Lo famo strano: gli Eutheria. Finalmente si parla di noi! (Parte IV)

La parte noiosa riguardante l’anatomia e l’embriologia è stata già trattata nella parte III, quindi ora possiamo finalmente considerare in quali varietà di forme e dimensioni questi organi si siano evoluti nei mammiferi per assolvere il loro compito, che è semplicemente quello di garantire al maschio la maggior probabilità di essere il padre della prole. Va da sè, quindi, che

La parte noiosa riguardante l’anatomia e l’embriologia è stata già trattata nella parte III, quindi ora possiamo finalmente considerare in quali varietà di forme e dimensioni questi organi si siano evoluti nei mammiferi per assolvere il loro compito, che è semplicemente quello di garantire al maschio la maggior probabilità di essere il padre della prole. Va da sè, quindi, che l’etologia delle singole specie è determinante nell’evoluzione degli organi intromittenti poichè la vita solitaria o gregaria, la promiscuità o la fedeltà, la dominanza assoluta o relativa, la socialità, la kin selection, l’intelligenza, l’aggressività, la territorialità sono tutti fattori che influiscono sull’evento chiave dell’evoluzione, che è l’atto riproduttivo dei singoli individui. Nei mammiferi placentati questo è tanto più evidente in quanto questi animali sono in fondo quelli più svincolati dal semplice comportamento roboticamente (e geneticamente) programmato e più condizionati dalla loro notevole intelligenza. Come vedremo, questo è particolarmente vero nella nostra specie dove pene e cervello sono aumentati di dimensione di pari passo.

Prima però di passare in rassegna i casi esemplari, concentriamoci un momento su un carattere bizzarro che rappresenta una novità (quasi) assoluta tra i vertebrati e cerchiamo di spiegarcela: molti mammiferi, infatti, hanno i testicoli posti esternamente al corpo, in una posizione invero piuttosto scomoda, che li rende estremamente vulnerabili. I mammiferi in questione appartengono al gruppo dei Boreoeutheria, un clade polifiletico che comprende i Laurasiatera (gli animali evolutisi nel continente Laurasia, che rimase a nord quando la Pangea si spezzo’ in due) più gli Euarchontoglires, che comprende tutti i vari roditori in senso lato (inclusi i conigli e le lepri) e tutti i vari primati in senso più che lato (ci sono dentro anche le tupaie che, insomma, primati non sono): praticamente restano fuori solo gli Afrotheria dal che si deduce che la maggior parte dei mammiferi ha i testicoli esterni. Perchè tutti questi animali hanno uno scroto posto esternamente? A fare eccezione tra i Boreoeutheria ci sono i mammiferi marini per ragioni di idrodinamicità, i rinoceronti, i tapiri, le cavie, tutti gli insettivori e i microchirotteri (pipistrelli) e gli Xenarthra. Questi animali hanno i testicoli discesi nella cavità addominale, ma interni. Gli Afroteria invece, come ad esempio gli elefanti, non hanno i testicoli discesi, che rimangono per tutta la vita ben in alto nella cavità addominale, vicino ai reni. (Qui un’immagine che raffigura un albero filogenetico dei mammiferi che mostra la posizione dei testicoli nei vari gruppi: in nero: testicoli esterni; in grigio: testicoli discesi, ma interni; in rosso: testicoli interni; in blu: marsupiali; in bianco: incertezza)

La spiegazione ufficiale sostiene che la posizione fuori dalla cavità addominale serva a mantenere i testicoli ad una temperatura leggermente inferiore rispetto a quella corporea: tutti gli eutheria hanno infatti una temperatura più o meno costante che si aggira intorno ai 37 gradi centigradi. A questa temperatura esterna, di 2-3 gradi inferiore a quella corporea, gli enzimi che attivano la spermiogenesi (la formazione degli spermatozoi) funzionerebbero meglio, consentendo una migliore produzione di gameti.

Ovviamente questa non è assolutamente una spiegazione perchè non spiega come mai a) gli afroteria, i rinoceronti e tutti gli uccelli non hanno questa limitazione e b) come possono essersi evoluti enzimi inefficienti a lavorare alla temperatura corporea considerando il compito delicato di questi enzimi. Indubbiamente la gametogenesi a 37 gradi funziona male, ma questo è un effetto, piuttosto che una causa.

