L’invasione della gazza marina nel Mediterraneo? La rivelano i social e la citizen science

gazza marina

I risultati di un esperimento per monitorare, anche con l’aiuto dei più diffusi social network, gli spostamenti degli esemplari di Alca torda – più comunemente nota come gazza marina – nei mari italiani, un ambiente non convenzionale per tale specie.

Cosa succede quando applicazioni nate per condividere attimi di vita quotidiana diventano strumenti utili alla scienza? È quanto ha provato a indagare un team di ricercatori della Stazione Zoologica “Anton Dohrn” in collaborazione con colleghi dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche di Firenze (Cnr-Iret) e delle Università di Siena e Palermo, avviando un innovativo esperimento di citizen science volto a monitorare, anche con l’aiuto dei più diffusi social network, gli spostamenti degli esemplari di Alca torda – più comunemente nota come gazza marina – nei mari italiani. I risultati dell’esperimento sono pubblicati sulla rivista Animals: lo studio si è concentrato su una specie tipica dell’Atlantico e dei mari del Nord che oggi si ritrova con sempre maggiore frequenza alle nostre latitudini. Proprio per descrivere questa singolare invasione -sulle coste italiane così come della Grecia e della Libia – e misurare quanto la componente dei dati raccolti dai social risultasse significativa rispetto ad altri metodi di raccolta, il team di ricerca ha avviato un’ampia ricerca in mare aperto, integrando le informazioni raccolte dai social con dati acquisiti da piattaforme online di citizen science e il supporto di realtà che operano nell’ambito della protezione marina, quali la Lega Navale, le Area Marine Protette, operatori del settore pesca sensibili al tema.
“Questa particolare specie, che può ricordare i pinguini per la livrea bianconera, è in realtà un uccello dotato di notevole capacità di volo, che può effettuare anche voli subacquei fino a 100 metri di profondità”, spiega Angelo Viviano, ricercatore del Cnr-Iret coinvolto nello studio. “Il progressivo spostamento verso le nostre cose di questi uccelli sembra indotto da più fattori: da un lato i sempre più frequenti fenomeni atmosferici estremi -come le tempeste atlantiche abbattutesi durante l’inverno sulle coste portoghesi – che potrebbero averli spinti a trovare riparo nel Mediterraneo. Un altro elemento può essere rappresentato dall’impoverimento dei Mari del nord, sempre più caldi e sfruttati dall’industria della pesca, o più in generale da una diversa distribuzione delle risorse alimentari, che potrebbero aver indotto le gazze a cambiare rotta alla ricerca di nuove prede”.

Il contributo dai social ha permesso di acquisire la maggioranza dei dati utili a descrivere il fenomeno (complessivamente il 35,2% dei dati), in particolare da Facebook, e dai fotografi naturalisti che hanno condiviso foto di questi uccelli da tutte le regioni della costa tirrenica, dalla Puglia e dalle Isole Maggiori.


“Per capire la rilevanza di questa percentuale basta pensare che, per questo studio, le osservazioni compiute da uscite ornitologiche mirate hanno rappresentato il 17% dei dati, mentre altri dati sono stati acquisiti da strumenti complementari come ad esempio form distribuiti a soci della Lega Navale, che hanno influito per il 14,2%. Inoltre, i dati derivanti dai social sono preziosi perché comprendono sia informazioni “da terra”, cioè avvistamenti presso porti e lungomari cittadini, sia dal mare, grazie al contributo di velisti”, aggiunge Rosario Balestrieri (Stazione Zoologica “Anton Dohrn”). “In sole tre settimane, tra novembre e dicembre, sono pervenute centinaia di osservazioni, fra queste sono state scremate quelle che potevano riguardare gli stessi individui (per evitare doppi conteggi) ed eliminate quelle prive di un’adeguata documentazione fotografica: grazie a tali osservazioni si è potuta censire – nel solo giorno del 27 novembre – la presenza di 747 gazze marine nei mari italiani, un numero probabilmente sottostimato, visto che si tratta di una specie pelagica incline a stazionare anche in mare aperto”.

L’esperimento è stato preceduto da una serie di incontri pubblici volti a far conoscere l’avifauna pelagica e la sua importanza nel sistema mare, organizzati dai ricercatori della Stazione Zoologica “Anton Dohrn” con realtà che operano nell’ambito della protezione marina, quali la Lega Navale e le Area Marine Protette.

“L’esperimento ha dimostrato come la scienza partecipata o citizen-science, nata negli Stati Uniti a inizio ‘900 proprio in un contesto di censimento ornitologico, sia oggi uno strumento prezioso per la comunità scientifica per comprendere questioni ambientali e aspetti legati alla biodiversità”, afferma Vivano. “In questo caso, il flusso costante di post ci ha permesso di ricostruire il fenomeno con sempre maggiore nitidezza, consentendo di vedere in tempo reale direzione e portata degli spostamenti delle gazze. “Dopo 150 anni, questa è la prima pubblicazione scientifica della Stazione Zoologica “Anton Dohrn” dedicata agli uccelli marini: prima di questo studio l’interesse verso gli uccelli marini, come riportato dai preziosi documenti custoditi nell’Archivio SZN, era stato mostrato solo da Etienne Jules Marey, amico di Anton Dohrn vissuto a fine 800 a Villa Maria a Posillipo. Marey, dalla sua abitazione filmava animali marini e “sparava” fotogrammi ai gabbiani in volo: per questo oggi lo ricordiamo come il precursore della documentaristica scientifica”, conclude Balestrieri.

Il gruppo che ha realizzato lo studio ha visto coinvolti: per la Stazione Zoologica “Anton Dohrn” Rosario Balestrieri (ornitologo) e Claudia Gili (veterinario, direttrice del Dipartimento CAPE); per l’Università di Siena Flavio Monti (ornitologo), per il Cnr-Iret Emiliano Mori e Andrea Viviano (zoologi) e per l’Università di Palermo Roberto Vento (ornitologo). Riferimenti: Balestrieri, Rosario, et al. “Razorbills Alca torda in Italian Seas: A Massive Irruption of Historical Relevance and Role of Social Network Monitoring.” Animals, vol. 13, no. 4, 14 Feb. 2023, p. 656, doi:10.3390/ani13040656.

Immagine: Stazione Zoologica Anton Dohrn, via Facebook

Fonte: Comunicato stampa CNR