L’uomo influì sull’estinzione della megafauna americana: una nuova conferma
Alla fine dell’ultima era glaciale, la Terra ha subito drastici cambiamenti climatici che hanno alterato in modo significativo la biodiversità vegetale e animale. In Nord America questi cambiamenti hanno coinciso con l’arrivo dell’uomo, che con le sue pratiche di caccia avrebbe ancor più influito sull’estinzione della megafauna locale
Con il termine della glaciazione di Würm, avvenuta circa 13 mila anni fa, viene indicato il passaggio dall’epoca geologica del Pleistocene a quella attuale, l’Olocene, nella quale l’innalzamento delle temperature globali hanno favorito una ripresa della vita di specie animali e vegetali dopo la decelerazione causata dall’era glaciale.
Questa nuova ripresa della vita su grande scala, a cavallo tra le due epoche del Quaternario, tuttavia non è stato uguale per tutti gli organismi: infatti, varrebbe soprattutto per le piante e meno per gli animali. Tra le specie animali, inoltre, la megafauna (animali di grandi dimensioni del peso superiore ai 40/45 Kg) sarebbe stata quella a pagarne il prezzo più alto in termini di ripresa demografica, tanto che molte delle specie che la componevano si sono estinte.
Inoltre, le cause di questa riduzione della biodiversità della megafauna non sarebbero solo di origine climatica. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications, infatti, anche la forte pressione venatoria della nostra specie avrebbe seriamente compromesso la presenza di animali di grossa taglia, soprattutto nell’America del Nord. Queste grandi prede erano particolarmente cacciate per l’abbondante resa di carne apportata dalla loro macellazione. Questo motivo confermerebbe le ipotesi finora accettate sull’estinzione globale della megafauna in quel periodo, e in particolar modo in questi territori, derivata da pratiche estensive di caccia da parte dell’uomo (Pikaia ne ha parlato qui, qui, qui e qui).
La ricerca è stata condotta da un gruppo di ricercatori dell’Università di Curtin in collaborazione con altri atenei americani, e ha proposto questa tesi in base ad analisi su DNA antico di grandi animali estinti e alla stratigrafia del terreno trovato all’interno della grotta di Hall, situata nel Texas centrale. I ricercatori hanno scoperto importanti indizi genetici sulla biodiversità del passato in Nord America e hanno fornito nuove informazioni sulle cause delle estinzioni degli animali durante l’era glaciale.
I risultati indicherebbero una forte corrispondenza tra la datazione dei reperti fossili appartenenti a generi animali, come Arctodus, Mammuthus o Smilodon, e il periodo coincidente con l’arrivo dell’uomo in questi zone. Gli studiosi avrebbero ottenuto così un quadro più dettagliato sulle cause di estinzione di molte specie animali di grossa taglia: oltre alle variazioni climatiche, è stata con molta probabilità la predazione umana a determinarne la scomparsa, consolidando le oramai trentennali ricerche in questo campo e le relative ipotesi sul tramonto dei grandi mammiferi nordamericani.
In base alla ricostruzione si pensa che l’incontro con l’uomo sia avvenuto durante il periodostadiale detto Dryas recente (breve periodo geologico di confine pleistocenico/olocenico di clima freddo successivo a quello temperato post glaciale). I dati indicano che in seguito all’arrivo dell’uomo, questi animali scomparvero da quella regione, forse perché si estinsero o forse perché furono costretti ad andarsene.
Fonte:
Frederik V. Seersholm, Daniel J. Werndly, Alicia Grealy, Taryn Johnson, Erin M. Keenan Early, Ernest L. Lundelius, Barbara Winsborough, Grayal Earle Farr, Rickard Toomey, Anders J. Hansen, Beth Shapiro, Michael R. Waters, Gregory McDonald, Anna Linderholm, Thomas W. Stafford, Michael Bunce. Rapid range shifts and megafaunal extinctions associated with late Pleistocene climate change. Nature Communications, 2020; 11 (1) DOI: 10.1038/s41467-020-16502-3
Immagine via Wikimedia Commons