Diverse teorie sono state formulate per spiegare questa anomalia, riassunte in questo articolo e anche da P.Z Meyers

1) i testicoli esterni funzionerebbero come una coda di pavone: si riproducono quelli così forti da essere in grado di salvare i testicoli dagli scontri con gli altri maschi. I cercopitechi etiopi (Cercopithecus aethiops), ad esempio, hanno lo scroto di un bel celeste brillante che lo mette in evidenza alle femmine e ai competitori (qui un’immagine). I ratti o i cervi, tuttavia, hanno ben altri sistemi per comunicare il loro status sociale, e comunque hanno lo scroto esterno. Evidentemente la strategia riproduttiva poco c’entra con la posizione delle gonadi

2) i testicoli esterni funzionerebbero da frigorifero: la parte da refrigerare non sarebbero però le gonadi ma l’epididimo, ovvero la riserva di spermatozoi prodotti tra un’eiaculazione e l’altra: stando al freddo, gli spermatozoi vivrebbero di più, massimizzando la quantità di gameti che viene rilasciata ad ogni evento riproduttivo. In specie coi testicoli interni infatti l’epididimo tende ad essere superficiale, ma ciò non spiega perchè questo non avviene in tutte le specie, in modo che le gonadi siano protette all’interno e solo l’epididimo sia fuori.

3) i testicoli freddi sarebbero il “campo di addestramento” degli spermatozoi, un ambiente freddo ed inospitale in cui solo gli spermatozoi più forti sopravvivono. Gli spermatozoi sopravissuti, forti dell’esperienza dura all’interno dei testicoli sarebbero più preparati ad affrontare le difficoltà delle impervie e misteriose vie genitali femminili. Resta però da spiegare come mai nelle specie promiscue che praticano la competizione spermatica sarebbe conveniente favorire la qualità a dispetto della quantità, o per cosa sarebbe conveniente avere un ambiente ostile in cui ospitare gli spermatozoi.

4) una temperatura più calda farebbe aumentare il tasso di mutazione in queste cellule che si riproducono così velocemente. Il problema non sarebbe sentito dai gameti femminili poichè non si riproducono fuori dalla vita embrionale. Non si spiega però come farebbero gli Afroteria a risolvere questo problema dell’aumentato tasso di mutazione.

5) L’antenato rettiliano comune aveva una temperatura interna più bassa o irregolare, e a quella temperatura si sarebbero evoluti gli enzimi della spermiogenesi nei mammiferi. Quando poi, per accelerare il metabolismo, è salita la temperatura corporea, è stato necessario spostare i testicoli all’esterno in modo che rimanessero alla temperatura originaria ottimale, evidentemente perchè il cambiamento era più semplice che modificare gli enzimi (l’equilibrio sterico, cioè tridimensionale degli enzimi è delicatissimo e non è detto che si trovi un’altra forma che funzioni altrattento bene). Quest’ultima sembra essere l’ipotesi più credibile.

Se così è, cioè che si tratti di un retaggio ancestrale, resta però il fatto che la posizione esterna è scomoda. Si direbbe pertanto che l’evoluzione tenda col passare del tempo ad internalizzare i testicoli, man mano che le soluzioni al problema temperatura vengono inventate. Noi umani e gli altri mammiferi a testicoli esterni rappresenteremmo quindi il modello beta, o primitivo, della posizione dei testicoli. Gli insettivori hanno una temperatura corporea più bassa e quindi anche se hanno i testicoli discesi possono permettersi di averli interni. I mammiferi marini, i rinoceronti, i tapiri e gli altri a testicoli discesi ma interni hanno risolto  il problema con quella che in termini tecnici si chiama una “rete mirabile arteriosa”, cioè uno scambiatore di calore costituito da capillari sanguigni, un radiatore, insomma, intorno alle gonadi per tenerle fredde nonostante siano all’interno. Per quanto riguarda gli Afroteria, sono brillantemente riusciti a risolvere il problema degli enzimi e conservano gelosamente i testicoli dal lato dorsale della cavità addominale e rappresentano il modello di punta dell’evoluzione dei mammiferi (chi e’ che dice che noi umani siamo il punto finale dell’evoluzione? Quelli del disegno intelligente?) (qui un’immagine).

