L’evoluzionista riluttante

Approfittando delle vacanze natalizie, ho pensato fosse utile liberare un po’ di spazio nella libreria per essere pronto ad ospitare i nuovi testi su Darwin che verranno pubblicati quest’anno e collocare in ordine gli ultimi acquisti del 2008. Tra questi ultimi, ho trovato molto interessanti alcune biografie di Darwin (alcune delle quali in realtà pubblicate in anni precedenti e solo

Approfittando delle vacanze natalizie, ho pensato fosse utile liberare un po’ di spazio nella libreria per essere pronto ad ospitare i nuovi testi su Darwin che verranno pubblicati quest’anno e collocare in ordine gli ultimi acquisti del 2008. Tra questi ultimi, ho trovato molto interessanti alcune biografie di Darwin (alcune delle quali in realtà pubblicate in anni precedenti e solo recentemente tradotte in italiano) che si concentrano su Darwin come uomo e scienziato, più che sui contenuti del suo lavoro.

L’ultima biografia letta è “L’evoluzionista riluttante” di David Quammen (Codice, 2008) che si presenta come un ritratto a tutto tondo di Darwin visto come scienziato, marito e padre. Sebbene il libro non raggiunga i livelli di “Casa Darwin” (Einaudi, 2007),  biografia scritta da Randal Keynes e divenuta una lettura obbligata per calarsi in modo appropriato nel mondo (e nel modo) in cui Darwin ha vissuto e lavorato, “L’evoluzionista riluttante” è comunque un’ottima lettura che descrive Charles Darwin come “un uomo complicato, coraggioso ma timido, ispirato ma travagliato, con una mente brillante, un cuore tenero e uno stomaco che si agitava come un miscelatore per vernici”.

Quammen illustra la vita di Darwin dal suo ritorno in Inghilterra siano alla sua morte, mostrando l’assoluta volontà di Darwin di consolidare la sua teoria prima di pubblicarla, oltre che lavorare per dare forza alla sua figura di naturalista e geologo.

Il libro di Quammen mostra inoltre l’enorme quantità di energie spesa da Darwin per modificare L’origine nelle diverse edizioni, che neppure nella sua ultima versione soddisfaceva appieno Darwin. confidò al caro vecchio amico Hooker; e poi, con un diverso modo verbale, facendo appello alla risolutezza . Ma non sarebbe vissuto altri vent’anni, e nemmeno lo pretendeva. Così sospirò: ”.

Come sottolinea Quammen, sebbene Darwin spesso lamenti di non poter affrontare alcuni argomenti in modo sufficientemente dettagliato, L’origine è un testo incredibilmente ricco, tanto che non si può non condividere la perplessità dell’autore sul fatto che molti giovani  evoluzionisti (o che vorrebbero diventare tali) non abbiano mai letto questo testo essenziale: “Benché L’Origine sia il testo fondante della biologia evoluzionistica, in molte università americane (e con tutta probabilità anche britanniche) (e italiane! n.d.a.) è possibile conseguire un dottorato di ricerca in tale campo senza averla letta; e se si considera che la biologia evoluzionistica è una scienza storica, basata sull’analisi e sulla comprensione del passato e del presente, il modo in cui un documento tanto ricco di implicazioni viene trascurato sembra denotare una strana forma di miopia. Lo studio dell’evoluzione prende le mosse dall’osservazione di fatti e dalla raccolta di dati più che dalla sperimentazione controllata e poggia ancora sulle idee di Darwin e sulla sua terminologia, eppure i corsi di specializzazione attinenti non esigono, in genere, che gli studenti leggano Darwin. Il che è davvero deleterio, perché leggere Darwin può essere divertente, persino entusiasmante, oltreché istruttivo“.

