L’origine dei pesci (e dei vertebrati) in acque poco profonde e fondali fangosi
Non in mare aperto, barriere coralline o acque dolci, i pesci comparvero in acque marine profonde non più di 60 metri, su fondali probabilmente fangosi
L’habitat ancestrale dei primi vertebrati è un tema caldo del dibattito evoluzionistico, con posizioni che spaziano da chi sostiene un origine dei pesci dulciacquicola a chi invece sostiene sia avvenuta in acque marine profonde. Oggi, un nuovo studio pubblicato su Science e guidato da Lauren Sallan, dell’Università di Birmingham, pone il centro di origine di questo fenomeno in quella fascia marina chiamata zona subtidale, la fascia di mare immediatamente successiva al limite della bassa marea.
È noto che i primi vertebrati comparvero intorno ai 480 milioni di anni fa ed erano organismi agnati, privi di mascelle e mandibole, strutture che invece apparirono solo coi pesci placodermi intorno ai 420 milioni di anni fa. In questo momento, con la comparsa dei primi pesci mandibolati, iniziò un lungo processo di radiazione adattative che portò alla comparsa di forme adatte alla colonizzazione di ambienti differenti, fino alla terra ferma.
I ricercatori hanno deciso di considerare l’occorrenza di tutti i principali gruppi di pesci gnatostomi (ovvero con la mascella, la comparsa di questa struttura è il punto di origine di quel gruppo di vertebrati che include anche noi umani), fino a circa 360 milioni di anni fa, concludendo che la maggior parte degli eventi di speciazione sia avvenuta non in acque profonde, ma in ambienti profondi non più di 60 metri, spesso su fondali non rocciosi, in ambienti probabilmente lagunari.
Le acque superficiali sarebbero quindi state un centro di radiazione per tutto il percorso evolutivo e le acquisizioni anatomiche e fisiologiche, che hanno permesso ai diversi gruppi di specie di colonizzare ambienti differenti, sarebbero avvenute in gran parte in questi tratti costieri. In altri termini, la dispersione in altri ambienti non sarebbe stata necessaria o sufficiente a far emergere nuovi fenotipi: le nuove forme, sia bentoniche che pelagiche, hanno visto i natali in acque superficiali e solo successivamente gli animali si sarebbero spinti verso zone prima prive della loro presenza.
Per giungere a queste conclusioni è stato necessario costruire un dataset di oltre 2700 record fossili di vertebrati, datati tra i 480 e i 360 milioni di anni fa, nel quale sono state combinate informazioni sulla storia evolutiva delle specie presenti con gli ambienti in cui queste hanno presumibilmente vissuto. Dal tipo di rocce in cui sono intrappolati i resti fossili è infatti possibile stabilire, con buona approssimazione, di che tipo di ambiente si trattava, se una falesia, un lago o una foce di un fiume.
L’analisi, per mezzo di algoritmi di Machine Learning (la tecnologia che sta alla base dell’analisi dei big data), ha permesso di stabilire che la maggior parte dei gruppi di vertebrati marini ha avuto origine nell’area ristretta poco profonda, prossima alla costa e con fondali fangosi o di comunque di sabbie fini, piuttosto che in ambienti di scogliera o profondi come spesso ritenuto, rimanendo in quest’area per lunghi periodi evolutivi.
Nel lungo periodo a cavallo tra le ere geologiche e di Silurano e Ordoviciano (420-360 milioni di anni fa) sono state acquisite una varietà di modificazioni tali da permettere alle diverse specie di competere in un ambiente molto popolato. Alcune di queste modifiche strutturali avrebbero infine permesso di colonizzare ambienti nuovi come corsi d’acqua dolce o acque profonde in mare aperto, oltre, ovviamente, a permettere loro di compiere le prime esplorazioni sulla terraferma. Le direzione di queste dispersioni, inoltre, non sembrano state affatto casuali ma i movimenti verso le acque dolci mostrano un maggior successo evolutivo rispetto ai movimenti in acque marine profonde, dove i tassi di estinzione delle specie nuove insediate risultano maggiori.
Lo studio è ad oggi il più completo sull’origine della diversità marina, e spinge gli autori stessi a domandarsi se sia possibile identificare, oggi, i nuovi siti di innovazione ed evoluzione delle specie marine.