Ed ora cambiamo leggermente argomento e veniamo ad una questione spinosa per noi umani, quella delle dimensioni. Secondo uno studio dell’Università di Firenze, le dimensioni medie di un pene umano in erezione di un maschio italiano si aggirano intorno ai 12.5 cm (9 cm a riposo), con una circonferenza di 10 cm. Secondo vari studi americani invece le dimensioni medie del pene di un maschio americano sono sui 6 pollici (15 cm). Comunque c’è una proporzionalità diretta con le dimensioni corporee e gli americani sono mediamente più grossi. In ogni caso, c’è poco da abbattersi: gli esseri umani hanno comunque il pene più grande tra i primati. Un gorilla, il più grande tra i primati, ha un pene di circa 5 cm, uno scimpanzè lo ha circa il doppio di un gorilla. Il motivo per cui noi umani abbiamo il pene più grande è che nella nostra specie, fondamentalmente monogama ma con una certa tendenza alla poliginia e alla promiscuità, il pene viene esibito come una coda di pavone: l’erezione prolungata di un pene grande grazie alla sola spinta idrodinamica è faticosa e chi ci riesce ha geni abbastanza buoni da assicurarsi una discendenza. Le disfunzioni erettili infatti avvengono molto facilmente, ovunque ci siano problemi fisici e/o psicologici. Ciò permetterebbe alle femmine della specie di selezionare i maschi più sani per mettere al mondo i figli. Il gorilla, poligamo, ha altri modi di dimostrare la propria forza al suo harem, (ad esempio lottando con gli altri maschi), e quindi non ha bisogno di un pene grande. Lo scimpanzè, strettamente promiscuo, ha bisogno di un pene relativamente grande ma non avendo il problema di essere scelto come unico partner da una femmina non si deve preoccupare troppo per le dimensioni.

In termini assoluti, il mammifero con il pene più grande è la balenottera azzurra, di cui è stato rinvenuto un individuo con un pene di 2.4 m. In termini relativi, l’animale più dotato è però l’elefante, che ha un pene di circa 2 m in erezione per un massimo di 4 m di altezza al garrese (qui un video). Complessivamente, gli artiodattili e i perissodattili (gli erbivori) sono piuttosto ben dotati e senza bisogno di strutture di sostegno, ma ciò si spiega anche con la posizione del maschio durante la copula. I cetacei anche sono complessivamente ben dotati, e in più hanno anche il pene capace di muoversi come se fosse un arto extra: tutto ciò è dovuto alla necessità di portare avanti la copula senza afferrare la femmina, non avendo zampe disponibili allo scopo. Interessante sottolineare che nei cetacei la copula avviene faccia a faccia, come negli umani (qui un’immagine).

I roditori, complessivamente, sono messi bene in relazione alle dimensioni corporee, al punto che genericamente vi è sempre un osso penico di sostegno (chiamato baculum in termini tecnici). Ciò è dovuto alla competizione spermatica e tutte le specie di roditori dove c’è promiscuità hanno anche dei peni relativamente molto lunghi, in modo da facilitare la strada ai propri spermatozoi. Il John Holmes dei roditori sembra che sia il piccolissimo topolino delle risaie occidentale (Reithrodontomys megalotis): se è vero che il suo pene è lungo appena 7-8 mm, è anche vero che misura circa un decimo delle dimensioni del corpo, che quindi risulta molto più dotato dell’italiano medio. Tra gli insettivori, i superdotati sono i pipistrelli, anche loro affranti dall’annoso problema di avere femmine promiscue e dalla competizione spermatica con gli altri maschi.

Tra i carnivori, anche loro tutti dotati di baculum, le dimensioni sembrano essere legate al clima: salendo di latitudine, gli animali tendono ad essere più dotati rispetto a quelli che vivono in climi piu’ miti.

