L’evoluzione modulare degli pterosauri

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Se oggi i dominatori del cielo sono senza dubbio gli uccelli, un tempo, nell’era Mesozoica, erano gli pterosauri. Questo gruppo di vertebrati volanti compare nei reperti fossili intorno a 220 milioni di anni fa per poi scomparire all’incirca 65 milioni di anni, probabilmente vittima della caduta del meteorite che causò anche l’estinzione dei dinosauri. Tra i reperti più antichi e […]

Se oggi i dominatori del cielo sono senza dubbio gli uccelli, un tempo, nell’era Mesozoica, erano gli pterosauri. Questo gruppo di vertebrati volanti compare nei reperti fossili intorno a 220 milioni di anni fa per poi scomparire all’incirca 65 milioni di anni, probabilmente vittima della caduta del meteorite che causò anche l’estinzione dei dinosauri. Tra i reperti più antichi e quelli più recenti, tuttavia, esistono notevoli differenze morfologiche, sia nella dimensione che nelle proporzioni delle diverse componenti anatomiche.

Gli pterosauri più antichi, infatti, sono generalmente di piccole dimensioni e presentano una lunga coda e un muso poco allungato. Di tutt’altro aspetto, invece, apparivano le specie più moderne, gli pterodattiloidi (Pterodactyloidea), che potevano raggiungere dimensioni gigantesche (il Quetzalcoatlus aveva un’apertura alare di circa 10 metri): queste erano più conformi all’immaginario comune degli pterosauri, in quanto erano dotati di un cranio allungato e privi di coda. Fino ad oggi, tutti i resti fossili di questo ordine (Pterosauria) di diapsidi apparteneva all’uno o all’altro gruppo. Fino ad oggi, appunto.

Sulla rivista Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences viene infatti descritta una specie che si colloca, dal punto di vista morfologico, esattamente in in mezzo ai due gruppi, in quanto presenta caratteristiche di entrambe le “forme” di pterosauro. Il cranio e il collo di Darwinopterus modularis (gen. et sp. nov.), questo il nome della specie risalente a 160 milioni di anni fa, sono tipicamente pterodattiloidi, manifestando numerosi tratti derivati, mentre il resto dello scheletro è praticamente identico, compresa la lunga coda, a quello degli pterosauri basali (qui un’immagine).
 
La nuova specie, dunque, si configura come un mosaico di caratteri primitivi e derivati e illustra le fasi dell’evoluzione degli pterosauri più recenti. Gli pterodattiloidi, nel corso dell’evoluzione, prima modificarono in maniera considerevole la regione cefalica e solo in seguito persero le ossa a sostegno della coda. Ma quello che sembra ancora più interessante è che, almeno in questo gruppo animale, la selezione naturale sembra aver agito su quelli che gli autori chiamano moduli corporei, insiemi di caratteri che concorrono alla formazione di strutture complesse (in questo caso collo, testa e coda), modificandoli. L’azione dei processi selettivi avrebbe quindi modificato diversi tratti contemporaneamente piuttosto che le singole caratteristiche in maniera indipendente.

In questo modo, come dimostrato anche dalla datazione del Darwinopterus, che può essere considerato a tutti gli effetti una vera e propria forma di transizione, l’evoluzione degli pterodattiloidi sarebbe avvenuta in tempi geologici piuttosto brevi, in seguito all’evoluzione indipendente dei diversi moduli corporei.

Andrea Romano


Riferimenti:
Junchang Lü, David M. Unwin, Xingsheng Jin, Yongqing Liu, Qiang Ji, Evidence for modular evolution in a long-tailed pterosaur with a pterodactyloid skull, Proc. R. Soc. B published online before print October 14, 2009, doi:10.1098/rspb.2009.1603