Ma che razza di bovino!
Lo studio del genoma per tracciare la storia dell’addomesticamento dei bovini
Quella dell’addomesticamento dei bovini è una storia complessa: dai dati paleoarcheologici e genetici emergono infatti due eventi principali, che si verificarono in Medio Oriente e in Beluchistan, dando origine alle due specie più comuni di bovidi addomesticati, il bovino (Bos taurus) e lo zebù (Bos indicus). Inoltre si pensa che siano avvenuti uleriori eventi di domesticazione di minore entità sia in Africa che in Estremo Oriente.
Un nuovo studio, condotto da un nutrito gruppo di ricercatori capeggiati da Antonio Torroni dell’Università di Pavia, complica ulteriormente questa storia. Infatti, in seguito all’analisi e al confronto del DNA mitocondriale (mtDNA) completo di 108 esemplari di bovini moderni provenienti da tutto il mondo, è emersa la presenza di tracce di DNA tipico dell’uro selvatico (Bos primigenius) in alcuni individui. Questa specie, progenitrice di tutte le razze di bovini addomesticati attuali, abitava i boschi e le praterie di gran parte dell’Eurasia, ridotti in maniera massiccia dall’espansione delle popolazioni umane. Questa riduzione dell’areale li portarono al declino, anche se alcuni individui soprvvissero fino ai giorni nostri e l’ultimo esemplare si spense nel 1627.
La nuova ricerca, pubblicata sulla rivista Current Biology, ha dimostrato che una parte di questi animali sopravvive ancora nel genoma delle specie attuali. Dei 108 DNA di esemplari analizzati, infatti tre non appartengono nè all’aplotipo I, tipico dello zebù, né all’aplotipo T, quello dei bovini, ma a varianti denominate P e Q. La prima, rinvenuta in un individuo proveniente dalla Korea, risulta combaciare perfettamente a quello ricavato da campioni di tessuto di uri che vivevano nell’Europa centro-settentrionale. La seconda, fino ad ora sconosciuta, è stato prelevato da due mucche della razza Capannina, esclusiva della Liguria e al momento a rischio di estinzione. Dato che questo aplotipo si trova solo in questi animali, i ricercatori hanno ipotizzato che questa variante genica potrebbe essersi originata da una sottopopolazione di uro selvatico che viveva solamente a Sud del’arco alpino.
Questo studio dimostra che sono avvenuti episodi di traferimento di geni e rimescolamento occasionale tra genomi di specie selvatiche e domestiche di bovini.
L’articolo “Mitochondrial genomes of exint aurochs survive in domestic cattle” è liberamente disponibile online.
La foto è di Andrea Romano
Un nuovo studio, condotto da un nutrito gruppo di ricercatori capeggiati da Antonio Torroni dell’Università di Pavia, complica ulteriormente questa storia. Infatti, in seguito all’analisi e al confronto del DNA mitocondriale (mtDNA) completo di 108 esemplari di bovini moderni provenienti da tutto il mondo, è emersa la presenza di tracce di DNA tipico dell’uro selvatico (Bos primigenius) in alcuni individui. Questa specie, progenitrice di tutte le razze di bovini addomesticati attuali, abitava i boschi e le praterie di gran parte dell’Eurasia, ridotti in maniera massiccia dall’espansione delle popolazioni umane. Questa riduzione dell’areale li portarono al declino, anche se alcuni individui soprvvissero fino ai giorni nostri e l’ultimo esemplare si spense nel 1627.
La nuova ricerca, pubblicata sulla rivista Current Biology, ha dimostrato che una parte di questi animali sopravvive ancora nel genoma delle specie attuali. Dei 108 DNA di esemplari analizzati, infatti tre non appartengono nè all’aplotipo I, tipico dello zebù, né all’aplotipo T, quello dei bovini, ma a varianti denominate P e Q. La prima, rinvenuta in un individuo proveniente dalla Korea, risulta combaciare perfettamente a quello ricavato da campioni di tessuto di uri che vivevano nell’Europa centro-settentrionale. La seconda, fino ad ora sconosciuta, è stato prelevato da due mucche della razza Capannina, esclusiva della Liguria e al momento a rischio di estinzione. Dato che questo aplotipo si trova solo in questi animali, i ricercatori hanno ipotizzato che questa variante genica potrebbe essersi originata da una sottopopolazione di uro selvatico che viveva solamente a Sud del’arco alpino.
Questo studio dimostra che sono avvenuti episodi di traferimento di geni e rimescolamento occasionale tra genomi di specie selvatiche e domestiche di bovini.
L’articolo “Mitochondrial genomes of exint aurochs survive in domestic cattle” è liberamente disponibile online.
La foto è di Andrea Romano
Ecologo e docente di Etologia e Comportamento Animale presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università di Milano. Ha scritto di animali ed evoluzione su Le Scienze, Mente e Cervello, Oggiscienza e Focus D&R . Collabora con Pikaia, di cui è stato caporedattore dal lontano 2007 al 2020.