Parlando di baculum, è doveroso fare una parentesi. Nei mammiferi si riscontrano prevalentemente tre meccanismi di erezione:

1) vascolare

2) fibroelastico

3) vascolare con os penis

Il meccanismo vascolare è quello che accade nella specie umana (ma non in molti altri primati) e in poche altre specie come i conigli, i cavalli e i tapiri. I corpi cavernosi hanno cavità molto grandi che si riempiono di sangue e questo consente l’espansione e l’irrigidimento, contando anche su una tonaca albuginea (lo strato fibroso di rivertimento) molto elastica. Ciò consente una grande estensione dell’organo durante l’erezione, ma risulta molto faticosa dal punto di vista energetico, dato che non vi sono muscoli o ossa che aiutano a mantenerla: il meccanismo è puramente idrostatico, e di solito di breve durata. L’eiaculazione avviene in risposta sia a stimolti pressori che di temperatura. Nelle femmine il clitoride è dotato di analoghi corpi cavernosi erettili.

Il meccanismo fibroelastico è comune a tori, giraffe, delfini, tutti i cetartiodattili, insomma. I corpi cavernosi sono piccoli, l’organo quindi si espande poco e la rigidità è dovuta principalmente alla spessa tonaca albuginea, lo strato fibroelastico, appunto, che riveste l’organo. L’eiaculazione avviene solo in risposta a stimoli di temperatura. L’erezione avviene grazie al rilassamento di un muscolo detto muscolo ritrattore: dal momento che il pene non cambia molto le sue dimensioni, è di solito accomodato dentro la cavità addominale formando una sigmoide o un’ansa circolare e il rilassamento del muscolo retrattore consente il raddrizzarsi della curva e la fuoriuscita del pene per circa 2/3 della sua lunghezza. Il muscolo retrattore viene usato anche da altri animali senza pene fibroelastico come le cavie o i carnivori, anche se in questi animali e’ meno sviluppato.

Tutti gli altri animali, ovvero la maggior parte (roditori, pipistrelli, carnivori, primati) hanno un pene vascolare dotato di baculum, detto anche os penis o osso penico (qui un’immagine). Questa struttura corre lungo tutto il pene o, laddove è ridotta, come nei gorilla, è situata nel glande: di solito infatti è sempre accompagnata da un glande bulboso all’estremità del pene, dotato di corpi cavernosi che si gonfiano molto e circondano il baculum sin dalle prime fasi dell’erezione. Ciò consente l’intromissione anche quando il pene non è ancora completamente eretto ed è tipico, di solito, di quegli animali in cui la copula è “mordi e fuggi”, ovvero veloce e frequente. Nei cani l’ingrossamento del glande bulboso corrisponde ad un’analogo spazio nella vagina femminile ed è responsabile del tipico “incastro” che avviene tra i due partner. Il baculum più grande del regno animale appartiene al tricheco e può arrivare ad una lunghezza di 60-70 cm. Sicuramente l’animale ha bisogno di un qualc e supporto, dato che gli tocca accoppiarsi anche 250 volte nell’arco di 4 giorni (che fa circa 60 volte al giorno!). Spesso il clitoride femminile ha una struttura analoga al baculum chiamata “baubellum”.

Per quanto riguarda le “performances”, gli animali col pene fibroelastico, con qualche eccezione, hanno un coito molto rapido con pochi o niente movimenti pelvici. Nei tori, cervi, antilopi, pecore, capre, giraffe ed okapi il coito varia tra i 2 e i 5 secondi, e nei cetacei tra i 10 e i 30 secondi. Tuttavia nei lama e nei cammelli dura una decina di minuti. Nei maiali, per massimizzare l’incastro e la durata della copula (che infatti dura in media 6 minuti), il pene ha la forma di un cavatappi destrorso (qui un’immagine), e la vagina femminile una forma corrispondente. Il maschio comunque non avvita niente, ma forza i bordi delle spire nella vagina femminile sino a rimanere incastrato. Il coito più rapido in un animale con un pene puramente vascolare appartiene al cavallo (da 30 secondi a 3 minuti). Gli animali con osso penico sono anche loro relativamente veloci. Fanno eccezione i canidi, che impiegano anche una ventina di minuti. Deludenti i bradipi, che con la loro lentezza non ci impiegano più di un quarto d’ora, però lo fanno faccia a faccia. In ogni caso, molti animali con osso penico e competizione spermatica si inventano spesso delle decorazioni con uncini o altro per prolungare la copula. Nei gatti ad esempio un’estensione cartilaginea del baculum forma un anello spinoso intorno al glande.

Tratto da L’orologiaio miope, il blog di Lisa Signorile

Foto di Andrea Romano