rischiano di produrre spiegazioni dei fenomeni che potrebbero aver causato le radiazioni che non hanno nulla a che fare con la realta’). In un’altra sessione Alex Dornburg (Yale) ha presentato uno studio dei pattern di evoluzione nelle pinne dei pesci balistidi. Utilizzando una filogenesi calibrata (http://sysbio.oxfordjournals.org/cgi/content/abstract/57/6/905) e metodi morfometrici che misurano il morfospazio occupato dalle pinne, è stato possibile dimostrare come questo gruppo di pesci tropicali ha subito una radiazione molto rapida subito dopo la sua origine, che ha portato ad occupare varie nicchie, all’interno delle quali poi le varie linee filogenetiche sono rimaste quasi immutate morfologicamente per quasi 20 milioni di anni.
Al congresso erano presenti anche diversi evoluzionisti italiani residenti all’estero. Maria Pia Miglietta, che ha parlato dei suoi lavori di biogeografia dei vermi vestimentiferi che abitano le sorgenti idrotermali e le sorgenti di idrocarbori nel golfo del Messico. Isabella Capellini ha invece parlato dell’evoluzione della lattazione nei mammiferi, mostrando come la variazione della composizione del latte (in percentuale di proteine, zuccheri e grassi) nei vari gruppi, pur essendo influenzata dall’ambiente nel quale le varie specie vivono, mantiene pur sempre un segnale filogenetico. Marco Archetti ha invece parlato della teoria dell’evoluzione dei colori autunnali.
Al termine del congresso sono stati annunciati i vincitori di vari premi offerti dalle 3 societa’. Il premio Dobzhanski offerto dalla SSE e’ stato vinto da Judith Mank (Oxford) per le sue ricerche sull’evoluzione dei cromosomi sessuali e dei mating systems, il premio presidenziale della SSB e’ stato vinto da Ziheng Yang (UC London), mentre il premio E.O. Wilson della ASN è stato assegnato a Jonathan Losos.
Interessante anche la notizia che l’amministrazione dell’universita’ dell’Oklahoma, che dovrebbe ospitare il congresso nel 2011, non vuole che le presentazioni si svolgano sul campus dell’universita’ per non irritare il parlamento dello stato, che e’ fortemente creazionista, ed ha costretto gli organizzatori a trovare un centro congressi per ospitare le sessioni scientifiche. Il prossimo congresso si svolgera’ il 25-29 giugno 2010 a Portland (Oregon).
Francesco Santini