Un aspetto che ho particolarmente apprezzato è che il libro dedica spazio anche alla figura di Wallace, un giovane “brillante e ambizioso, impetuoso e suggestionabile e scientificamente impreparato ma anche, come i fatti avrebbero dimostrato, un individuo ostinato, tenace e dotato di spirito di osservazione”. A differenza di Darwin “non poteva contare su un patrimonio di famiglia, non aveva frequentato l’università, non aveva avuto un naturalista anglicano come mentore, non vantava alcuna connessione con la Marina britannica e non gli era stata concessa la possibilità di girare il mondo come ospite relativamente coccolato a bordo di una delle navi di Sua Maestà. (…) Si cimentò dapprima con la botanica e proseguì in questa direzione fino a che un nuovo amico non lo deviò verso i coleotteri.  L’amico in questione era Henry Wallace Bates apprendista nel settore della calzetteria con il pallino per i viaggi e una passione per la storia naturale, proprio come Wallace”.

Quammen descrive poi il viaggio di Wallace verso il Rio delle Amazzoni ed il suo sventurato  ritorno in cui la prima nave (il brigantino Helen) affondò nel bel mezzo dell’oceano Atlantico assieme alla maggior parte del materiale raccolto da Wallace e la seconda (la Jordeson) rischiò di affondare ben due volte prima dello sbarco in Inghilterra. Il viaggio non fu tuttavia inutile in quanto Wallace iniziò a partecipare alle riunioni della Entomological Society e della Zoological Society e a presentare le sue osservazioni. Dopo meno di due anni, Wallace decise di ripartire e salpò su un vapore della Peninsular & Oriental Steam Navigation Company verso Singapore da cui proseguì verso la vasta costellazione di isole che si estendono verso est tra Singapore e la Nuova Guinea. Durante il suo secondo viaggio, Wallace formulò quella che lui stesso definì la sua legge: “Ogni specie è comparsa in un punto spaziale e temporale coincidente con quello di una specie preesistente strettamente affine”. Ma cosa significano “comparsa” e “specie strettamente affine”? Wallace non lo spiegò portando alcuni lettori (tra cui Darwin) a travisare la sua proposta.
Wallace e Darwin ebbero alcuni scambi epistolari, di cui quello più noto è indubbiamente datato giugno 1858, quando Wallace invio a Darwin un manoscritto in cui descriveva l’idea di evoluzione per selezione naturale che aveva autonomamente concepito. Questo evento fa parte di tutte le biografie di Darwin e quindi ne sono già note le conseguenze ovvero Darwin mise da parte la sua riluttanza a pubblicare la sua idea e dopo poco più di un anno pubblicò L’origine delle specie.
Wallace tornò in Inghilterra nel 1862 e restò sempre “fedelmente subordinato a Darwin e all’idea di quest’ultimo. L’eccezione maggiormente degna di nota risale all’inizio del 1869, quando Wallace espresse inaspettatamente il suo dissenso su un punto centrale, sostenendo che la selezione naturale non poteva rendere conto del cervello umano. L’apostasia di Wallace fu probabilmente il riflesso di altri cambiamenti che avevano investito la vita e gli interessi dello studioso da quando questi aveva fatto ritorno in Inghilterra. Eclettico e irruente come sempre negli entusiasmi, si era lasciato sedurre dallo spiritismo e aveva cominciato a partecipare a sedute spiritiche”. A questo proposito è interessante notare che ancora oggi, a dispetto della enorme mole di dati sull’evoluzione del nostro cervello, molti abbiano difficoltà a ritenere che il cervello umano sia stato prodotto dalla selezione naturale assieme a quella che Wallace definiva la “natura morale e intellettualmente superiore dell’uomo”.

L’ultima parte del libro descrive gli ultimi anni di vita di Darwin e la sua incessante passione per la natura che lo portò a lavorare senza sosta per tutta la vita e a lasciarci, oltre a numerosi libri ed articoli, anche una vasta raccolta di lettere e i taccuini privati.

Buona lettura!!!

Mauro Mandrioli