Riferimenti:
Lauren Sallan, Matt Friedman, Robert S. Sansom, Charlotte M. Bird, Ivan J. Sansom. The nearshore cradle of early vertebrate diversification. Science, 2018 DOI: 10.1126/science.aar3689
Immagine: Kirby, W. F. (William Forsell), 1844-1912;Schubert, Gotthilf Heinrich von, 1780-1860;Mearns, Edgar Alexander, 1856-1916, former owner. DSI;Society for Promoting Christian Knowledge (Great Britain). Committee of General Literature and Education [No restrictions], via Wikimedia Commons
È noto che i primi vertebrati comparvero intorno ai 480 milioni di anni fa ed erano organismi agnati, privi di mascelle e mandibole, strutture che invece apparirono solo coi pesci placodermi intorno ai 420 milioni di anni fa. In questo momento, con la comparsa dei primi pesci mandibolati, iniziò un lungo processo di radiazione adattative che portò alla comparsa di forme adatte alla colonizzazione di ambienti differenti, fino alla terra ferma.
I ricercatori hanno deciso di considerare l’occorrenza di tutti i principali gruppi di pesci gnatostomi (ovvero con la mascella, la comparsa di questa struttura è il punto di origine di quel gruppo di vertebrati che include anche noi umani), fino a circa 360 milioni di anni fa, concludendo che la maggior parte degli eventi di speciazione sia avvenuta non in acque profonde, ma in ambienti profondi non più di 60 metri, spesso su fondali non rocciosi, in ambienti probabilmente lagunari.
Le acque superficiali sarebbero quindi state un centro di radiazione per tutto il percorso evolutivo e le acquisizioni anatomiche e fisiologiche, che hanno permesso ai diversi gruppi di specie di colonizzare ambienti differenti, sarebbero avvenute in gran parte in questi tratti costieri. In altri termini, la dispersione in altri ambienti non sarebbe stata necessaria o sufficiente a far emergere nuovi fenotipi: le nuove forme, sia bentoniche che pelagiche, hanno visto i natali in acque superficiali e solo successivamente gli animali si sarebbero spinti verso zone prima prive della loro presenza.
Per giungere a queste conclusioni è stato necessario costruire un dataset di oltre 2700 record fossili di vertebrati, datati tra i 480 e i 360 milioni di anni fa, nel quale sono state combinate informazioni sulla storia evolutiva delle specie presenti con gli ambienti in cui queste hanno presumibilmente vissuto. Dal tipo di rocce in cui sono intrappolati i resti fossili è infatti possibile stabilire, con buona approssimazione, di che tipo di ambiente si trattava, se una falesia, un lago o una foce di un fiume.
L’analisi, per mezzo di algoritmi di Machine Learning (la tecnologia che sta alla base dell’analisi dei big data), ha permesso di stabilire che la maggior parte dei gruppi di vertebrati marini ha avuto origine nell’area ristretta poco profonda, prossima alla costa e con fondali fangosi o di comunque di sabbie fini, piuttosto che in ambienti di scogliera o profondi come spesso ritenuto, rimanendo in quest’area per lunghi periodi evolutivi.
Nel lungo periodo a cavallo tra le ere geologiche e di Silurano e Ordoviciano (420-360 milioni di anni fa) sono state acquisite una varietà di modificazioni tali da permettere alle diverse specie di competere in un ambiente molto popolato. Alcune di queste modifiche strutturali avrebbero infine permesso di colonizzare ambienti nuovi come corsi d’acqua dolce o acque profonde in mare aperto, oltre, ovviamente, a permettere loro di compiere le prime esplorazioni sulla terraferma. Le direzione di queste dispersioni, inoltre, non sembrano state affatto casuali ma i movimenti verso le acque dolci mostrano un maggior successo evolutivo rispetto ai movimenti in acque marine profonde, dove i tassi di estinzione delle specie nuove insediate risultano maggiori.
Lo studio è ad oggi il più completo sull’origine della diversità marina, e spinge gli autori stessi a domandarsi se sia possibile identificare, oggi, i nuovi siti di innovazione ed evoluzione delle specie marine.
Riferimenti:
Lauren Sallan, Matt Friedman, Robert S. Sansom, Charlotte M. Bird, Ivan J. Sansom. The nearshore cradle of early vertebrate diversification. Science, 2018 DOI: 10.1126/science.aar3689
Immagine: Kirby, W. F. (William Forsell), 1844-1912;Schubert, Gotthilf Heinrich von, 1780-1860;Mearns, Edgar Alexander, 1856-1916, former owner. DSI;Society for Promoting Christian Knowledge (Great Britain). Committee of General Literature and Education [No restrictions], via Wikimedia Commons