L’origine dell’occhio

4230

L’occhio più semplice del regno animale, tipico delle larve planctoniche di molte specie di invertebrati, è composto da due sole cellule: un fotorecettore e una cellula pigmentata. Avendo una struttura così semplice, questo tipo di occhio non è in grado di formare vere e proprie immagini, ma solo di captare la luce e la direzione da cui proviene, consentendo agli […]

L’occhio più semplice del regno animale, tipico delle larve planctoniche di molte specie di invertebrati, è composto da due sole cellule: un fotorecettore e una cellula pigmentata. Avendo una struttura così semplice, questo tipo di occhio non è in grado di formare vere e proprie immagini, ma solo di captare la luce e la direzione da cui proviene, consentendo agli animali di dirigersi nel verso della radiazione luminosa (fototassi). Se un occhio così composto, chiamato anche macchia oculare, non costituisce l’occhio primitivo, una sorta di proto-occhio che col passare del tempo ha dato origine al sistema visivo degli animali, certamente ci si avvicina molto.

Nonostante l’importanza sia ecologica che evolutiva di questa struttura, il meccanismo mediante il quale la macchia oculare consente la regolazione della fototassi è stato oggetto di pochi studi. A tal proposito, l’ultimo numero di Nature pubblica un’interessante ricerca condotta su un anellide marino, Platynereis dumerilii, considerato un fossile vivente, che ha fornito importanti informazioni riguardo la percezione della luce mediante questo rudimentale apparato visivo.

Lo studio ha rilevato la presenza di un piccolo nervo che connette il fotorecettore alle strutture responsabili del movimento in acqua, le cilia. Questo nervo trasmette l’impulso nervoso sotto forma di segnale elettrico generato nella cellula fotorecettrice alla percezione della luce. La seconda cellula, quella pigmentata, è in grado di assorbire la radiazione luminosa e di proiettare una piccola ombra sul fotorecettore, un’ombra le cui forma e dimensione variano in funzione della direzione della luce. Successivamente, anche questo tipo di informazione viene convogliata mediante il medesimo nervo verso le cilia, che così si muoveranno in modo tale da consentire all’organismo di dirigersi nella direzione di provenienza della luce.

Questo semplice ed ingegnoso meccanismo consente, e probabilmente ha consentito ai primi organismi in grado di “vedere”, la percezione della luce e della sua direzione, costituendo il punto di partenza per l’evoluzione di occhi sempre più specializzati ed in grado di formare chiare e nitide immagini del mondo circostante.
 
In fondo si sa…meglio una cellula fotopigmentata che niente, con buona pace dei creazionisti.

Andrea Romano


Riferimenti:
Jékely et al. Mechanism of phototaxis in marine zooplankton. Nature, 2008; 456 (7220): 395 DOI: 10.1038/nature07590